mercoledì 30 giugno 2021

Non perdere il tuo Tempo (Ita/Fra)

NON LASCIARTI INGANNARE
dal Buddha e dagli Dei
NON LASCIARTI INGANNARE
dalla Via e dai Saggi
E se incontri uno di loro
Uccidilo!!!

Siediti serenamente

Se tu avessi un ultimo istante....Se tu non avessi altro che questo, questo istante, un solo ed ultimo istante. Se durante quest’ultimo istante non avessi nient’altro da fare che sederti silenziosamente, come ti siederesti? Con quale intensità? Che resterebbe di te nella tua seduta? La luce e l’oscurità si contrastano come il piede anteriore e quello posteriore quando camminiamo.

La luce e l’oscurità si contrastano in questo mondo meraviglioso. C’è un infinità di contrasti: la notte, l’alba, il giorno, il crepuscolo e tutto ciò che li separa... come anche nella nostra vita, siamo degli esseri perfettamente capaci di provare allo stesso tempo amore e odio, gioia e tristezza, collera ed entusiasmo, felicità e infelicità. Ma qual’è la nostra verità? Quando i contrasti sono tutti accolti e amati, non c'è più separazione. Così si eleva in noi la compassione, l’immensità e la benevolenza verso tutti gli esseri.

La nostra vita é vasta come il piede anteriore e quello posteriore quando camminiamo sulla strada accidentata, quando corriamo sulla prateria fiorita, quando saltiamo felici nei ruscelli primaverili, quando percorriamo quotidianamente l’asfalto delle nostre città. Questa vita che non é né la strada accidentata, né la prateria, né il ruscello, né l’asfalto. Questa vita forte perché accoglie tutte le sue fragilità e tutte le sue bellezze.  Forte poiché capace di camminare sui sassi appuntiti, sul prato fresco e fiorito, sull’asfalto arido e nel prorompente ruscello primaverile.
Non perdere il tuo tempo a voler essere diverso, ma lascia i tuoi passi andarsene per il mondo capaci di percorrere tutti i cammini che si presentano a te.
NON PERDERE IL TUO TEMPO


Estratto dal libro ‘Bere la luna e cavalcare le nuvole
Federico Dainin Jōkō Sensei

Commento di Taigō Sensei


Queste bellissime riflessioni di Dainin Sensei ci dicono che la vita è fatta di contrasti e di apparenti contraddizioni.

Apparenti, perché noi le percepiamo attraverso il filtro delle nostre paure, dei nostri pregiudizi, dei nostri condizionamenti, ma non appena riusciamo a far cadere questi filtri, con i quali osserviamo il mondo e la realtà della nostra stessa vita, allora ci accorgiamo che le contraddizioni sono necessarie proprio come il piede avanti ed il piede dietro quando muoviamo un passo.

In genere veniamo catturati e rapiti in maniera dolorosa dai frammenti della realtà, ne vediamo sempre solo un frammento e spesso solo quello che vogliamo vedere.

Lo Zazen ci insegna, ad osservare la realtà nel modo più vasto possibile.
E’ come se noi volessimo osservare un dipinto: se ci avviciniamo molto possiamo scorgere tanti piccolissimi dettagli; magari soffermarci su di un dettaglio che può piacerci o non piacerci, può piacerci o non piacerci quel singolo colore. Ma se noi prendiamo un distanza facendo qualche passo indietro, ed è quello che facciamo quando al mattino sediamo in Zazen, possiamo vedere l’intero disegno del quadro …
Tutte le sfumature, tutti i contrasti, i chiaro scuri, assumono allora il loro valore; senza questi contrasti il dipinto non esisterebbe.
Così in una sinfonia, se noi volessimo scegliere solo le note che più ci piacciono, non esisterebbe più nessuna sinfonia.
Lo Zazen ci insegna, giorno dopo giorno, ad abbracciare le nostre contraddizioni. A capire che queste stesse contraddizioni e quelle che consideriamo le nostre fragilità e i nostri difetti non sono altro che i chiaroscuri dei colori con cui è dipinta la nostra vita.
Quindi non arriveremo mai a superare la sofferenza e a godere della nostra vita pienamente se non impariamo ad abbracciare tutte le sue sfumature, tutte le sue apparenti contraddizioni.
Oggi ho scelto questa calligrafia che mi sembra in collegamento alla lettura.

Taigo Sensei indica il carattere 'Wa' 
Questo carattere è: ‘Wa’, ‘Armonia’.
Come sapete, sono immagini e quindi possono essere lette ed interpretate in molti modi.
E’ composto da due radicali: quello a sinistra rappresenta una spiga di grano che si flette e quello a destra rappresenta una bocca, insieme rappresentano l’armonia.
Alcuni lo interpretano come la flessibilità delle voci che si uniscono in un coro, altri come un pasto delizioso che è frutto della perfetta armonia dei sapori..
Così come nella sinfonia di un coro che è composta da tante voci diverse che si armonizzano e creano una bellezza e l’armonioso suono che ne deriva va oltre le singole voci, altrettanto nel preparare una buona pietanza, noi combiniamo gli ingredienti in maniera sapiente, in modo che tutti i sapori si compenetrino e diano come risultato un gusto delizioso. Sapori più acidi, più dolci, più salati, neutri, l’armonia è comporre la differenza dei sapori, comporre la differenza delle voci, delle sfumature.
E così l’Armonia è frutto degli opposti; non c’è nessuna armonia se non nella composizione degli opposti.
Questo è quello che ci hanno insegnato le parole di Dainin Sensei e quello che ci insegna tutti i giorni lo Zazen.
Guardare alla nostra vita come un disegno dalle mille sfumature.
Solo se siamo in grado di accettare tutti i chiaroscuri e le contraddizioni apparenti, allora questo disegno di completerà in maniera armoniosa, potremo goderne senza attende un altro momento che non sia questo preciso momento per essere davvero felici, per vivere pienamente la ricchezza della nostra vita.




Versione Francese:


NE TE LAISSE
PAS AVOIR PAR
Les bouddhas et les dieux
NE TE LAISSE
PAS AVOIR PAR
La voie et par les sages.
Et si tu rencontres l'un
D'entre eux, tue le.

Assieds-toi sereinement.
S'il t'était donné un dernier instant... Si tu n'avais plus que cela.
cet instant, un seul et dernier instant.
Si pendant cet instant ultime, tu n'avais rien d'autre à faire que de t'asseoir silencieusement, comment t'assoirais-tu? Avec quelle intensité ? Que resterait-il de toi dans ton assise ?
La lumière et l'obscurité se contrastent comme le pied avant et le pied arrière pendant que l'on marche.
La lumière et l'obscurité se contrastent dans ce merveilleux monde. Il y a une infinité de contrastes : la nuit, l'aube, le jour, le crépuscule et tout ce qui les sépare... Dans notre vie aussi, être que nous sommes, nous sommes parfaitement capable d'éprouver à la fois amour et haine, joie et tristesse, colère et enthousiasme, bonheur et malheur.
Mais quelle est notre vérité ? Lorsque les contrastes sont tous accueillis et aimés, il n'y a plus séparation. Ainsi s'élève en nous la compassion, l'immensité et la bienveillance envers tous les êtres.
Notre vie est vaste, comme le pas avant et le pas arrière pendant que l'on marche sur la voie rocailleuse, pendant que l'on court dans la prairie fleurie, pendant que l'on saute heureux dans le ruisseau printanier, pendant que l'on emprunte quotidiennenment le goudron de nos villes.
Cette vie qui n'est ni la voie rocailleuse, ni la prairie, ni le ruisseau, ni le goudron.
Cette vie forte parce qu'elle accueille toutes ses fragilités et toutes ses beautés. Forte, parce que capable de marcher sur les cailloux pointus, sur la pelouse fraîche et fleurie, sur le goudron aride et dans le ruisseau éclatant du printemps.
Ne perds pas ton temps à vouloir être différent, mais laisse tes pas s'en aller par le monde, capables d'emprunter tous les chemins qui se présentent à toi.
Ne perds pas ton temps.

Extrait de Boire la lune et chevaucher les nuages 
Federico Isahak Dainin Jôkô Sensei

Taigō Sensei

Et voici ce que ce texte lui a inspiré et qu'il.partage avec nous:
Ces belles réflexions de Dainin Sensei nous disent que la vie est faite de contrastes et de contradictions apparentes.
Apparente, parce que nous les percevons à travers le filtre de nos peurs, de nos préjugés, de nos conditionnements, mais dès que nous parvenons à laisser tomber ces filtres, avec lesquels nous observons le monde et la réalité de notre propre vie, alors nous nous rendons compte que les contradictions sont nécessaires tout comme le pied avant et le pied arrière lorsque nous faisons un pas.
Généralement nous sommes capturés et kidnappés de manière douloureuse par les fragments de réalité, nous ne voyons toujours qu'un fragment et souvent seulement ce que nous voulons voir.
Zazen nous apprend à observer la réalité de la façon la plus vaste possible.
C'est comme si nous voulions observer une peinture: si nous nous rapprochons, nous pouvons voir de nombreux petits détails; peut-être s'attarder sur un détail que nous pouvons aimer ou détester, nous pouvons aimer ou détester cette seule couleur. Mais si nous prenons une distance en reculant de quelques pas, et c'est ce que nous faisons lorsque nous nous asseyons en Zazen le matin, nous pouvons voir toute l'image du tableau …
Toutes les nuances, tous les contrastes, les couleurs claires et sombres prennent alors leur valeur; sans ces contrastes, la peinture n'existerait pas.
Donc dans une symphonie, si on ne voulait choisir que les notes qu'on aime, il n'y aurait plus de symphonie.
Zazen nous apprend, jour après jour, à embrasser nos contradictions. Comprendre que ces mêmes contradictions et ce que nous considérons comme nos faiblesses et nos défauts ne sont que le clair-obscur des couleurs avec lesquelles notre vie est peinte.
Ainsi, nous n'arriverons jamais à surmonter la souffrance et à profiter pleinement de notre vie si nous n'apprenons pas à embrasser toutes ses nuances, toutes ses contradictions apparentes.
Aujourd'hui, j'ai choisi cette calligraphie qui me semble liée à la lecture.
Cet idéogramme est: «Wa», «Harmonie».
Comme vous le savez, ce sont des images et peuvent donc être lues et interprétées de plusieurs manières. Il est composé de deux radicaux: celui de gauche représente un épi de blé qui fléchit et celui de droite représente une bouche, ensemble ils représentent l'harmonie.
Certains l'interprètent comme la flexibilité des voix qui se rejoignent dans un chœur, d'autres comme un délicieux repas qui est le résultat de la parfaite harmonie des saveurs.
Tout comme dans la symphonie d'un chœur composé de nombreuses voix différentes qui harmonisent et créent une beauté et le son harmonieux qui en dérive va au-delà des voix individuelles, tout comme dans la préparation d'un bon plat, nous combinons les ingrédients judicieusement, de sorte que toutes les saveurs s'interpénètrent et donnent un goût délicieux. Arômes plus acides, plus doux, plus salés, neutres, l'harmonie est de composer la différence des saveurs, de composer la différence des voix, des nuances. 
Et donc l'harmonie est le fruit d'opposés; il n'y a d'harmonie que dans la composition des contraires.

C'est ce que les paroles de Dainin Sensei nous ont appris et ce que Zazen nous enseigne chaque jour.

Regardez notre vie comme une peinture aux mille nuances.

Ce n'est que si nous sommes en mesure d'accepter tous les clair-obscurs et les contradictions apparentes, que ce dessein se terminera de manière harmonieuse, pourrons-nous en profiter sans attendre un autre moment qui n'est pas ce moment précis pour être vraiment heureux, pour vivre pleinement la richesse de notre vie.


© Tora Kan Dōjō

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domenica 27 giugno 2021

La percezione dell'altro

 


Ieri al supermercato osservavo quanto il genere umano e in particolar modo l'esemplare italiano si stia abbruttendo, una vera involuzione. 
Sgraziato, goffo, l'uomo occidentale pur rivestito degli orpelli della moda è sempre meno elegante e sempre meno padrone del proprio corpo, per non parlare della mente. Non ricorda nemmeno lontanamente quella creatura che vestita di niente si muoveva con leggerezza ed eleganza per boschi e pianure.
Lo sguardo ha perso fierezza e non è educato a cogliere e comunicare.
Anestetizzato si muove come uno zombie incapace di percepire la presenza dell'altro.
Ha perso completamente la capacità di percepire lo spazio vitale, il ritmo di un incontro.
Quando qualcuno entra nel mio spazio vitale (e non è necessario che lo veda con gli occhi) lo percepisco come una perturbazione, non necessariamente negativa, ma innesca uno stato di allerta e comunicazione.
La nostra pratica deve innanzitutto rivitalizzare i sensi, l'istinto, la saggezza primordiale del corpo.
Entrando nel Dojo non è un dettaglio l'essere consapevoli di quale piede muove il passo che varca la soglia... altrimenti non saremo mai davvero presenti nel Dojo, non saremo mai entrati.
Credo fermamente nel potere che ha la nostra pratica di salvare questa civiltà in declino e quanto luoghi come questo, dove si fa vera educazione, siano preziosi.

 Paolo Taigō Kōnin Sensei



© Tora Kan Dōjō
















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giovedì 24 giugno 2021

Il Profumo della Vita

Pubblichiamo un Insegnamento del Maestro Zen Sōtō Federico Dainin Jōkō offerto in lingua Italiana in diretta facebook il 7 Giugno 2020.
Cliccare Qui per visualizzare il video sulla pagina ufficiale della Comunità 


Buongiorno a tutte, buongiorno a tutti! 
Grazie per esservi svegliati presto.
Sono sveglio da più o meno un’ora e mezzo prima che la luce invadesse il cielo.
Qui dove sono, con qualche uccello, due merli, una gazza e due gatti abbiamo già fatto un po’ di Zazen aspettando l’aurora. Questa giornata è già incominciata da molto tempo per me qui e forse anche per alcuni di voi …
Ma dov’eravamo prima che Facebook ci riunisse qui?
Prima di tutto, dopo avervi ringraziato per la vostra presenza in questo momento di scambio, vorrei ringraziare Paolo Taigō Sensei che ha suggerito e desiderato che ci fosse questo incontro con il Sangha italiano. Vorrei dirvi che non mi è costato molto rispondere a questo invito, anzi, è stata una grazia ed una benedizione perché la vocazione di un Maestro Zen, che poi non è diversa dalla vocazione di un monaco o una monaca Zen, che poi neanche è diversa dalla vocazione di un praticante dello Zen, e che poi neanche è diversa dalla vocazione di un essere umano, consiste a trasmettere ciò che ci porta; c’è qualcosa che ci orienta e a questo qualcosa noi diamo tanti nomi: il nome della fede, il nome della Pratica, il nome di credere o sperare, il nome di Dio o di Buddha, ma in realtà ciò che ci sostiene è nello stesso tempo tutto questo e tutto questo non è niente di tutto ciò. 
C’è qualcosa di più grande di tutto ciò che noi possiamo immaginare, sperare, chiamare, nominare. C’è qualcosa di molto più grande che ci orienta e che orientandoci ci avvicina, e avvicinandoci ci riunisce e riunendoci ci realizza. Trasmettere questa esperienza di ciò che ci sostiene e orienta è la vocazione del maestro Zen, che non è diversa da quella di un monaco o una monaca Zen, che non è diversa da un praticante dello Zen e che non è diversa dalla vocazione di ogni essere umano …
Nel corso della nostra vita in verità noi non facciamo nient’altro che trasmettere ciò che ci orienta, ciò che ci sostiene, con consapevolezza o no, ma nel corso della  nostra vita non facciamo nient’altro che trasmetterci gli uni agli altri ciò che ci ispira e a volte lo facciamo attraverso il ruolo di mamma o il ruolo di papà, figlio, fratello, sorella, attraverso il ruolo di collega, amico, prete, pastore, politico (quando il politico ha una vera vocazione) e poi anche attraverso il ruolo del maestro zen e del monaco.
Ringrazio quindi Paolo Taigō Sensei di avermi invitato a questo scambio di Dharma con voi e devo dirvi che non so cosa insegnarvi, non so cosa trasmettervi, perché questa realtà che mi sostiene è davvero tanto più grande della mia testa, è davvero tanto più grande di ciò che io possa capire e di ciò che io possa comprendere.
Questa realtà che mi ispira, che spontaneamente sento il desiderio di condividere con voi e con il mondo, è anche molto più grande di ciò che io possa sperare. Come posso insegnarla? Come posso condividerla?
In realtà, al di fuori di questi scritti che posso pubblicare su Facebook, in un libro o in una lettera che scrivo a coloro che mi scrivono, aldilà di ciò che posso esprimere attraverso le parole e attraverso la mia fede e la mia visione del mondo, non potrò mai insegnarvi il Dharma perché prima di tutto sarebbe presuntuoso, e in secondo luogo, come posso insegnarvi ciò che ancora mi sta insegnando? Eppure, nello stesso tempo in cui ciò che vorrei insegnare mi sta ancora insegnando trasmettendolo è già totalmente trasmesso…
In realtà c’è solo una cosa da fare, chiudere la bocca e fare Zazen, ma noi siamo esseri umani e abbiamo bisogno della parola.
Per esempio, adesso sto accarezzando un fiore di lavanda e immediatamente questo fiore sta lasciando l’olio appena visibile dei suoi fiori tra le mie dita … 
se io non tocco questo fiore di lavanda l’olio che sta nei suoi petali non si sprigiona nelle mie dita e se non si sprigiona nelle mia dita a cosa serve?
Come potrei sentire il suo profumo? Come potrei dirvi per esempio che mi ricorda tanto la mia maestra delle elementari e che in un solo istante questo profumo mi riempie di gratitudine e di riconoscenza?
Ma dov’era questa riconoscenza prima che io toccassi la lavanda? 
Forse questa riconoscenza è il frutto dell’olio dei petali della lavanda, oppure questa gratitudine è già nella mia natura e la lavanda l’ha soltanto risvegliata? Qual è la verità? 
Un aspetto della verità è che c’è stato bisogno che io questa mattina toccassi questa lavanda per risvegliare in me la gratitudine, e senza dubbio c’è stato bisogno per questa lavanda di toccarmi per sprigionare il suo profumo.
Noi ci siamo toccati e ci siamo svelati l’uno all’altro; il fiore al monaco, il monaco al fiore … nell’Insegnamento succede un po’ la stessa cosa.
Perché i maestri insegnano? Perché i Buddha vengono nel mondo? Per ricordarci che abbiamo profondamente bisogno di toccarci gli uni agli altri e a volte questo toccarci non è semplicemente un abbraccio o una carezza, ma può essere anche una parola di bellezza come questo fiore semplicissimo, una parola di bellezza che sprigiona nell’altro la gratitudine e nello stesso tempo una parola silenziosa che sprigiona nell’altro la sua bellezza.
Non posso parlarvi di nient’altro perché io non sono un grande sapiente del Buddismo, non ho fatto l’esegesi di tutti i Sutra e se mi chiedete quante scuole esistono oggi non so rispondervi, ma se me lo permettete posso dirvi tutto ciò che toccando un fiore nasce dentro di me. Ma dirvelo non significa semplicemente offrirvi la mia esperienza, dirvelo significa ricordarvi che se questa cosa può succedere a me può anche succedere per voi. Se semplicemente toccare un fiore sprigiona dentro di me la bellezza della gratitudine, questo è possibile anche per voi, ed io non credo che Zazen sia qualcosa d’altro …
Se dovessi dirvi cos’è Zazen per me, che cosa ha operato in me Zazen, vi direi sicuramente che ha operato la possibilità che io nella mia vita non dimentichi mai di lasciarmi toccare da un fiore … Vi direi questo ed il mio Insegnamento potrebbe fermarsi proprio qui.
Non mi sento a mio agio a parlarvi in italiano, non parlo bene questa lingua che eppure è la mia lingua natale. Ci sono tante cose che non so esprimervi perché non ho il possesso fluido e armonioso dell’italiano per potervi esprimervi per esempio tutta questa emozione che sento toccando questo fiore di lavanda, ma per me un maestro zen non ha nient’altro da condividere o da trasmettere aldilà di questa  possibilità di toccare un fiore, e toccandolo scoprirsi a suo turno toccato da questo fiore.
Quando mi sono alzato stamattina presto, erano le 04:15, mi sono detto: cosa insegnerò questa mattina agli italiani? Cosa posso insegnare per non deludere Paolo Taigō Sensei, che mi ha invitato a  questo Insegnamento? Ho due convinzioni, la prima è che non ho granché da insegnarvi, nel senso che ciò che posso dirvi è esattamente ciò che potete sperimentare senza che io ve lo dica, e la seconda cosa di cui sono convinto è che per il Sangha Italiano, per la nostra Comunità Italiana, Paolo Taigō Sensei è già un grande Maestro, grande! Ogni volta che leggo i suoi scritti e le sue riflessioni, a parte quando si arrabbia un po' con la politica italiana (il Maestro ride) riconosco un grande Maestro. Quindi cosa potrei aggiungere io? Ciò che posso aggiungere sicuramente è soltanto il colore della mia esperienza ed io penso che un maestro Zen serva soltanto a questo, a portare il colore della sua esperienza e niente di più.
Bevendo il mio tè, mi son detto come al solito, "non preparerò nulla e lascerò venire dal cuore ciò che vuole uscire dal cuore". Ed è così che, sedendomi qui nel mio giardino nel quale mi piace sedermi e fare Zazen, ho acceso questa telecamera e ho visto questo fiore di lavanda. 
E secondo me può cominciare tutto da qui, da questo fiore di lavanda che se io non tocco e non stimolo con la mia presenza non ‘sento’.
In natura  ci sono fiori che emanano profumo anche se non li tocchiamo; se passate vicino ad un giglio, a volte anche se non gli passate vicino, può riempirvi la casa di profumo. 
Ma, anche se amo i gigli ed il loro profumo miracoloso, stamattina mi interessa parlarvi di questo fiore di lavanda, discreto e pieno di profumo. Se voi triturate la lavanda tra le dita (non troppo forte per favore), se lo fate per un po’, la vostra mano sarà piena di profumo, e se siete davvero attenti a questo profumo, allora il corpo tutto intero è pieno di profumo. 
Se sentite davvero questo profumo potete fare l’esperienza diretta che ogni cellula dei vostri organi vitali è piena di questo profumo. Questo profumo diventa il vostro Kesa, il più meraviglioso Kesa; il vero Mantello dei Buddha, il vero Abito dei Buddha è proprio questo profumo.
La lavanda mi fa tanto pensare a Zazen, mi commuove enormemente come tante altre specie di fiori delicati che sprigionano il loro profumo solo quando vi avvicinate oppure quando c’è davvero bisogno di toccarli; questa è l’esperienza di Zazen, meditare è questo.
Io non credo che fare Zazen serva ad ottenere o a raggiungere qualcosa d’altro, qualcosa di diverso da questa esperienza che ho vissuto adesso in diretta con voi così spontaneamente del toccare un fiore di lavanda …
Questa lavanda sta qui da tanto tempo. E' stata piantata qui nel giardino della mia casa dal mio Maestro Zen al quale devo tanto. La prima volta che sono stato ordinato monaco, a me che piace sempre fare le cose belle uscendo dai sentieri battuti, avevo chiesto al mio Maestro di fare la Cerimonia nel giardino e lei mi aveva detto: “Nel giardino di Parigi no,  immagina con tutti i vicini come disturberemmo con il tamburo e con i canti …”. 
Il nostro era un Tempio urbano, in mezzo al cortile di altri palazzi. 
E allora le ho chiesto: “Perché non facciamo la Cerimonia della mia Ordinazione a casa mia, possiamo farla nel mio giardino?!?” mi ha detto “va bene!”.  
Il giorno prima ho invitato il mio Maestro a venire qui e lei è venuta, ha dormito a casa e ricordo che la mia mamma aveva fatto delle lasagne per lei. E’ arrivata con 108 piantine di lavanda … ha detto “Facciamo una cosa bella … prima della Cerimonia piantiamo queste 108 piantine e per ogni piantina piantata esprimiamo un voto, un desiderio”. 
Ed eccole, sono qui, lungo tutta la passerella del mio giardino, le 108 piantine di lavanda che oggi sono diventate grandi, piantate del mio Maestro …
Ed è questo fiore che mi ispira nel parlarvi di Dharma, per condividere con voi e trasmettere il Dharma.
Quando mi sono seduto qui non sapevo proprio di cosa avrei parlato con voi. 
Poi cominciando a parlare spontaneamente ho toccato questo fiore e questo fiore mi ha offerto il suo profumo, ed il suo profumo ha sprigionato la mia gratitudine perché ho sentito il profumo di essenza di lavanda che la mia maestra metteva nei suoi capelli, nelle sue trecce, quando ero bambino. E poi la gratitudine del mio Maestro che ha piantato questa lavanda nel mio giardino esattamente 18 anni fa; la gratitudine semplicemente della bellezza di questo profumo e della sua profondità, del suo miracolo.
Se noi contempliamo insieme questo fiore di lavanda capiamo cosa significa fare Zazen, cosa significa praticare la Pratica del Risveglio. Se noi lo capiamo davvero allora stiamo semplicemente svelando la nostra Natura di Buddha. Svelare la Natura di Buddha non è per niente diverso dal profumo di questo fiore di lavanda.
Se voi avete toccato un fiore di lavanda conoscerete questo miracolo di non sentire nulla e poi tutto ad un tratto, grazie a questo contatto, di essere totalmente attraversati, totalmente penetrati da questa essenza; ma la vera bellezza del fiore di lavanda è che quest’olio e questo profumo è sempre stato lì, non è mai stato altrove.  
Ha avuto bisogno di questo incontro, di questo toccarsi e sprigionarsi, e sprigionare il mio profumo. Per quanto mi riguarda, ciò che si sprigiona in me questa mattina è il profumo della gratitudine.
Ha avuto bisogno di me per sprigionarsi ma non ha avuto bisogno di me per esistere... 


Questo profumo è sempre stato lì. 
‘Lì’ non significa in questo fiore che io tocco, ma ‘lì’ in quel primo seme di lavanda, in quel ‘seme origine’ da cui la prima lavanda è sbocciata.
Questo fiore di lavanda mi ricorda stamattina che cos’è Zazen, che cos’è il Buddhadharma, l’Insegnamento di Buddha. M’insegna profondamente che anche quando non entro in contatto con me, quando non riesco a toccarmi, quando dimentico l’olio profumato dell’essere vivente che sono, questo profumo è sempre stato lì lo stesso. 
Questa è l’esperienza meravigliosa di Zazen … ed è secondo me il Cuore di tutti gli Insegnamenti dei Buddha e dei Patriarchi.
Perché ci sediamo in Zazen? Perché meditiamo?
Perché tocchiamo un fiore? Per ricordarci che proprio in questo fiore c’è tutta la bellezza, tutto il profumo di ciò che è. 
Quando mi siedo in Zazen non faccio altro che incontrare la bellezza ed il profumo di ciò che sono. Ma questa esperienza è grande non perché io tocco questa bellezza e questo profumo …
Vi è sicuramente successo meditando in Zazen di sentire questa grandezza dentro di voi, questo spazio dilatato della presenza, questa dolce pace, ma la potenza di Zazen non consiste solamente in quei momenti in cui il profumo esala. 
La bellezza di Zazen è come la bellezza di questo fiore di lavanda, consiste nel concepire profondamente, non solo con la testa, che la cosa più meravigliosa è che questo profumo sono sempre stati lì e saranno sempre lì anche quando nessuno li toccherà e vedrà.
È per questo che in Zazen non ci muoviamo.
Io vorrei picchiare col mio bastone con un po’ di durezza ma anche con tanto amore questi maestri Zen che insegnano una postura meditativa ‘secca’, che trasforma lo Zazen in una postura meccanica. Chi insegna lo Zazen così uccide lo Zazen.
Perché stiamo dritti e immobili quando siamo seduti in meditazione? 
Perché, chi può muoversi, chi può fare rumore davanti a un mistero ...   


Se voi siete papà o mamme, zii, forse vi è successo di alzarvi la notte e di andare vicino alla culla del bebè per essere sicuri che lui respiri, per essere sicuri che tutto sia ok e che tutto va bene.
In quel momento, vicino alla culla siete stati come in Zazen, diritti, presenti, immobili, senza fare rumore per non disturbare la vita serena, per non intralciare la pace del bebè che dorme.
Io quando vedo questo fiore di lavanda mi viene di stare come quando ero vicino a mio figlio la notte, dritto e immobile … perché davanti al mistero non si può far rumore. 
Di fronte al mistero non si può fare altro che contemplare e cercare nel modo migliore possibile di lasciare tutto lo spazio possibile perché questo mistero che si contempla possa svelarsi; quando siamo in Zazen noi non realizziamo nient’altro che questo. 
Non abbiamo più neanche bisogno di toccare il fiore perché ormai sappiamo che il profumo è lì. Non abbiamo bisogno di coglierlo perché meditando impariamo che non abbiamo bisogno di possedere la bellezza del mondo afferrandola.
La bellezza del mondo ci appartiene già, perché si dona a noi. Stare seduti dritti e immobili non è una postura. Soltanto un cuore arido e vuoto può credere che Zazen sia una postura meccanica. Stare dritti, fermi e immobili è un atto di adorazione. Quando meditiamo diventiamo adoratori, come un poeta che si fermerebbe davanti a questo fiore di lavanda senza muoversi. E se lui non si muove vede che la lavanda si muove, se lui si muove troppo non può vedere che la lavanda si muove. Se noi ci mettiamo a fare tanto rumore intorno alla lavanda, la lavanda non la vediamo più … ed è per questo che i Buddha hanno trasmesso all’umanità lo Zazen; per invitarci a risedere immobili, silenziosi davanti al mistero della vita facendo il meno rumore possibile e renderci conto del suono della vita e della bellezza, del profumo della vita, un profumo tale che non abbiamo neanche bisogno di sentirlo perché sappiamo che è lì …
Questo è il Dharma dei Buddha secondo me;
stare nella nostra vita immobili e silenziosi, imparare a vivere immobili e silenziosi e lasciarci toccare da ciò che incontriamo. 
Per esempio il mistero del profumo di questo fiore di lavanda. Stare lì e contemplare anche quando ci muoviamo, anche quando parliamo, in ogni nostro movimento, in ogni nostra azione, in ogni pensiero e in ogni parola; essere adoratori, non smettere mai di contemplare il mistero.
Finalmente risvegliarsi … 
Che cos’è il Risveglio?
Il Risveglio è andare aldilà del toccare, aldilà del vedere, aldilà del sentire, e sapere che anche ciò che non tocchiamo ‘c’è’. Anche ciò che non vediamo è meraviglioso. Anche ciò che non sentiamo profuma.
La cosa più bella della meditazione non sono quei momenti di grande beatitudine in cui scopriamo questo risveglio interiore e ci ritroviamo e risentiamo la nostra armonia e la nostra pace fondamentale … certo sono bei momenti, ma non è questa la cosa più bella.
La cosa più bella è averli vissuti un giorno per sprigionare in noi la fede che anche quando non li sentiamo, anche quando non li vediamo e non li tocchiamo, e quando dimentichiamo il mistero, noi sappiamo che c’è e che è lì da sempre … come il profumo di questo fiore di lavanda.
Se qualcuno vi chiede “La lavanda è profumata?”, sicuramente voi rispondete “”. 
Sapete che la lavanda è profumata, anche se quando ve lo chiedono non avrete vicino a voi un fiore per toccarlo e per avere la prova di questo profumo.  
Noi dobbiamo praticare Zazen anche per questo, se un giorno qualcuno ci chiede: 
Questo tuo fratello, questa tua sorella di umanità è un Buddha?” voi dovete rispondere come per il profumo della lavanda: “. Anche quando non vedete che questo fratello o questa sorella è un Buddha, anche quando si comporta male, è cattivo, fa il male, insulta, ruba, disprezza, offende, mente. 
Io esprimo il Voto per ciascuna e per ciascuno di noi che pratichiamo lo Zazen con questo spirito sincero, di coltivare la nostra fede nel mistero della vita e nel mistero della Natura dei Buddha; perché se noi siamo capaci di dire “Sì” quando qualcuno ci chiede se la lavanda è profumata, noi possiamo esser capaci di risponde allo stesso modo quando qualcuno ci chiede “Questo essere vivente è un Buddha?” …
Questa è la nostra fede, la fede di Zazen … 
Ci auguro che noi possiamo coltivarla fino all’ultimo soffio della nostra vita.
Per favore oggi quando incontrerete un essere vivente cercate di vedere un fiore di lavanda, forse non potrete toccarlo e triturarlo tra le dita, non potrete sprigionare tutta la sua bellezza ed il suo profumo ma voi sapete che c’è.
Per favore non state mai di fronte ad un essere vivente dimenticando tutto il profumo che c’è in lui …
Tutta la sua bellezza …
Come non si può stare davanti ad un fiore di lavanda senza la certezza che lì dentro questo scrigno viola c’è tutto il profumo del mondo. 
Questa è la nostra fede.
Per favore, non state mai di fronte ad un essere vivente senza credere profondamente che nello scrigno della sua vita ci sia tutta la bellezza dei Buddha … tutto il profumo del mistero della sua umanità. 
Questo è più importante di credere in un Dio o in un Buddha. 
Questo è Zazen.
Non dimenticate mai che siete belli, preziosi, importanti e amati.
Vi auguro una buona domenica, vi auguro di incontrare il profumo e la bellezza di tutte le cose anche quando non le vedete e quando non le sentite.

Gasshō




© Tora Kan Dōjō


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sabato 19 giugno 2021

Una riflessione sulla pratica delle Arti Marziali



La Pratica dell’Arte Marziale tradizionale ha come obiettivo la formazione ed educazione globale del praticante in tutti i suoi aspetti, strettamente interrelati tra loro, fisici e psicologici.
Le tecniche ed esercitazioni utilizzate a questo scopo puntano ad unificare il corpo e la mente nella ricerca dell’efficacia nella gestione della mente e del corpo attraverso una ri-armonizzazione globale dell’individuo con le leggi di natura.
Si ricerca efficacia nel gesto, attraverso l’eliminazione di ogni tensione superflua e attraverso la  scelta del giusto tempo e spazio di ogni azione. Efficacia in termini di mantenimento della salute riportando il sistema corpo-mente alla sua condizione ‘naturale, originale’, rivitalizzando l’istinto e la saggezza primordiale che l’uomo moderno ha perso a causa del suo stile di vita e delle sue abitudini. Efficacia nella capacità di utilizzare le potenzialità della mente.
La cosiddetta ‘difesa personale’ è una naturale, quasi ovvia conseguenza di questa riorganizzazione percettiva e sensoriale, che richiede comunque nello specifico un addestramento concreto ed efficace.

E qui vorrei toccare un punto cruciale.
E’ necessario perché un’Arte Marziale possa essere definita tale che comprenda esercitazioni atte a ‘condizionare’ e ‘forgiare’ la mente ed il corpo alla realtà del combattimento.
‘Condizionare e forgiare’ mente e corpo al fine di essere in grado di fronteggiare il combattimento non può significare danneggiare corpo e mente con esercitazioni errate ed esasperate come spesso si vede fare a causa di ignoranza o esaltazione.
Lo stesso esercizio del combattimento (Iri Kumi/Randori…) deve essere sufficientemente realistico da consentire al praticante di confrontarsi con alcuni degli aspetti cruciali di uno scontro reale: gestione delle emozioni (paura, sorpresa, dolore…) sviluppo di capacità di intuizione e di lettura delle intenzioni dell’avversario e molti altri aspetti assolutamente essenziali all’efficacia in combattimento.
Premesso questo l’Arte Marziale non può contemplare una pratica che nel lungo termine riduca l’efficacia e la salute del praticante.

Ricevere dei colpi e imparare ad assorbirli con disinvoltura è assolutamente necessario all’Arte Marziale e rinforza grandemente il corpo e la mente ma non ha niente a che vedere con la specializzazione nel combattimento che porta a ricevere quantità enormi di colpi nella preparazione al confronto agonistico sottoponendo il corpo a condizioni limite per lunghi periodi .
Il nostro corpo non è fatto per questa esasperazione e le conseguenze, tipiche di ogni esasperazione agonistica, sono devastanti.

La Pratica della vera Arte Marziale non può avere nulla a che vedere con la specializzazione ed esasperazione agonistica, le due pratiche conducono in direzioni completamente opposte, inconciliabili.


Taigō Sensei






© Tora Kan Dōjō






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