sabato 28 aprile 2018

La Sacralità dell'Esercizio

Sensei Bruno Ballardini al Tora Kan Dōjō

La “Via” del karate non esiste, è solo un pretesto per esercitarvi per la vita.
Per questo è qualcosa di sacro. Dipende dall’atteggiamento con cui praticate.
Come si fa a far diventare "sacra" la vostra pratica?
Facendo attenzione ad ogni singolo gesto, ad ogni ripetizione, cercando di renderla migliore della precedente.
Perché nel vero karate non esiste uno standard esterno con cui confrontarsi come accade nello sport, non esiste una performance ideale: qui si parla del meglio che potete fare voi stessi in base alle vostre possibilità. Si tratta solo di spostare ogni volta più avanti l'asticella rispetto alla volta precedente.
Io non posso regalarvi il vostro miglioramento, quello potete darvelo soltanto voi col vostro impegno. Ma forse posso motivarvi con una riflessione: se vi adagiate nella mediocrità in questa piccola attività settimanale, correte un rischio ancora più grande: quello di adagiarvi, con lo stesso atteggiamento e per abitudine, anche nelle cose più importanti della vostra vita. Il karate serve a evitare di cadere in questa trappola.
Altro che “educazione guerriera”, e altre balle che si raccontano in alcuni ambienti. Non riuscirete mai a difendervi se prima non imparate a combattere contro voi stessi.
I giapponesi dicono “ikken hissatsu", che significa "Un colpo una vita". Ma questa espressione non significa soltanto "uccidere l’avversario con un colpo solo", significa soprattutto cercare di fare in modo che ogni colpo (quindi ogni ripetizione di un movimento) sia perfetto, sia migliore di quello precedente, come se fosse la vostra ultima possibilità. L’avversario siete voi stessi e avete una sola possibilità di ucciderlo. Potete riuscirci soltanto facendo meglio di quanto lui facesse ieri.
Il segreto consiste nel rendere ciascuna tecnica e ciascun attimo della pratica una questione di vita o di morte.
Per migliorare dovete per forza mettere in gioco la vostra vita. Ma non stiamo affatto giocando.


Bruno Ballardini Sensei

Referente ​dello Zentokukai Italia
Scuola che preserva e diffonde nel nostro paese il karate antico di Chotoku Kyan
Scrittore, Saggista, Docente universitario.







mercoledì 25 aprile 2018

Vivere una Vita Nobile




Shiba Yoshimasa: cinque insegnamenti sulla vita nobile

 Shiba Yoshimasa (1350-1410) è stato un grande politico, guerriero e poeta, un esempio per tutti di un uomo che per tutta la vita ricerca il miglioramento di sé e il perfezionamento continuo in ogni suo gesto e in ogni sua azione. Questi sono cinque suoi insegnamenti che tutti noi possiamo applicare nella nostra vita moderna.

Primo insegnamento.

In ogni cosa è importante avere un atteggiamento attento Purtroppo, sono poche le persone che fanno attenzione nella vita. Attenzione al proprio comportamento, alle proprie parole, ai propri pensieri, e attenzione al comportamento, alle parole e ai pensieri degli altri. L’uomo nobile deve mantenere un atteggiamento attento e distaccato, pacificare la propria mente e non distrarla ma tenerla focalizzata. “Gli uomini con menti acute si trovano solo tra coloro che hanno inclinazione per la riflessione.”

Secondo insegnamento.

Non è importante vivere in modo religioso, è indispensabile vivere in modo sacro Non serve ostentare il proprio credo religioso ed esibire pubblicamente la propria devozione. Ed è inutile pregare solo quando vogliamo ricevere dei favori o quando siamo afflitti da problemi personali. Se preghiamo, dobbiamo farlo solo per riempire noi stessi e il mondo di felicità, e con l’obiettivo di ricevere l’energia spirituale più alta per vivere ogni giorno della nostra vita in modo sacro. Dobbiamo far diventare sacra ogni nostra azione e sacro ogni nostro gesto. La religione non conta, conta la nostra intenzione spirituale più profonda.

Terzo insegnamento.

Non agire senza considerare la pena degli altri. Se si vuole vivere una vita nobile, bisogna avere compassione degli altri e rispettare il loro spazio personale. Tutti condividiamo la vita, e tutti sperimentiamo gioie e sofferenze. Dovremmo sempre muoverci come ospiti, pieni di premura, con delicata attenzione, per non disturbare. Dovremmo avere lo stesso sacro rispetto anche per i nostri cosiddetti nemici, e perfino per coloro con cui dobbiamo scontrarci. Distacco, accettazione e compassione: così modelli in te la natura del guerriero virtuoso.

Quarto insegnamento.

Elimina il superfluo Dedicati soltanto alle cose importanti ed elimina tutto ciò che è superfluo. Non farti condizionare da nulla e non dedicarti a nulla che non sia veramente importante. Togli tutto quello che non conta, dedicati solo a quello che conta.

Quinto insegnamento.

Non diventare amico di persone senza valore Scegli bene i tuoi amici. E scegli bene il tuo partner. Scegli bene con chi vuoi condividere il tuo viaggio. Scegli persone che condividano la tua stessa intenzione di vivere nel mondo, con nobiltà e virtù. Diventa sempre migliore e pretendi sempre di avere vicino a te i migliori. Meglio restare solo, che accompagnarsi a gente priva di anima.




mercoledì 18 aprile 2018

La Natura Morale delle Cose ovvero 忘れ物 lo Spirito degli Oggetti

Pubblichiamo un estratto dall'articolo tratto dall'interessantissimo blog di Laura Imai Messina: 'Giappone Mon Amour' che vi invitiamo caldamente a seguire e che ringraziamo.

Questo il link diretto all'articolo:

<...>Ma le cose in Giappone godono nel tempo di un privilegio che rimane: diventano spiriti. Una bella credenza giapponese, chiamata tsukumogami 付喪神, vuole che le cose che vivono un centinaio d’anni si facciano una sorta di deità.
Cento anni è quanto basta a un oggetto per acquisire un’anima. Perchè assorbe il tempo che passa e con esso la saggezza che da esso deriva. È il perdurare nonostante tutto, lungo le ere degli uomini capricciosi ed incostanti, assorbendo il loro amore e la loro cura, tollerando l’incuria, osservando spazi cambiare freneticamente come in un time-lapse.
Ma il cento è solo un numero approssimato per dire che ci vuole tanto tempo.
L’occidente ha frainteso questa leggenda e immagina lo tsukumogami come uno spirito, uno solo, che entra negli oggetti e vi si installa.
E invece è proprio quella cosa che cambia e quando la credenza scende nel dettaglio, si comprende come gli oggetti premino e portino del bene a chi li cura, come portino sventura a chi li maltratta, li disprezza o li ignora. Che gli oggetti avvertano qualcosa, che l’anima acquisita in lungo tempo li renda grati e fortunati o vendicativi e maledetti. L’harikuyo 針供養 del resto serve proprio a questo. A ringraziarli per tempo.
Quanti oggetti adesso superano due o tre generazioni? Quanti superano uno o due cambi di stagione? Un trasloco? Una relazione che inizia e una che finisce? Una moda?
Basta saperlo. Che la cura premia. Che possiamo offrire un’anima a una casa, a un mobile o anche a un libro. Che donandola a loro ci verrà del bene.

E forse avremo infine più cura anche di noi stessi.<...>




lunedì 16 aprile 2018

Zenki e Inmo - Riflessioni intorno al "così come è"


Senza aggiunte e senza sottrazioni, il mondo così come è, non un'altra realtà differente da quella percepita nella quotidianità. Proponiamo due profonde riflessioni entrambe tratte dallo Shōbōgenzō  di Eihei Dōgen Zenji (monaco buddhista giapponese, fondatore della scuola buddhista giapponese Zen Sōtō  1200 / 1253)
Eihei Dōgen Zenji - Shōbōgenzō - Cap. Zenki (l’intera attività dinamica)
La vita è, per esempio, come una persona che sta su una nave. Per quanto siamo noi che usiamo le vele, che prendiamo in mano i remi, che spingiamo con le pertiche, è la nave che ci trasporta e non c'è io al di fuori della nave. Stando imbarcati su una nave, facciamo della nave una nave. Dobbiamo studiare bene questo preciso momento. In questo preciso momento, la nave non è diversa dal mondo intero. Il cielo, l'acqua, la costa, tutti diventano il tempo della nave, e inoltre, non sono lo stesso del tempo di quando non si è sulla nave. Perciò, la vita è ciò che io faccio vivere, e io sono ciò che di me fa la vita. Nell'essere imbarcati su una nave, il corpo, la mente e la situazione presente, sono tutti l'attività dinamica della nave. L'intera terra e l'intero spazio sono l'attività dinamica della nave. L'io che è vita e la vita che è l'io, sono proprio così.

Presentato il diciassettesimo giorno del dodicesimo mese del terzo anno di Ninji (1242) alla residenza del governatore di Unshû e col suo col patrocinio, nei pressi del tempio di Rokuharamitsu di Yôshû. Trascritto da Ejô il diciannovesimo giorno del primo mese del quarto anno di Ninji (1243).



Eihei Dōgen Zenji - Shōbōgenzō - Cap. Inmo (proprio così o così come è)
Dōgen Zenji - Autoritratto
Sulla base di che sappiamo che il "così com'è" esiste? Lo sappiamo perché il corpo e la mente che si manifestano insieme nell'intero mondo non sono il nostro io. Il corpo non è certamente il nostro io. La vita si riflette [procede] nei giorni e nei mesi e non si ferma neppure per un poco. Dove sono andati i volti della nostra giovinezza? Quando li cerchiamo non ne troviamo neanche le tracce. Se osserviamo bene, sono molte le cose del passato che non incontreremo mai più. Anche la mente sincera non si ferma e va e viene ogni momento. Benché la sincerità esista, essa non risiede accanto a noi. Però, pur stando così le cose, senza una ragione esiste la "mente del risveglio". Quando si sia risvegliata questa mente, abbandoniamo le cose con cui ci si è intrattenuti fino a quel momento e speriamo di udire ciò che non abbiamo mai sentito, e cerchiamo di sperimentare ciò che non abbiamo mai sperimentato, e questo non solo per noi stessi. Si sappia che succede questo perché siamo persone del così com'è. Perché sappiamo di essere persone del così com'è? Poiché siamo persone che vogliono ottenere la cosa così com'è, siamo persone del così com'è. Per certo, abbiamo l'aspetto delle persone del così com'è, e in questo momento non dovremmo preoccuparci della cosa così com'è. Poiché anche il preoccuparsi è cosa del così com'è, è un non preoccuparsi. Inoltre, non dovremmo sorprenderci del fatto che la cosa così com'è, è così com'è. Anche se il così com'è ci sorprende e ci lascia dubbiosi, è comunque questo così com'è. Esiste anche un così com'è di cui non dobbiamo sorprenderci. Questo non può essere valutato per mezzo della valutazione dei buddha, né può essere valutato per mezzo della valutazione della mente, non può essere valutato per mezzo della valutazione del mondo del Dharma e non può essere valutato per mezzo della valutazione dell'intero mondo. Solo [si può dire]:"siamo di già uomini del così com'è, perché preoccuparci della cosa del così com'è?". Perciò, il così com'è del suono e dell'aspetto è il così com'è, il così com'è del corpo e della mente è il così com'è, il così com'è di tutti i buddha è il così com'è.
Shôbôgenzô Inmo Presentato all'assemblea del tempio Kannon Dôri Kôshô Hôrin. Nel 26° giorno del terzo mese del terzo anno di Ninji (1242)

(testi presi dalla traduzione di  Aldo Tollini in Buddha e natura-di-buddha nello Shôbôgenzô)