Uno studio sul 108,
il numero “mistico” per eccellenza
di Valentina Espositi
Guardando il mare impetuoso in un ventosissimo giorno d’ inverno tipico
del nord-est, non ho potuto fare a meno di pensare al significato che questo
numero ha per me, a come l’ho incontrato e a come sto cercando di “incorporarlo”
nella mia vita. Con i mezzi a mia disposizione ho buttato giù alcuni appunti,
che poi mi sono trovata a sviluppare in un’ idea più lineare in un secondo
momento.
Il primo incontro è avvenuto circa tre anni fa nel contesto alle arti
marziali. Ancora prima di entrare nel mondo del Goju-ryu, o per meglio dire di
lambirne la superficie, mi ero informata il più possibile su ciò che stavo per
iniziare a praticare con l’entusiasmo da neofita, e per prima cosa mi sono
ritrovata a guardare i video di quello che era il kata più alto in assoluto di
questo stile. In quel momento, rimasi abbagliata dalla potenza travolgente di
quei movimenti, eseguiti con precisione, velocità misurata e tempistica
perfetta. La bellezza era data dalla “rozzezza” di mosse brevi, primitive,
ancestrali, tuttavia controllate ed incastrate perfettamente l’una con l’altra
per formare un insieme ipnotico di movimenti, più mistico che bellico.
Higaonna Sensei in Suparinpei Kata
A volte le prime impressioni, gli istinti, hanno un fondo di verità che
noi a poco a poco raschiamo via con la razionalità a causa delle sovrastrutture
che ci imprigionano. Agli albori del mio interesse per le arti marziali, prima
ancora di aver mai messo piede in un dojo, fantasticavo di eseguire questo kata
supremo con eccellente perfezione e, per quanto l’idea possa far ridere chiunque
provi ad immaginare la scena, non era del tutto fuori luogo. Questo non perché’
io creda che potrò mai raggiungere un tale livello in vita mia, ma
semplicemente perché’, come molte altre persone che iniziano un particolare percorso
(o cammino) cercando di ritrovare la potenza, la forza e perfino una sana aggressività
dentro di se’, anche io per prima cercavo la pace del cuore (e della mente, e
dello spirito). Il mio istinto aveva capito che per arrivare a compiere quei
gesti incarnandoli anima e corpo, bisogna aver prima raggiunto un livello di
conoscenza e dominio di se’ stessi tale da non essere più vittima di conflitti
interiori.
Così come solo chi porta la spada può dirsi pacifico, solo chi è in
pace con sé stesso può prepararsi a “fare la guerra”. Anche se dubito che chi
sia giunto a tale stato di beata introspezione abbia il minimo interesse a
sprecare il proprio tempo e le proprie energie per combattere contro tutto e
tutti. Insomma, guardare il Suparimpei (il nome giapponese del kata) mi
ispirava un senso di pace più che di battaglia, di liberazione più che di
aggressività.Ovviamente, questo kata
esprime anche una forza esplosiva che traspare in ogni gesto, ed è
indubbiamente una delle più alte espressioni di marzialità, ma guardando a
volte l’espressione serena di chi lo esegue, si direbbe sia più espressione di
una pacata meditazione personale.
Spongia Sensei in Suparinpei Kata
Solo tempo dopo ho appreso a livello cosciente che il Suparimpei ha
veramente a che fare con la pace del cuore. Il numero da cui prende il nome, il
108, è proprio di una serie di tradizioni orientali (quali la medicina
tradizionale cinese, il Buddhismo, l’Induismo e le Scritture Vediche per
nominarne alcune) e si ottiene grazie all’esistenza di corrispondenze
matematiche e filosofiche fra numeri simbolici, i quali moltiplicati fra loro
cercano di ricreare le dinamiche dell’uomo, dell’ universo e delle relazioni
fra di essi.
Un’ ipotesi in chiave buddhista applicata al Karate è che il Suparimpei
racchiuda le 108 passioni da combattere per raggiungere la “pace dei sensi”,
ovvero uno stato di “non-essere” e la conseguente fusione con il cosmo. Il numero in particolare si ottiene in questo
modo: ai 6 fattori (occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e spirito-mente) si
moltiplicano le 3 passioni (piacere, cattiveria e pace), originando il numero
18. Di nuovo si moltiplicano i 6 fattori per fatica, piacere e rinuncia (che
altro non sono che le tre passioni precedenti, ma affrontate ad uno stadio di
conoscenza superiore), ottenendo di nuovo 18 il quale, sommato al precedente,
fa 36. A sua volta, questo numero moltiplicato per 3 (passato, presente e
futuro) equivale a 108. Quando ho letto per la prima volta questa spiegazione,
nonostante ce ne siano sicuramente molte altre, ho avuto l’impressione che descrivesse
bene quanto sia lunga e tortuosa la battaglia contro le nostre tentazioni e
debolezze, e come vada combattuta su tutti i fronti (nello spazio, nel tempo e
contro ogni proiezione delle nostre frustrazioni). Il Suparimpei va praticato
“senza cuore”, inteso però come “mente” (in Giapponese “Shin” significa appunto
sia cuore che mente). Così senza razionalità o pensiero cosciente, senza ego, senza
intenzione, solo col cuore libero e devoto di un vero marzialista.
I numeri utilizzati (3, 18 e 36) ricorrono non solo nelle arti marziali
(e nel Goju-ryu in particolare, dove danno nome ad altri kata intermedi) ma
anche in altre discipline di coltivazione del Sè come ad esempio il Qi-Gong - una
serie di pratiche antichissime collegate alla medicina
tradizionale cinese - in cui alcuni
movimenti che corrispondono a specifici meridiani energetici vengono ripetuti
18 o 36 volte (come per esempio la pratica taoista di battere con forza i denti
per tonificare la zona lombare, detta “koshi” in Giapponese). Il numero tre
invece è forse quello che ricorre più incessantemente nella ripetizione di
svariati esercizi volti a lavorare sul Qi (l’ Energia, il Fuoco sacro, il carburante
invisibile che alimenta l’ Uomo ed il Cosmo). Nel Karate è fondamentale il kata
chiamato Sanchin (Tre Battaglie), il quale può essere inteso semplicemente come
la battaglia per domare sia il corpo che la mente che lo spirito, ma potrebbe
anche significare rivolgere questa battaglia al passato, al presente ed al
futuro, il tutto anche mantenendo l’attenzione alternativamente o
contemporaneamente sui tre aspetti tecnici principali del kata, quali il
respiro, la postura e la tensione muscolare.
Nella tradizione buddhista esiste anche un’altra versione dell’ origine
dei 108 sentimenti o sensazioni. Esistono di base tre modi di percepire (e
porsi verso) la realtà: piacere (felicità), dolore (tristezza), e neutralità.
Si ottengono 18 “impressioni” moltiplicando i 6 sensi di cui sopra per i tre
approcci alla vita, e proseguendo il calcolo come in precedenza, ottenendo le
108 emozioni. Sempre a livello emotivo, il 108 può rappresentare i desideri, le
bugie, o le illusioni che insidiano la pace dell’ uomo. In questo ambito figura
il termine “Dharma” presente sia nel Buddhismo che nell’ Induismo, ad indicare
i “fenomeni” in base ai quali viene percepita la realtà e suggerisce un
percorso di liberazione individuale dalla prigionia dei sensi. Alternativamente
il Dharma può rappresentare le “regole” immutabili dell’ Universo cui bisogna
uniformarsi per entrarvi in armonia (Tao). Se concepissimo l’ Universo come una
serie di leggi matematiche (così come tentarono di spiegarlo le equazioni di
Einstein o i maggiori filosofi dell’antica Cina nel grande classico I-Ching, o
Libro dei Mutamenti) dovremmo imbatterci abbastanza spesso nel numero 108.Ed infatti, il 108 è particolare innanzi
tutto perché è un “numero di Harshad” (“grande gioia” in Sanscrito), ovvero è
divisibile per la somma delle sue cifre. Lungi da me definirlo come una
“costante cosmologica”, ma sembra che il diametro del Sole sia 108 volte quello
della Terra, mentre la distanza media fra i due è circa 108 volte il diametro
del Sole. Ed infine, la distanza media tra la Terra e la Luna è 108 volte il
diametro della Luna.
Ma torniamo sulla nostro pianeta, dove in
ambito linguistico il 108 trova corrispondenza nel Sanscrito, il cui alfabeto è
composto di 108 lettere (54 maschili e 54 femminili), mentre nell’ astrologia
abbiamo 9 pianeti per 12 costellazioni = 108. A livello spirituale, nell’
Induismo esistono 108 divinità, e si dice che l’ Atman, l’anima dell’ uomo,
attraversi 108 stadi durante il suo viaggio nel cosmo. 108 è il numero dei
grani dei mala (rosari conta-preghiere) e della somma dei canali energetici che
confluiscono nel Chakra del Cuore. Quest’ ultimo è raffigurato da un fiore di
loto a 12 petali, ognuno dei quali ha valore di 9.
E dopo esserci convinti che il 108 ha innumerevoli altri significati, possiamo
concentrarci sull’unico che forse può avere un’ applicazione quotidiana in
questo momento dell’anno (e della Storia). In Giappone il nuovo anno inizia
solo dopo i 108 rintocchi della campane che rappresentano i desideri (Bonno) che
tormentano il genere umano. Ogni colpo viene dato solo dopo che quello
precedente si sia completamente dissolto e quando l'eco dell'ultimo rintocco
svanisce. Questa cerimonia nella tradizione serve per purificare i peccati dell' anno
vecchio e a ricominciare "puliti" l'anno che verrà, ma può
anche essere una speranza di mandare in fuga le passioni, i cattivi pensieri,
le delusioni e tutto quanto possa aver contribuito a creare quei desideri.
FONTI:
Swami Jnaneshvara Bharati – Meaning
of 108 beads on a mala