martedì 28 settembre 2021

Vestire il Kesa e praticare Zazen


Kodo Sawaki Roshi

"Fare Zazen tranquillamente nel Dōjō
Spegnere ogni pensiero negativo,
Ottenere solo uno spirito senza desiderio,
Questa gioia è oltre il paradiso.
Il mondo corre dietro i benefici sociali,
gli onori, i bei vestiti e il benessere,
ma questi piaceri non sono la vera pace.
Correte e rimarrete insoddisfatti 
fino alla morte!
Vestire il kesa e praticare Zazen,
Concentrarsi con un solo spirito, a volte
immobile, a volte in movimento;
Vedere con i nostri occhi di profonda
saggezza interiore,
Poter osservare e riconoscere intimamente
il vero aspetto di ogni azione e di ogni esistenza,
Poter osservare l'equilibrio,
Capire e riconoscere con uno spirito
profondamente tranquillo.
Se siete così,
la vostra dimensione spirituale,
la più alta di questo mondo,
non può essere paragonata a nessun'altra."

Kodo Sawaki Roshi

Il suo discepolo ed erede, Taisen Deshimaru, dice a proposito di questa poesia:

Quando ho ricevuto questa bellissima
poesia dal mio Maestro, mi
sono sentito molto impressionato e ho
deciso di diventare monaco. Gli ho chiesto
l' Ordinazione, ma lui mi ha detto: 
"In nessun modo seppellirai la tua vita in quei
templi di prelati funzionari! Faresti meglio a
diventare un vero Bodhisattva che continua
solo Zazen nelle impurità della vita sociale!"



(Dal Web)

© Tora Kan Dōjō



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sabato 25 settembre 2021

La Morte è una Menzogna

 


La prima cosa che devi sapere è che la morte è una menzogna.
La morte non esiste: è una delle maggiori illusioni.
La morte è l’ombra dell’ego. Poiché c’è l’ego, sembra che ci sia la morte.
Io dichiaro che nessuno è mai morto e nessuno mai morirà. Nella natura stessa delle cose, la morte è impossibile - esiste solo la vita. Certo, la vita continua a cambiare le sue forme: un giorno sei in un modo e un altro giorno sei diverso.
Dov’è finito il bambino che sei stato da piccolo? Quel bambino è forse morto? Potresti dire che quel bambino è morto? No, ma dov’è? La sua forma è cambiata. Quel bambino, nella sua essenza, è ancora presente, ma ora tu sei un uomo o una donna. Un giorno diventerai vecchio e dove sarà finita la tua gioventù? Sarà morta? No, di nuovo si è dischiuso qualcos’altro. La vecchiaia ha portato con sé il proprio raccolto, la vecchiaia ha portato con sé la propria saggezza, la vecchiaia ha portato con sé la propria bellezza.
Se la morte fosse una realtà, l’esistenza sarebbe totalmente assurda, sarebbe del tutto priva di senso. La tua domanda è significativa. Mi chiedi: Potresti dire qualcosa sulla morte…? Una cosa sola: la morte non esiste. E mi chiedi: … e sull’arte di morire? Visto che la morte non esiste, come potrai apprendere l’arte di morire? Dovrai apprendere l’arte di vivere. Se saprai come vivere, conoscerai tutto sulla vita e sulla morte. Ma dovrai avere un approccio positivo. Non prendere mai come oggetto del tuo studio ciò che è negativo, poiché ciò che è negativo non esiste. Potresti continuare ad approfondire lo studio di ciò che è negativo e non arriveresti mai a una conclusione.
Tenta di comprendere cosa sia la luce e non cosa sia l’oscurità. Tenta di comprendere cosa sia la vita e non cosa sia la morte. Tenta di comprendere cosa sia l’amore e non cosa sia l’odio. Se vuoi comprendere me, devi comprendere me, non la mia assenza. Non rimanere agganciato a qualcosa di negativo. Molte persone continuano a studiare cose negative e sprecano la loro energia.
Non esiste l’arte di morire. Ossia: l’arte di vivere è l’arte di morire.
Vivi! Ma le tue cosiddette religioni ti hanno insegnato a non vivere. Sono state loro a creare la morte! In modo assai indiretto hanno creato la morte poiché ti hanno trasmesso una profonda paura di vivere! Per loro tutto è sbagliato. La vita è sbagliata, il mondo è sbagliato, il corpo è sbagliato, l’amore è un errore, il rapporto amoroso è un errore, godere qualsiasi cosa è un errore. Hanno creato in te tali sensi di colpa per ogni cosa, ti hanno insegnato a condannare ogni cosa, e ora tu non riesci più a vivere. E quando non riesci a vivere, cosa ti rimane? L’assenza della vita - cioè la morte.
Allora tremi di fronte a qualcosa che non esiste, di fronte a una tua stessa creazione. E poiché inizi ad avere un vero terrore della morte, il prete esercita un grande potere su di te. Ti dice: “Non preoccuparti, sono qui per aiutarti. Seguimi. Ti salverò dall’inferno e ti condurrò in paradiso. Solo coloro che fanno parte del mio gregge si salveranno”.
E l’atteggiamento delle altre religioni è esattamente lo stesso.
In questo modo, la gente, spinta dalla paura, si aggrappa a qualcosa, a qualsiasi cosa.
Il mio approccio è totalmente diverso.
Non insinuo in te alcuna paura - quella è la strategia dei preti, il segreto che si tramandano da secoli. Anzi, dichiaro che non c’è niente da temere, poiché Dio è dentro di te. Non c’è niente da temere! Vivi senza paura, vivi ogni istante il più intensamente possibile. Crescere significa che non ti muovi in un circolo vizioso, che ti accade qualcosa di nuovo ogni giorno, in ogni istante della tua vita. Quando una realtà del genere diventa possibile? In qualsiasi momento in cui cominci a vivere intensamente.
Io ti insegno l’arte di vivere, cosa che implica l’arte di morire: non puoi impararle separatamente. Colui che conosce l’arte di vivere conosce anche l’arte di morire. Se conosci l’arte di vivere totalmente un amore, allora conosci anche l’arte di separarti da quell’amore. Ti separi con grazia e bellezza. E così è anche per la tua vita: se conosci l’arte di vivere, conosci anche l’arte di morire, e la tua morte sarà incredibilmente bella.
Il primo principio è l’arte di vivere. Vivi in modo affermativo. Vita è un sinonimo di Dio. Vivi con sentimenti di riverenza, di grande rispetto e di gratitudine.
Questa vita non l’hai guadagnata: è un autentico dono che ti ha fatto il trascendente.
Sii colmo di riconoscenza e di preghiera, e alimentati il più possibile di questi sentimenti, masticali bene, assimilali bene. Fa’ sì che la tua vita diventi un’esperienza di bellezza.
Non ti occorre molto per trasformare la tua vita in un’esperienza d’armonia: occorrono solo consapevolezza estetica e un’anima sensibile.
Diventa più sensibile, più sensitivo, e diventerai più spirituale. Sperimenta la vita in ogni modo possibile: buono-cattivo, amaro-dolce, buio-luce, estate-inverno. Sperimenta tutte le dualità. Non temere l’esperienza, perché più esperienze fai, più maturo diventi. Va in cerca di tutte le alternative possibili, muoviti in tutte le direzioni, sii un vagabondo nel mondo della vita e dell’esistenza: non perdere nessuna opportunità per vivere.
E vivi in modo coraggioso.
Non pensare alle conseguenze, solo i codardi ci pensano. Non essere troppo focalizzato su una meta: coloro che si fissano su una meta si lasciano sfuggire la vita. Non pensare alle mete, poiché le mete sono sempre nel futuro e sono lontane.
La vita invece è qui e ora, è vicinissima

 

Osho . The Book of Wisdom, CAP. 14

















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martedì 21 settembre 2021

Cos'è Judo ?

 


"Mi è stato chiesto da persone di vari settori circa l'opportunità di inserire il Judo tra gli sport olimpici, il mio punto di vista in proposito è piuttosto critico.

Se è nei desideri degli altri paesi non faccio obiezione. ma non sono propenso a prendere nessuna iniziativa, da un lato il Judo non è uno sport, io lo considero un principio di vita, arte e scienza; infatti è un mezzo per il raggiungimento di una cultura personale, solo una forma di allenamento, il "randori", può essere classificata come una forma di sport.

Potremmo dire la stessa cosa anche per la scherma e la boxe, ma oggi esse sono classificate e condotte come sport, inoltre i "giochi" sono così intrisi di nazionalismo che è possibile "esserne influenzati" al punto da sviluppare un judo-competizione, cioè una forma retrograda quale era il Ju-jitsu prima del Judo Kodokan"


dichiarazione resa da Jigoro Kano Sensei, fondatore del Judo a Gunji Koizumi nel 1938, prima della riunione dell'International Olimpic Committee, che doveva confermare al Giappone i giochi olimpici del 1940
















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sabato 18 settembre 2021

Se hai praticato davvero l'Arte Marziale allora...

 



Se hai praticato in profondità l’Arte Marziale allora non puoi che essere una persona sincera.
La pratica dell’Arte Marziale impone la totale sincerità dell’azione che si manifesta poi nella parola e nell’intenzione.
Se ricorri alla menzogna per ottenere una qualche convenienza allora non sei un praticante dell’arte marziale o non hai mi cominciato a praticare davvero.
Nell’esercizio nel Dôjô è richiesta sincerità totale, non c’è spazio per simulazioni, trucchi o sotterfugi non di rado utilizzati in ambito ‘sportivo’ per ottenere a tutti i costi una medaglia.
Se hai praticato l’Arte Marziale hai imparato a non trovare scuse e ad assumerti la responsabilità della tua vita fino in fondo.

Se hai praticato l’Arte Marziale in profondità attraverso l’esercizio nel Dôjô hai acquisito la capacità di intuire le intenzioni e il carattere di chi incontri nella tua vita.
Ti basta uno sguardo, il linguaggio del corpo, una stretta di mano… per capire chi hai davanti.
Hai acquisito la capacità di cogliere il ‘kuki’  di una situazione, l’equilibrio e lo squilibrio, la pericolosità… di percepire le perturbazioni di un ambiente e di una situazione.
Questa capacità ti aiuterà a risolvere ‘strategicamente’ qualsiasi problema e a capire come interagire al meglio in ogni situazione.
Questa è l’essenza dell'arte marziale e della vera ‘difesa personale’.

Se hai praticato l’Arte Marziale hai imparato a conoscere a perfezione il tuo corpo nella sua indissolubilità con la mente e sei in grado di ritrovare rapidamente l’equilibrio mente-corpo in ogni situazione, anche nell'infortunio e nella malattia.
Hai imparato che il corpo-mente ha una sua saggezza nella quale si deve aver fiducia e non interferire con la sua azione.
Hai imparato ad accettare e gestire serenamente anche il dolore ed il disagio e ad essere efficace anche quando non sei al tuo massimo.

Se hai davvero praticato l’Arte Marziale hai imparato a non arrenderti mai di fronte a nessuna difficoltà, a cadere sette volte e rialzarti otto volte.

Se hai davvero praticato l’Arte Marziale in profondità hai affrontato e vinto le tue paure e acquisito una grande fiducia nelle tue possibilità.
Hai acquisito una tale sicurezza e consapevolezza che ti porta a non dover dimostrare più nulla a nessuno tantomeno a te stesso.
Dimostri umiltà e non desideri metterti in mostra.

Se hai davvero praticato l’Arte Marziale hai compreso che sono davvero pochi i validi motivi  per arrivare a combattere.
“Solo chi indossa la spada e non la sguaina può dirsi pacifico, chi non indossa la spada non saprà mai se è veramente pacifico.”
L’aggressivitá e la necessità di 'esibire sé stessi' sono spesso sintomo di insicurezza.
Se sei ingiustificatamente aggressivo e hai bisogno di metterti alla prova vedendo nemici dappertutto allora è evidente che non hai superato le tue paure e fragilità e per quanto tu possa allenarti, andando nella direzione sbagliata senza la giusta guida, rischi di costruirti una corazza fittizia che serve solo a nascondere, ma non a risolvere, le tue fragilità e che è destinata a frantumarsi alla prima occasione di fronte alla realtà.

Se hai praticato davvero l’Arte Marziale hai acquisito una perfetta conoscenza di te stesso e la capacità di gestire le tue emozioni.
Sei capace di gestire la paura, la rabbia, il dolore… e trovarti a tuo agio e mantenere la lucidità anche nella più disagevole delle situazioni.
Essere capaci di dominare sé stessi e conoscere profondamente lo spirito degli altri e delle situazioni è la chiave della vera capacità di autodifesa.
Se non sei in grado di gestire le tue emozioni in una situazione di emergenza reale non ti basterà la tecnica per quanto tu l’abbia allenata.

Se hai praticato l’Arte Marziale non puoi non aver acquisito un grande coraggio.
La Pratica dell'Arte Marziale ti mette di fronte ai tuoi limiti e alle tue paure e ti offre gli strumenti per superarli.
Avrai così acquisito il vero coraggio che non è quello di chi non prova la paura (per lo più un idiota o un’incosciente) ma di chi riesce a stare fieramente dritto di fronte alla sua paura, guardarla negli occhi e fare quel che la situazione richiede.

Se hai davvero praticato in profondità l’arte marziale non puoi non provare una profonda ed eterna gratitudine per il maestro che te l’ha trasmessa e continuare ad apprendere da lui finchè avrai la fortuna di poterlo fare, continuando a percorrere il Cammino sulla Via insieme con amore, gratitudine e spirito di servizio.
Se non provi e non esprimi la tua gratitudine è un pericoloso sintomo che il tuo ego non ti ha permesso di scendere oltre la superficie dell’apprendimento e che sei intrappolato nel tuo desiderio immaturo ed egoistico di autoaffermazione.
In tal caso il grande pericolo che correrai sarà quello di voler affermare te stesso senza essere davvero maturo potenziando così il tuo egoismo e narcisismo e deviando per sempre dal vero spirito dell’arte marziale. 

Alla luce di queste considerazioni chiediti se stai davvero praticando o hai praticato la vera arte marziale e decidi di conseguenza…non perdere il tuo tempo e le tue energie in direzioni inefficaci.

Paolo Taigō Spongia Sensei


© Tora Kan Dōjō


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martedì 14 settembre 2021

Arrampicatevi sulla montagna del tesoro

 



" Il Buddhismo esalta l'essenza della mente e la rende reale nel mondo.
Questo è il diritto di nascita che ogni individuo possiede fin dall'inizio e non appartiene a nessun altro.
Ognuno ha dentro di sé un tesoro senza limiti; tuttavia, tra tutti i miliardi di persone sulla terra, quanti si rendono conto della loro ricchezza innata ?
E' un gran peccato che la gente sbagliando consideri valori l'oro, l'argento e i diamanti al posto di quelle che sono le proprie vere ricchezze; chi recupera ciò che è suo per diritto di nascita, sarà padrone di tremila mondi.
Al giorno d'oggi la sapienza mondana aumenta di mese in mese mentre la meravigliosa conoscenza della "non-azione" diminuisce di giorno in giorno.
Cos'è la "non-azione" ?
Combattere furiosamente nel mezzo di una battaglia senza un capello fuori posto.
Un antico ha detto: " Per tutto il giorno, non è stato fatto nulla; per tutto il giorno non è stato detto nulla".
Il Sutra del Loto afferma: "Sveglio o addormentato, non c'è differenza".
Lavorare nel mondo, spinto solo dal vortice degli affari, affannandosi qua e là e dormire russando forte tranquillamente ubriaco si equivalgono: entrambi sono luoghi del "solitario splendore della non azione".
Dove siete in questo momento ?
Arrampicatevi sulla montagna del tesoro e non ritornate a mani vuote ! "

 

Yamaoka Tesshu Sensei (1836-1888)


Taigô Sensei rende omaggio alla Tomba di Tesshu Yamaoka Sensei
nel Tempio Zenshô-an in Tokyo



© Tora Kan Dōjō


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sabato 11 settembre 2021

Il giorno che morì mia madre (ITA - ENG)

Il giorno che morì mia madre scrissi sul mio diario “Mi è capitata la disgrazia peggiore della mia vita”. Soffrii più di un anno dopo il trapasso di mia madre. Una notte stavo dormendo nel mio eremo sugli altopiani del Vietnam. Sognai mia madre. Vidi me stesso seduto con lei, stavamo avendo una conversazione meravigliosa. Appariva giovane e bella, con i capelli sciolti. Era così piacevole sedere con lei e parlarle come se non fosse mai morta. Mi svegliai che erano circa le due della notte con la chiara sensazione di non aver mai perso veramente mia madre. L’impressione che lei fosse ancora con me era potente. Capii dopo che l’idea di aver perso mia madre era solo un’idea. Mi apparve chiaro in quel momento che mia madre era sempre viva in me. Aprii la porta e uscii fuori. L’intera collina era inondata dalla luce della luna. Era una collina ricoperta di piante di tè e la mia capanna era situata dietro il tempio a metà altezza. Camminando lentamente fra le piante di tè, avvertii che mia madre era ancora con me. Era la luce della luna che mi accarezzava come aveva fatto così spesso, tenerissima, dolcissima, meravigliosa. Ad ogni passo sentivo che mia madre era lì con me. Sapevo che questo corpo non era mio ma era una continuazione vivente di mia madre, di mio padre, dei miei nonni e dei miei bisnonni. Di tutti i miei antenati. Quei piedi che vedevo come i “miei” piedi erano piuttosto i “nostri” piedi. Io e mia madre stavamo lasciando insieme le impronte sul terreno umido. Da quel momento in poi, l’idea che io avessi perso mia madre svanì. Tutto quello che dovevo fare era guardarmi il palmo della mano, sentire la brezza sul viso o la terra sotto i piedi per ricordarmi che mia madre è sempre con me, disponibile in ogni momento.

Thich Nhat Hanh


English version


"The day my mother died I wrote in my journal, "A serious misfortune of my life has arrived."

I suffered for more than one year after the passing away of my mother. But one night, in the highlands of Vietnam, I was sleeping in the hut in my hermitage. I dreamed of my mother. I saw myself sitting with her, and we were having a wonderful talk. She looked young and beautiful, her hair flowing down. It was so pleasant to sit there and talk to her as if she had never died. When I woke up it was about two in the morning, and I felt very strongly that I had never lost my mother. The impression that my mother was still with me was very clear. I understood then that the idea of having lost my mother was just an idea. It was obvious in that moment that my mother is always alive in me.

I opened the door and went outside. The entire hillside was bathed in moonlight. It was a hill covered with tea plants, and my hut was set behind the temple halfway up. Walking slowly in the moonlight through the rows of tea plants, I noticed my mother was still with me. She was the moonlight caressing me as she had done so often, very tender, very sweet... wonderful! Each time my feet touched the earth I knew my mother was there with me. I knew this body was not mine but a living continuation of my mother and my father and my grandparents and great-grandparents. Of all my ancestors. Those feet that I saw as "my" feet were actually "our" feet. Together my mother and I were leaving footprints in the damp soil.

From that moment on, the idea that I had lost my mother no longer existed. All I had to do was look at the palm of my hand, feel the breeze on my face or the earth under my feet to remember that my mother is always with me, available at any time."

Thich Nhat Hanh


© Tora Kan Dōjō


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mercoledì 8 settembre 2021

Ancora una lucciola

 


Quando ero piccolo amavo l'estate per nascondermi in giardino e ammirare le lucciole. Mi piaceva dormire fuori solo per questo. Non ho mai avuto paura della notte, tranne che per gli incubi.

Le lucciole avevano il sapore di Dio, amore, magia, cielo.

Ogni estate ce n'erano miliardi....

Crescendo, estate dopo estate, questa danza di stelle volanti nella notte è finita, non ci sono più lucciole.

I giovani e i bambini di oggi non hanno mai visto una lucciola in vita loro.... ed è per questo che sognano sempre meno ad occhi aperti.

Non si sa molto della meraviglia quando non si guardano le lucciole.

Nessuno le ha protette.

La loro magia, la loro meravigliosa evanescenza, la loro delicatezza, la loro umiltà a far brillare la notte non importava alle grandi persone, quindi le lucciole sono morte. Sono sparite. E le notti sono un po ' più tristi.

Temo che un giorno si dirà lo stesso per le api...

Quando accompagno una persona alla fine della vita abbandonata e sola, come stasera, penso alle lucciole.

Mi chiedo, almeno avremo illuminato un po ' il cielo di questo mondo?

Queste persone che se ne vanno nell'indifferenza quasi totale qualcuno se lo ricorderà? E perché non ci proteggiamo di più?

Si chiama Yacoub, ha vissuto 4 anni e 7 mesi tra la strada e gli ospedali. Lontano dal suo paese e respinto da ogni parte. Era diventato mio amico. Ha anche vissuto un pò in casa mia in questa casa che alcuni di voi conoscono.

Un amore enorme. Ultimamente gli stavo leggendo ′′ Soufi amore” in ospedale, ma non potremo finire il libro. Non eravamo nemmeno a metà. Avrei potuto andarci più spesso.

Si sta spegnendo.

C 'è un dolore che mi devasta e una serena gioia di vederlo placare.

Qui dottori e infermieri lo adorano, ho fatto un viaggio di ritorno per cercare la panetteria che gli ha dato uno spuntino il giorno in cui viveva a Porta de Montreuil. Guardando i suoi ultimi respiri.

Vi racconto questo momento per indurvi a non lasciare che le lucciole si spengano nelle vostre vite, ci sono così tante luci intorno a voi se sapete vederle, Yacoub è una di loro.

Gli uomini che ci circondano non sono diversi dalle lucciole.

Un giorno scompariranno, ricorderemo la loro luce, la loro magia, il loro mistero?

La Terra dei Buddha è questa possibilità di non lasciar spegnere le luci sparse, perse, vive o scomparse.

Stasera è come una notte d'estate, ancora una lucciola. Ancora un po '.

 

Federico Dainin Jôkô Sensei

 

 

Versione originale Francese

Quand j’étais petit j’aimais l’été pour me cacher dans le jardin et admirer les lucioles. J’adorais dormir dehors juste pour ça. Je n’ai jamais eu peur de la nuit, sauf pour les cauchemars.

Les lucioles avaient un goût de Dieu, d’amour, de magie, de.......ciel.

Il y en avait chaque été des milliards....

Grandissant , été après été, cette danse d’étoiles volantes dans la nuit s’est tarie, il n’y a plus de lucioles.

Les jeunes et les enfants d’aujourd’hui n’ont jamais vu une luciole de leur vie....et c’est pour ça qu’ils rêvent de moins en moins les yeux ouverts.

On ne sait pas grand chose de l’émerveillement quand on a pas contemplé des lucioles.

Personne ne les a protégées.

Leur magie, leur incroyable merveilleuse évanescence, leur délicatesse, leur légère humilité a faire briller la nuit n’importait pas les grandes personnes, alors les lucioles sont mortes. Elles ont disparu. Et les nuits sont un peu plus tristes. L’été aussi.

J’ai peur qu’un jour on dise pareil pour les abeilles...

Quand j’accompagne une personne en fin de vie abandonnée et seule, comme ce soir, je pense aux lucioles.

Je me dis, est-ce qu’au moins nous aurons éclairé un tout petit peu le ciel de ce monde ?

Est-ce que ces etres qui s’en vont dans l’indifférence quasi totale quelqu’un s’en souviendra? Et pourquoi nous ne nous protégeons pas davantage?

Il s’appelle Yacoub, il a vécu 4 ans et 7 mois entre la rue et les hôpitaux. Loin de son pays, et rejeté de toute part. Il était devenu mon ami. Il a même vécu un peu à Champigny chez moi dans cette maison que certains d’entre vous connaissent.

Un amour immense. Ces derniers temps je lui lisais « Soufi mon amour » à l’hôpital , mais nous ne pourrons pas finir le livre. On était même pas à la moitié. J’aurais pu y aller plus souvent.

Il est en train de s’éteindre.

Il y a à la fois une douleur qui me dévaste et une sereine joie de le voir apaisé.

Ici médecins et infirmiers l’adorent, j’ai fait un aller retour pour chercher la boulangère qui lui a donné un casse-croûte par jour là où il vivait à Porte de Montreuil. On veille ses derniers souffles.

Je vous raconte cet instant pour vous inciter à ne pas laisser les lucioles s’éteindre dans vos vies, il y a tant de lumières autour de vous si vous savez les voir, Yacoub en est une.

Les hommes qui nous entourent ne sont pas différents des lucioles.

Un jour ils disparaîtront, nous souviendrons nous de leur lumière, de leur magie, de leur mystère?

La Terre des Bouddhas est cette possibilité de laisser luire en nous tant de lumières éparses, perdues, vivantes, ou disparues.

Ce soir c’est comme un soir d’été , une luciole brille encore. Encore un peu.

 

Federico Dainin Jôkô Sensei



© Tora Kan Dōjō


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sabato 4 settembre 2021

La Trasmissione nella relazione

 


Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Paolo Taigō Kōnin Sensei durante la Pratica Zen.

E’ la condizione di spirito dell'allievo e l'atteggiamento che ne deriva che permette di innescare quella reazione alchemica che permette una vera trasmissione e non un rapporto di dipendenza tra Maestro ed Allievo.

Pochi oggi comprendono di cosa parlo.

Mi si chiede di insegnare e si comincia dettando condizioni, contrattando già i confini del proprio impegno, della propria disponibilità

Prima ancora di iniziare si stabiliscono i limiti del proprio sforzo, una roba fallimentare che non ha alcuna efficacia.

Gente che vorrebbe imparare in qualche week end, con qualche sporadica apparizione al Dōjō, quando non ci sono altri impedimenti o cose più importanti da fare...ma come si fa a chiamare lontanamente questa cosa 'pratica'?

Ricordo che non mi bastava piú frequentare le Sesshin e per avere 'tutto per me' il mio Primo Maestro cominciai ad organizzare io stesso delle Sesshin (ritiri intensivi di pratica) da lui condotte intorno a Roma, prendendo in affitto locali adeguati, rischiando le mie risorse fisiche ed economiche molte volte in mezzo a mille difficoltá.
Una cosa molto impegnativa e rischiosa che ebbe sempre un grande successo e se anche avessi fallito, il successo sarebbe stato comunque nel poter condividere giornate intere col mio Maestro prendendomene cura in ogni modo e ricevendo da Lui Insegnamenti preziosissimi (che spesso passavano attraverso sonori cazziatoni, che pochi oggi sarebbero disposti a tollerare).

E quante cose ho imparato in quelle occasioni in cui mi sono totalmente esposto!

In cui ho accettato di correre il rischio della relazione abbandonando la condizione di 'fruitore' e mettendomi al servizio.

Il mio Maestro mi disse fin dall'inizio, dal mio primo invito, che non mi poteva garantire la sua presenza e che dovevo solo concentrarmi sul prendermi cura delle condizioni che avrebbero fatto sì che Lui non potesse non essere presente... Cosi feci, Lui fu sempre presente e mi aveva cosí insegnato che non si dettano condizioni ma si fa generosamente il proprio meglio e allora un Maestro non può fare altro che riconoscerti e insegnarti.

Allora vieni pure qui e se trovi chiuso, sii capace di aspettare e ti farò entrare. Ma devi essere capace di venire fin qui, con decisione, aspettare se serve e quanto serve ed entrare con le tue gambe.

Vieni con la disposizione di spirito di chi può trovare la porta chiusa e non recrimina per questo.

Spostarsi fisicamente per venire fin qui é gia indice di un'apertura interiore, di una disponibilità che favorisce l'incontro e non devi pretendere nulla né dettare condizioni.

Allora se c'è questa disposizione intima non ci sarà mai problema e tutto quello che potrá 'passare' passerà, da cuore a cuore, o, come insegna Dōgen Zenji, come dell'acqua si passa da un recipiente ad un altro.

Se vai davanti all'oceano con un cucchiaino ti riporterai indietro un cucchiaino d'acqua e non puoi incolpare l'oceano.

(registrazione e sbobinatura a cura di Monica De Marchi)


© Tora Kan Dōjō







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