Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Taigô Kônin Sensei durante la Pratica Zen.
© Tora Kan Dōjō
Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Taigô Kônin Sensei durante la Pratica Zen.
© Tora Kan Dōjō
Quando il Buddha abitava nel magnifico parco di
Pavarika, situato presso il villaggio Nalanda, un certo Kevadda gli si accostò.
Dopo essersi seduto ad una distanza conveniente, questi si prosternò
rispettosamente davanti al Beato, e gli disse qualche parola di cortesia, prima
di rivolgersi a lui:
«Oh, nobile Buddha! Nalanda è una città coronata di
successo. I suoi abitanti vivono nella prosperità ed hanno fiducia in voi. Per
accrescere e sostenere solidamente questa fiducia, sarebbe bene che voi deste
qualche dimostrazione di abhiñña (poteri psichici).
— Kevaddha! Io non insegno il Dhamma in questo modo!»
Quando Nalanda sollecitò la sua richiesta una seconda,
poi una terza volta, Buddha rispose sempre nell’identica maniera. Infine,
spiegò la natura dei tre poteri psichici:
«1) Vi sono i poteri psichici che consistono nel
produrre delle creazioni visive, nell’attraversare i muri, nel volare in aria,
nel camminare sull’acqua, senza affondare, ecc.»
«2) Vi sono dei poteri psichici, tramite i quali si
possono conoscere i pensieri e le vite altrui.»
«3) Vi sono dei poteri psichici, grazie ai quali si
possono guidare gli esseri, a seconda delle loro pāramī, tramite l’utilizzo dei
mezzi a loro appropriati.»
I due primi tipi di poteri psichici, se vengono
impiegati per il piacere, o per impressionare la gente, non differiscono,
allora, da una volgare manifestazione di prestidigitazione. I monaci che li
praticano in questo senso rappresentano una sorgente di vergogna, di
umiliazione e di disgusto per il saṃgha. Se i monaci acquistano l’abitudine di
sollecitare la fede delle persone verso il Dhamma, tramite questi mezzi, il
giorno in cui non saranno più capaci di manifestare i poteri psichici, il
sāsana (l’insegnamento di Buddha) prenderà fine. Tali mezzi sono in grado di
impressionare e di convertire delle folle verso la propria dottrina, ma non
portano la conoscenza del Dhamma e sono privi della minima possibilità di
liberare gli esseri dal saṃsarā (ciclo delle rinascite).
Il terzo tipo dei poteri psichici aiuta gli esseri a
liberarsi dalla sofferenza. E’ il solo tipo di poteri psichici che sia degno di
venire praticato. Quando un monaco vede un individuo prigioniero della
passione, roso dall’avidità, utilizza i suoi poteri per insegnargli a liberarsi
dalla brama e dal desiderio. Quando vede una persona schiava della collera,
divorato dall’avversione, impiega i suoi poteri per aiutarlo a controllare
questa collera e questa avversione. Quando un monaco osserva una persona
sottoposta all’ignoranza, utilizza i suoi poteri per spingerla a disfarsene,
sviluppando la conoscenza della realtà. Ecco i poteri psichici che è sano e
costruttivo impiegare.
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Dainin Sensei e Taigō Sensei durante la Cerimonia pubblica di Trasmissione che segue quella privata. |
La risposta di due monaci Zen alla domanda :
‘Cosa
sono, a vostro parere, il Lignaggio e la Trasmissione del Dharma?’
"La trasmissione é un momento di grazia in cui il discepolo attraverso la sua vita ricorda vividamente al maestro ciò di cui il maestro è scrigno.
La perla del mistero dell’esistenza si trasmette moltiplicandosi.
Due cuori si incontrano e appare un tesoro.
Proteggere insieme il Tesoro diventando tesoro.
E poi.... e poi in questa prosternazione in cui i due zagu si mescolano ,
capiamo....
Capiamo che nulla é trasmesso, non c’è chi trasmette né chi ha ricevuto.
E diventiamo celebrazione di ciò che era lì da sempre.... e diventiamo voto,
voto di aiutare tutti gli esseri ad aprire gli occhi per scoprire ciò che è lì
da sempre.
Questa vita che ci corre dietro per sorprenderci ad ogni istante.
Il Kesa drappeggia sul mondo, ed anche un filo d’erba si riscopre illuminato se
stesso da sempre......"
Dainin Jōkō Sensei, monaco Zen Sōtō, Maestro e Abate
della ‘Montagna senza Cima’
Dainin Sensei e Taigō Sensei durante la Cerimonia pubblica di Trasmissione che segue quella privata. |
"La Trasmissione del Dharma è, per quel che ho vissuto, la 'celebrazione' rituale (nel senso più profondo del celebrare gioiosamente e con spirito di gratitudine) del riconoscimento da parte di un maestro della sincerità, della 'comprensione' e della maturità di Pratica (ovvero del 'mettere in pratica' nella vita) di un discepolo e un 'incoraggiamento' a continuare a camminare saldamente nella Via e condividere amorevolmente con il mondo la ricchezza ricevuta.
Il Lignaggio non è altro che la successione di questo
incontro di cuori in una sola mente tra uomini che si riconoscono Buddha."
Taigō Kōnin Sensei, monaco Zen Sōtō, Maestro del Tora Kan Dōjō di Roma.
"Non ho mai incontrato un vero problema, almeno
fino ad ora, penso di aver ascoltato migliaia e migliaia di persone e le
migliaia di problemi che hanno.
Non ho ancora incontrato un “problema” reale; e penso
non accadrà mai, perché non esiste un problema reale. Il problema è sempre
inventato dalla mente.
Ci sono situazioni ma non esistono problemi. I
problemi sono le tue interpretazioni delle situazioni. Forse la stessa
situazione non sarebbe un problema per un’altra persona mentre per qualcuno lo
è.
Perciò dipende da te se vuoi creare un problema o se
non vuoi crearlo, ma i problemi non esistono. Limitati a guardare.
Distaccati e guarda il problema: esiste veramente? O
sei tu che l’hai creato? Guardalo in profondità e vedrai improvvisamente che
perderà forza, inizierà a decrescere e diventerà sempre più piccolo. Più
energia metterai nell’osservazione, più il problema perderà la sua consistenza.
E arriverà il momento in cui scomparirà improvvisamente.
Allora ti farai una bella risata!
I problemi sono qualcosa di fittizio, non esistono.
Gira intorno al problema, consideralo da vari punti di
vista, com’è possibile la sua esistenza?
E’ un fantasma! Tu lo volevi, ecco perché esiste. Tu
l’hai richiesto, per questo esiste; l’hai invitato, ecco perché è lì.
Ma alle persone non piace sentirsi dire che il loro
problema non è reale. Non lo sopportano. Le mette a disagio. Se invece ascolti
i loro problemi si sentono soddisfatte.
E se commenti: “Sì…, questo è un problema profondo”,
sono molto felici.
Per questo la psicanalisi è diventata una delle cose
più importanti di questo secolo.
Lo psicanalista non aiuta nessuno, forse se stesso, ma
non aiuta nessun altro. Non può farlo. Ma le persone continuano ad andarci e a
pagare.
La cosa fa loro piacere, quell’uomo accetta i loro problemi:
per quanto assurdi siano i problemi che tu porti dallo psicanalista, egli
ascolta con attenta sincerità e serietà, come se esistessero veramente!
Egli dà per scontato che stai soffrendo le pene
dell’inferno, ci lavora sopra e li analizza, può impiegarci anni. Ma anche dopo
anni di psicanalisi il problema non viene risolto, perché di fatto il problema
non è mai esistito; Come può essere risolto? Ma dopo anni di psicanalisi ti
senti stanco, quindi lasci cadere il vecchio problema e ne vuoi un altro che
sia nuovo nuovo. Così da un giorno all’altro dici: “E’ vero, non c’è più, è
come svanito”.
E ringrazi sentitamente lo psicanalista.
Solo il tempo è stato d’aiuto e ti ha guarito, non lo
psicanalista.
Ma c’è gente cui non piace limitarsi ad attendere e a
guardare.
Nei monasteri Zen, quando arriva un pazzo, lo mettono
a tranquillizzarsi in una piccola capanna, lontano da un monastero.
Gli portano del cibo e gli dicono: “Stai qui e
rilassati”.
Nessuno va più a parlare con Lui: lo nutrono, si
prendono cura di Lui, ma nessuno si preoccupa di Lui. E quello che la
psicanalisi fa in tre anni viene fatta in tre settimane! Nel giro di tre
settimane la persona ne esce da sola: sì, il problema è scomparso.
Per tre settimane, ventun giorni, vieni lasciato col
tuo problema, come puoi evitare di vederlo? Non viene fatta alcuna analisi,
così non hai diversivi, non vieni distratto. Lo psicanalista in realtà ti
distrae!
Da solo il problema sarebbe morto nel giro di tre
settimane, ora prenderà forza, perché con l’aiuto dello psicanalista vivrà
ancora per tre anni, se non di più. Dipende da quanto denaro hai.
Se sei abbastanza ricco il problema può persistere per
tutta la vita. Dipende solo da quanto puoi spendere!
I poveri non soffrono molti problemi.
I ricchi soffrono, se lo possono permettere, possono
divertirsi giocando ad avere grandi, grandi problemi.
Un povero, non può spendere, quindi non può divertirsi
con questo gioco!
La prossima volta che avrai un problema, guardalo a
fondo, guardalo intensamente.
Non è necessaria alcuna analisi: non analizzarlo, non
a n a l i z z a r l o, l’analisi è un modo per distrarsi. Quando ti metti ad
analizzare non guardi più il problema.
Cominci a chiederti: perché? Da dove viene? Come si è
prodotto?
“Nella tua infanzia, la relazione con tua madre, la
relazione con tuo padre, ecc.”
Ti perdi in astrazione. Non stai guardando il problema
per quello che è.
La psicanalisi Freudiana è un gioco della mente
condotto con grande competenza: lascia perdere le cause! Inutile cercarle perché
non ci sono cause. Non andare nel passato, è inutile, perché così ti allontani
dal problema presente. Guardalo a fondo come una cosa presente qui e ora.
Semplicemente penetralo a fondo….. E non pensare alle
cause, alle ragioni…..
E sarai sorpreso vedendo che, come un’osservazione
intensa, pian piano svanirà.
Continua a guardarlo a fondo e scoprirai che è
scomparso!
I problemi, infatti, non esistono.
Li creiamo perché siamo incapaci di vivere senza
problemi! Solo per questa ragione li creiamo. Avere un problema significa
essere occupati.
Ci si sente bene: abbiamo qualcosa da fare. Quando non
c’è alcun problema rimani solo, vuoto: e adesso che fai? Tutti i problemi sono
svaniti.
Prova a pensare: un giorno viene Dio e dice: ma non
c’è più nessun problema, finito!
Tutti i problemi se ne vanno. Cosa faresti? Prova a
pensare a quel giorno.
Tutti direbbero: “Questa non è una grazia! Adesso cosa
dovremmo fare? Nessun problema?“ Improvvisamente l’energia non si muoverà più
da nessuna parte, ti sentirai stagnare paralizzato.
Il problema, è un modo per smuoverti, spingerti ad
andare, a trascinarti, a sperare, a desiderare, a sognare………medita su queste
riflessioni e traine le debite conclusioni.”…
Amo osservare la luce che cambia dall’alba alla notte e filtra attraverso i vetri del Dōjō proiettando ombre e riflessi mentre siamo seduti in Zazen.
Intorno alla nostra immobilità, rotea il
profumo dell’incenso. Sento che scivolo sempre di più e m’immergo.
Poi i suoni. Da una parte il tocco del
legno, da un’altra la voce argentina di una campanella, mentre il delicato rame
della campana ci parla, dando istruzioni precise. E poi è una sinfonia, avvolti
nella recitazione dei sutra, nei ritmi diversi, un tamburo ancestrale come il
battito di un cuore, contrattempi improvvisi, eppure in perfetto sincrono, un
coro di voci, alte e basse, in cui perdendosi, spaurandosi, ritrovandosi, si
riprende sempre il filo del suono, l’intonazione, il verso, il ritmo, il cuore
degli altri compagni di pratica, il respiro del vicino, il respiro del lontano,
il respiro della terra, il respiro dell’universo.
Ricordo molti anni fa, quando avevo
iniziato la pratica Zen, che il Maestro Paolo Taigō Kōnin Spongia aveva detto
“non si può assistere alla recitazione di un sutra senza partecipare.”
Un’antica frase in sardo dice “No ti
podes bagnare kena ti infundere”. Non ci si può bagnare senza infondersi.
Immergersi completamente.
Grazie al Maestro Paolo Taigō Kōnin
Spongia per aver consolidato attraverso gli anni la pratica dello Zen nel Dojo, e
grazie al Maestro Federico Dainin Jōkō Sensei per avere orchestrato, con molta
sapienza, il rito, la poesia e la magia di questa meravigliosa Sesshin.
Maura Garau
English version
October
30-31, 2021, Sesshin at the Tora Kan Dōjō.
I love to observe the light that changes from dawn to night and filters through the windows of the Dōjō, casting shadows and reflections while we are sitting in Zazen.
The scent
of incense swirls around our stillness. I feel that I slide more and more and I
immerse myself.
Then the
sounds. On the one hand the touch of wood, on the other the lively voice of a
small bell, while the delicate copper of a bigger bell speaks to us, giving
precise instructions. And then it is a symphony. Wrapped in the recitation of
sutras, wrapped in different rhythms, an ancestral drum sounds like the beating
of a heart, sudden syncopations, yet in perfect synchrony, a chorus of voices,
high and low, in which we can lose ourselves, get scared, find ourselves again,
and retrace the thread of the sound, the intonation, the verse, the rhythm, the
heart of the other people sitting in Zazen, the breath of the near one, the
breath of the distant one, the breath of the earth, the breath of the universe.
I remember
many years ago, when I started the Zen practice, that Master Paolo Taigō Kōnin
Spongia said “you cannot be present at the recitation of a sutra without
participating.”
An ancient
Sardinian phrase says “No ti podes bagnare kena ti infundere”. You can’t get
wet without getting soaked.
Immersion.
Thanks to
Master Paolo Taigō Kōnin Spongia for having consolidated the Zen practice in
the Dojo over the years, and thanks to Master Federico Dainin Jōkō Sensei for
having orchestrated, with great wisdom, the rite, the poetry and the magic of
this wonderful Sesshin.
Maura Garau
"A te cui piacerebbe far mangiare la polvere ai
rivali.
Spesso ci chiediamo chi sia veramente ‘migliore’ qui.
Ma non siamo fatti tutti dello stesso pugno di povere?
Dovremmo restare tutti saldamente ancorati nel posto
dove non c’è né ‘meglio’ né ‘peggio’.
Per tutta la vita sei completamente impazzito perché ritieni
ovvio che ci siano un ‘tu’ e degli ‘altri’. Ti dai un gran daffare per emergere
dalla folla, ma in realtà non ci sono né ‘tu’ né gli ‘altri’. Quando morrai, lo
capirai.
Buddha-dharma significa mancanza di fratture. Quale
separazione intercorre tra te e me? Presto o tardi finiremo per comportarci
come se una linea di frattura divida amico e nemico. Quando ci saremo abituati
a questo fatto, crederemo che esista veramente.
Povero e ricco, importante e insignificante – nulla di
tutto ciò esiste. E’ solo uno scintillio sulle onde. Eppure c’è qualcuno che, o
perché afflitto dall’infelicità o perché qualcun altro è più felice di lui,
maledice il Buddha.
Felicità e infelicità, importante e insignificante,
amore e odio – tutto il mondo dà un gran peso a queste cose. Il mondo dove
tutto questo non esiste: questo è il mondo dello hishiryo.
Non c’è nulla al mondo per cui valga la pena di
scervellarsi una volta stabilito che i nostri pensieri e le nostre
discriminazioni illusorie non servono assolutamente a niente.
Quando il capo era malato, un suo dipendente lo ha
scavalcato. Si stava riprendendo, ma questa notizia gli ha provocato una
ricaduta. Non c’è veramente nessun bisogno di ammalarsi per cose di questo
genere.
Dici: “Te la farò vedere!” Ma se non sai nemmeno
quanto vivrai. Non hai niente di meglio da fare?
In Occidente si dice “homo homini lupus”. Il primo
passo in una religione deve essere di far smettere ai lupi di mangiarsi a
vicenda.
Quello che abbiamo imparato fin dai giorni
dell’infanzia non è nient’altro che far finta di essere importanti. Il mondo
chiama questo ‘educazione’. E dopo, nella vita, cosa cerchiamo di fare?
Litighiamo come diavoli, facciamo sesso come animali e c’ingozziamo come
spiriti affamati. Questo è tutto.
Tutto il mondo traballa su gambe malferme. E calpesta
gli altri per fare strada. Nel Buddha-dharma non bisogna essere così sleali.
Buddha-dharma significa avere successo nella sconfitta. La mente del
Buddha-dharma è “sedere in zazen per eoni senza conseguire la via del Buddha”.
(Sutra del Loto)
Le persone fanno la faccia annoiata quando non è in
corso una gara o una battaglia. Vogliono sempre andare al galoppo per vincere –
Ma si tratta di una corsa di cavalli? Oppure nuotano come otarie che vogliono
essere avanti di un naso. Alla fine litigheranno tra loro, come gattini con un
gomitolo di lana.
Quando non si tratta di vincere o perdere, amore o
odio, ricchezza o povertà, la gente fa la faccia annoiata.
Nel Buddha-dharma non è questione di vincere o
perdere, di amore o odio.
Qualcuno vuole far mostra di sé con il suo ‘satori’.
Eppure è chiaro che quello che si può usare per esibirsi non ha niente a che
vedere con il satori."
Kōdō Sawaki Roshi
Noi pensiamo sempre a qualcosa, cerchiamo sempre di
acquisire qualcosa.
Lo Zen Sōtō insegna che non bisogna aspettarsi nè
ricercare l'illuminazione ma sedersi e basta.
Sedere e basta è Shikantaza.
Solo completamente, pienamente seduti senza che nulla
venga lasciato fuori.
Allora da Shikan (solo-semplicemente) taza (sedere
saldi) nasce il camminare saldi.
Se vogliamo davvero camminare, dobbiamo camminare
stabilmente, qualunque cosa accada.
Essere solo il camminare, senza distanza tra 'noi' e
il processo.
Perchè il nostro corpo e la nostra mente non sono
altro che il camminare.
Questo è Shikan Taza, essere in pace.
Siamo in pace ed armonia sin dall'inizio, non dobbiamo
aspettarci di conquistare la pace.
Per 2500 anni il Buddha ci ha insegnato che noi siamo
Buddha, che già in questo momento non ci manca nulla del Supremo Risveglio,
eppure non ci vogliamo credere, non lo capiamo. Ecco perchè dobbiamo praticare,
perchè abbiamo una mente.
Dainin Katagiri Roshi
La pratica della Gratitudine e dell'abbandono di sé.
Deshimaru Roshi suggeriva di praticare molte volte
Sanpai portando la fronte al suolo per guarire dall'arroganza. 'Dobbiamo
riportare questo nostro arrogante cervello frontale alla terra.'
Un'autentica terapia per l'uomo moderno.
"Monaco:
Perché dobbiamo prosternarci così tante volte qui?
Luangpu Cha:
È molto importante prosternarsi.
È una formalità esteriore che è parte integrante della pratica, e come tale dovrebbe
essere compiuta in modo corretto: portate la fronte pienamente a contatto con
il pavimento, tenendo i gomiti vicini alle ginocchia e i palmi delle mani sul
pavimento a qualche centimetro di distanza.
Prosternatevi lentamente, consapevoli del corpo.
È un buon rimedio contro l'arroganza.
Dovremmo prosternarci spesso.
Quando vi prosternate per tre volte, potete riportare alla mente le qualità del
Buddha, del Dhamma e del Saṅgha, cioè le qualità di una mente pura, luminosa e
in pace.
È così che usiamo le formalità esteriori per addestrarci.
Il corpo e la mente diventano armoniosi.
Non commettete l'errore di guardare come si prosternano gli altri: se i giovani
novizi sono trasandati o i monaci anziani sembrano disattenti, non è compito
vostro giudicare. Le persone possono essere difficili da addestrare. Alcuni
imparano in fretta, ma altri imparano lentamente. Giudicare gli altri non farà
che aumentare il vostro orgoglio.
Invece, osservate voi stessi; prosternatevi spesso, sbarazzatevi dell'orgoglio.
Coloro che sono davvero entrati in accordo col Dhamma
vanno ben al di là della forma esteriore. Qualunque cosa facciano, è un modo di
prosternarsi: camminando, si prosternano; mangiando, si prosternano; defecando,
si prosternano. Questo accade perché sono andati oltre l'egoismo."
Luangpu Cha Subaddho, "Bodhinyana"