sabato 8 febbraio 2025

La vera religione non addomestica gli uomini

 


L'educazione e la pratica religiosa non possono essere concepite solo con il "dare dei begli esempi, edificanti" imporre dei precetti morali.

Si deve insegnare il coraggio della responsabilità e della propria coscienza.

Oggi, 425 anni fa, veniva bruciato Giordano Bruno, un uomo di grande sapienza e spirito religioso che venne ucciso da chi ritenne che non stesse dando un bell'esempio.

L’8 Febbraio del 1600 Giordano Bruno, al cospetto dei Cardinali inquisitori e dei Consultori, è costretto ad ascoltare inginocchiato la sentenza di condanna a morte per rogo; si alza e ai giudici indirizza la storica frase: “Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam” (“Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”) poi la sua bocca fu chiusa per sempre e dato alle fiamme.

L'uomo, per essere uomo, quando la sua coscienza glielo impone ha necessità di fare cose che possono essere considerate scandalose e di 'cattivo esempio' dal potere e dalla massa, al punto da mettere in gioco la sua stessa vita.

I veri religiosi sono sempre stati degli anarchici rivoluzionari, niente a che vedere con dei pretini consolatori e mestieranti (cattolici o buddhisti non fa differenza).

La religione e l'educazione che si limita a dire alle persone : 'state buoni' è solo uno strumento del potere (vedi storia della Chiesa Cattolica e in ambito Buddhista la storia della Sôtô shu...).

Se la religione e l'educazione si riducono a questo hanno mancato il loro scopo, sono andate in tut'altra direzione.

Anche le grandi trasformazioni sono dovute ad un risveglio della nostra coscienza. Le trasformazioni sociali etc... Non sono semplicemente fatti oggettivi. C'è una continuità tra la nostra coscienza e la realtà.

"...perchè è proprio nelle zone segrete della coscienza, attraverso l'oscura dialettica degli ideali e delle passioni, che si elabora (addirittura) il destino del mondo e le forze nuove che fanno crollare gli Imperi sono quelle stesse che ogni uomo affronta nelle tenebre del suo cuore complice."  Daniel Rops

Paolo Taigō Spongia


© Tora Kan Dōjō


















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giovedì 6 febbraio 2025

La Vita come Pratica

 

Il monaco responsabile della sveglia a Fudenji


Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Taigô Sensei durante la Pratica Zen.

Nel ritmo tradizionale di un Dōjō Zen, che sia un tempio o meno, la giornata inizia con lo Zazen della notte. Lo Zazen della sera, prima del sonno, e lo Zazen dell’alba vanno considerati come una pratica ininterrotta, quindi anche durante il sonno stiamo praticando, anche durante il sonno continua Zazen.

Chi ha l’incarico la mattina di dare la sveglia ‘shin rei’, che si può tradurre con: ‘sollevare lo spirito’, si alza una ventina di minuti abbondanti prima degli altri, accende la candela nel Dōjō, offre l’acqua sull’altare, offre l’incenso nei bagni che i monaci per la rapida abluzione del mattino, offre l’incenso sull’altare del Dōjō, si prosterna, fa sanpai, e poi percorre tutti i locali del tempio correndo e scampanando con una campanella fino a tornare nel Dōjō e prosternarsi di nuovo all’altare. A quel punto suona il primo colpo di moppan.

I monaci appena sentono lo scampanellio della sveglia si alzano immediatamente senza un secondo di esitazione, ripiegano le loro coperte e le ripongono, si vestono rapidamente e vanno nei bagni. La rapida abluzione del mattino è solo una pratica purificatoria, si purificano i sensi, occhi, orecchie, bocca con l’acqua recitando delle strofe che ci ricordano che ogni nostra azione deve essere a beneficio di tutte le esistenze.

Si lavano gli occhi, per avere degli occhi lucidi, chiari, trasparenti per guardare il mondo con occhi limpidi e puliti perché supportino la Retta Visione. Si lavano i denti perché si sviluppi in noi ‘il dente-occhio della saggezza che recide ogni illusione’. Si sciacqua la bocca per avere una bocca pura che possa esprimere l’amore del Buddha nelle nostre parole. Si sciacquano le orecchie per essere disposti ad un ascolto profondo e puro…
Poi ci si reca immediatamente nel Dōjō, e si siede in Zazen.
Dal momento dello scampanellio della sveglia al trovarci seduti in Zazen sono passati circa 8/9 minuti.

Può sembrare uno stile un po' militare, ma è molto efficace a scuoterci dalle nostre illusioni, dalle nostre resistenze, perché ci toglie la possibilità di rimanere intrappolati nel pensiero e di esitare. L’esitazione è una malattia mortale che ci fa bruciare la nostra vita e perdere preziose e irripetibili occasioni.

La nostra Pratica non inizia dunque quando mettiamo i glutei sullo zafu, è iniziata la sera prima, quando ci organizziamo la giornata, i nostri impegni, per recarci al Dōjō, quando prepariamo i nostri abiti e andando indietro fino ad ancora prima della nascita dei nostri genitori, quindi non è una questione di sveglie che squillino o meno. Dobbiamo capire bene questo punto altrimenti la pratica Zen diventa uno dei tanti ritagli del nostro tempo e non ha nessun senso né efficacia.

Noi non abbiamo l’occasione durante la pratica ordinaria settimanale di vivere questo tipo di esperienza profondamente coinvolgente e in qualche modo disorientante rispetto le nostre abitudini che spesso sono troppo ‘accondiscendenti’ con noi stessi, quindi dobbiamo essere ancora più maturi per certi versi. Quando facciamo l’esperienza della Sesshin (il ritiro intensivo che coinvolge le 24 ore con la pratica per diversi giorni) siamo in qualche modo facilitati perché si tratta di scegliere, non di obbedire.

La Pratica deve essere una scelta matura, dev’essere decisione non una coazione a ripetere, si deve ripetere-rinnovando.

Ogni mattina che abbiamo la fortuna di svegliarci dobbiamo decidere come vogliamo vivere la nostra vita e non è mai una decisione presa una volta per tutte; per questo ogni mattino indossiamo il Kesa e recitiamo le strofe come il giorno che l’abbiamo indossato la prima volta. Per ricordarci che si riparte sempre da 0, dal Vuoto.

Ogni giorno indossiamo la vita per la prima volta e capite che se diventiamo consapevoli di questo il nostro risveglio ha tutto un altro significato. Non ha niente a che vedere con il doversi alzare svogliatamente per subire un’altra giornata.
Deve essere un’espressione di una scelta di totale libertà.


© Tora Kan Dōjō


















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