Pubblichiamo un estratto da una lezione tenuta
da Sensei Taigō presso il Tora Kan Dōjō durante la Pratica Zen.
Le lezioni
hanno un carattere colloquiale del quale tener conto durante la lettura.
La Pratica nel Dōjō ha anche
come effetto il rivitalizzare una sensibilità ed un intuito primordiali, arcaici.
Le forme adottate nel Dōjō
costringono, se adeguatamente adottate, a pensare con il corpo…
Pensare con il
corpo non significa dissociare la mente, significa che mente e corpo si muovo
all’unisono, senza più alcuna distanza tra loro.
L’analisi della
situazione che mette in atto la mente sulla base della sua esperienza è
filtrata e raffinata dall’ascolto attraverso il corpo.
Il corpo percepisce
immediatamente spazi, distanze, ritmi, tempi ed energie…
e se la mente è
presente, attenta e unificata con il corpo, immediatamente queste informazioni
vengono elaborate e il risultato sarà un’azione immediata, intuitiva.
Ecco perché nel Dōjō,
quando si è di servizio, quando si agisce, durante il Samu, si richiede sempre
di essere piuttosto rapidi (che non significa affrettati), senza troppi calcoli
… perché si impari più ad intuire che a calcolare.
Ci hanno insegnato che
dobbiamo riflettere, calcolare, valutare e poi, agire.
Una convinzione che deriva dalla scissione che in Occidente si è operata tra la
mente e il corpo. Dalla convinzione, totalmente errata, che la comprensione
della mente può fare a meno dell’intuizione del corpo.
Corpo-mente unificati
possiedono una saggezza profonda che non è solo derivante dalla nostra
esperienza ma che ereditiamo con il nostro dna … un istinto animale.
L’animale nasce già con certi istinti connaturati, l’uomo in breve tempo a
causa dei condizionamenti derivanti dallo stile di vita, dall’educazione… vede
il suo istinto ottuso, smussato, se non addirittura annichilito.
Una volta acquisita questa
sensibilità nel Dōjō, dovremmo essere in grado di applicarla ovunque, in ogni
luogo e situazione. Si tratta di un linguaggio universale, di una capacità
di orientamento, di muoversi nello
spazio, nel tempo, nella relazione universale che nel Dōjō viene estremamente
affinato.
L’attenzione alla
postura e al respiro che esercitiamo in Zazen devono accompagnare costantemente
ogni gesto quotidiano.
Anche nel modo di utilizzare l’energia lo Zazen ci deve essere di guida;
in Zazen siamo rilassati ma allo stesso tempo tonici,
estremamente vigili e presenti, pur essendo all’apparenza immobili siamo
impegnati in un’azione totale, estremamente dinamica.
Mi piace molto il
paragone con il cavalcare: se andate a cavallo e siete troppo rigidi, se non
entrate in sintonia con il ritmo ed il movimento dell’animale, sarà molto
impegnativo, faticoso e doloroso per entrambi.
Ed è spesso quello che
accade nella nostra vita, non siamo in sintonia con le situazioni, con il loro
ritmo e allora rimbalziamo duramente come sulla sella di un cavallo senza
armonizzarci con il loro ‘movimento’.
Ma se pur essendo
rilassati, saremo vigili, dinamici ed energici, proprio come richiede il
cavalcare, ci sarà forza ma anche gentilezza, delicatezza, energia e fermezza…
Essere rilassati e nello
stesso tempo tonici e forti... sono tutte qualità che se guardate bene
esercitiamo in Zazen.
Lo Zazen insegna a ‘cavalcare’
il momento, ‘cavalcare la vita’, che non ha a che vedere con il dominio ma con
l’entrare in armonia.
Cavallo e cavaliere
diventano una cosa sola, noi e la vita diveniamo uno.
© Tora Kan Dōjō