Non cerco un percorso per essere lasciata
in pace e, se anche lo conoscessi, non lo insegnerei mai. È meraviglioso
lasciarci disturbare dalla vita, dagli altri e nello stesso tempo non restarne
schiacciati. Non si tratta di essere imperturbabili, ma imperturbati dal
turbamento, accogliere ogni visitatore, e si sa, i piú scomodi e molesti hanno
grandi doni in tasche nascoste. E accogliere non è accettare, si può accogliere
l’inaccettabile, e poi ci si può piú efficacemente ribellare, spingere via,
scappare, denunciare, quando è necessario. Si è vivi e saper dire o urlare:
«No!» è una delle facoltà umane piú onorevoli. C’è una bellissima parola negli
scritti del Buddha: nibbidā. Significa “sereno disincanto”. Di solito, noi siamo
sereni quando siamo incantati, illusi, e quando ci ridestiamo, ci
disincantiamo, diventiamo amari, cinici, sfiduciati. Ma in questa parola c’è un
invito che, come in tutte le parole del Buddha, è anche un percorso e una
visione. Il disincanto può essere sereno perché ci aspetta l’incantevole
realtà, la serenità profonda dell’abbandonarsi a e non dell’essere abbandonati
da. Tutto scorre e posso abbandonarmi allo scorrere, anziché costantemente
lottare con la corrente, posso entrare nella corrente, farne parte.
tratto da: Candiani, Chandra Livia. Il silenzio è cosa viva: L'arte della meditazione. Einaudi.
© Tora Kan Dōjō

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