I caratteri che
compongono il titolo del V capitolo dello Shūshōgi esprimono chiaramente come
la pratica quotidiana debba essere espressione della nostra gratitudine e come,
di conseguenza la nostra gratitudine renda viva e preziosa la pratica
quotidiana.
Costante esercizio e
grata benedizione.
26. A noi soli di
questo mondo è d’uso
l’sorgere dello spirito
del risveglio.
Ora ch’avuta la fortuna
rara
di essere nati in
questo mondo
e d’incontrare
Shakyamuni Buddha
quale gioia più grande
mai potremmo avere?
27. Se in questo
nostro tempo
il vero Dharma sparso
non foss’ancor nel
mondo,
noi incontrarlo mai
potremmo,
anche in sacrificio
offrendo
la nostra stessa vita.
Noi ch’invece il buon
Dharma
incontrato in questo
tempo abbiamo
far questo voto
dovremmo.
Sappiam forse quel che
Buddha disse:
“incontrato ‘l maestro,
che ‘l supremo
risveglio insegna, della sua nascita, del suo aspetto,
degl’errori, della
condotta suoi
non ti curare e guarda
invece
alla sua grande
sapienza
e grazie rendi a lui
con reverenza tre volte
‘l giorno
e fa che mai sia
turbato”. (1)
Anche l’ultimo capitolo
dello Shūshōgi si apre richiamando la nostra attenzione sulla grande, rara
fortuna, dell’esser nati in forma d’uomini e in particolare sulla grande
fortuna che ci ha arriso nell’aver avuto, durante la nostra vita, l’occasione
dell’incontro col Dharma del Signore Buddha.
Fortuna che non è tanto
dipesa da noi, dal nostro sforzo, dalla nostra ricerca.
Il sacro può solo
investirci quando e dove meno ce lo aspettiamo.
Una trasmissione che è
resa possibile dalla pratica, dal sacrificio dei Buddha Patriarchi.
L’incontro con il
Maestro, testimone incarnato di questo sforzo e sacrificio è la grande, rara,
preziosa, occasione da non sciupare.
Testimone come poteva
esserlo S.Paolo che non aveva conosciuto Gesù ma è considerato a tutti gli
effetti suo Apostolo.
Testimone, da
superstes, è colui che sopravvive come testimone della divinità.
Non è dunque tanto
importante essere stati ‘testimoni oculari’, ricercare le prove, che è la
grande debolezza della Chiesa Cattolica oggi ma, nella con-versione, che è vera
resurrezione, si diviene testimoni e si testimonia attraverso il rito.
Il rito è
testimonianza, lo Zazen è rito e testimonianza del Risveglio di Shakyamuni.
Nella lettera ai
Corinzi S.Paolo scrive:
“Se i morti non resuscitano,
nemmeno Cristo è resuscitato. Se Cristo non è resuscitato la vostra fede è
vana…”
“…Colui che crede di sapere qualcosa non ha ancora conosciuto come si
deve conoscere”
Perché il vero
conoscere non ha niente da spartire con le prove, con la visibilità, con la
razionalità, col sapere empirico concettuale. (2)
della sua nascita, del
suo aspetto, degl’errori, della
condotta suoi non ti curare.”
Il Maestro Taiten ha
insegnato:
“…Quando vi affidate all’educazione
zen è sciocco pensare di aver bisogno di un grande maestro, perché anche il
grande maestro, sciocco o avveduto che sia, solo il discepolo può vederlo come
Grande Maestro, Hon-shi. Solo un umile discepolo incontra il Grande
Maestro.
E’ la specificità,
l’unicità, l’esemplarità. Non c’entrano le comparazioni o le
valutazioni.” (3)
E’ il Kannōdōkō che
dobbiamo evocare e a cui dobbiamo affidarci.
Kannōdōkō può essere
tradotto come: ‘restituzione reciproca di un sentimento’, quella corresponsione
con la Mente di Buddha che incontriamo e di cui facciamo esperienza
nell’Insegnamento del Maestro.
Si tratta dunque di
avere la pretesa di incontrare un chissà quale grande maestro ma di saper
cogliere l’essenza da questo incontro.
La chiave per cogliere
l’essenza è la comune esperienza dello Zazen.
Non si tratta di uno
scambio tra due persone differenti tra loro ma di un’armonia istantanea e non
duale nel pensare, sentire e agire che è vissuta come un accadere unitario e
che penetra nel profondo delle cellule.
28. Ora, veder
Buddha, udir ‘l suo Dharma
viene dalla benedizione
giunta a noi attraverso
l’esercizo continuo
dei Buddha e
Patriarchi.
Se ‘l Dharma dei Buddha
e Patriarchi
tramandato non fosse,
come a noi giunto mai
sarebbe?
Grati esser dovremmo
per la benedizione
anche di un solo verso
e la benedizione di un
solo Dharma.
E quanto più ancora
per la grande
benedizione:
del buon Dharma la
preziosa visione,
l’impari grande Dharma.
Grato con gl’anelli dei
tre ministri
il passero ferito
la benedizione non
dimenticò
E grata con il sigillo
di Yubu
la tartaruga preda
nella rete
la benedizione non
dimenticò.
Se anche le bestie san
render grazie,
come noi, uomini di
questo mondo,
ignorarlo potremmo?
29. Altro non c’è
che il render grazie;
e solo nell’esercizio
continuo
d’ogni giorno,
s’esprime il render grazie
e corre la vera via;
il senso del principio
è nella vita dolce
e quieta d’ogni giorno
di sé, di noi
dimentichi. (4)
A pensarci bene, quale
straordinaria occasione ascoltare il Dharma a distanza di 2500 anni.
Senza lo sforzo
assiduo, la testimonianza diretta, dei Maestri e Patriarchi che, di generazione
in generazione, hanno tramandato sino a noi la parola del Signore Buddha, oggi
non avremmo questa occasione di salvezza.
Il nostro fortunato
karma si lega al loro e ci offre l’incontro con Shakyamuni Buddha
nell’Insegnamento del Maestro.
Se anche gli animali
sono capaci di gratitudine quanto più noi dovremmo essere capaci di esprimere
ogni giorno la nostra gratitudine per la benedizione ricevuta.
E come esprimere
pienamente questa profonda gratitudine?
Con il nostro
esercizio.
Con l’esercizio
continuo di ogni giorno (Gyōji) che ci restituisce, simultaneamente, la pace e
la dolcezza che scaturiscono dall’abbandono di sé.
Sambhogakāya, il corpo
di godimento, nell’esercizio, diviene il nostro stesso corpo.
La pace del Buddha che
opera nelle nostre vite e che assaporiamo nell’esercizio.
Non c’è Risveglio fuori
dall’esercizio né esercizio fuori dal Risveglio.
30. L’ombra, la
luce rapida incalza,
la vita, ‘l corpo
effimera rugiada.
Qual buon abil’
espediente ritorna
anche un solo giorno
ch’è trascorso?
Invano vivere
cent’anni, giorni
e mesi di rimpianti;
null’altro che un sacco
pietoso d’ossa e amaro.
Ma anche se per
cent’anni di brame
prede e schiavi vissuto
abbiamo,
un solo giorno
d’esercizio continuo
non ritorna solo
quest’esercizio
in questa vita di cent’anni,
ma salvezza nei
cent’anni d’un’altra vita.
La vita d’un sol giorno
son vita e corpo
d’avere cari,
un pietoso sacco
ch’onor domanda,
un corpo, una mente
che grato amor richiede
ché l’esercizo continuo
provvede.
E’ ‘l nostro esercizio
continuo che
dei Buddha l’esercizio
manifesta
e dei Buddha la gran
via
ovunque giungere fa.
Ogni giorno d’esercizio
continuo
è seme d’ogni Buddha,
l’esercizio continuo
d’ogni Buddha. (5)
Non c’è da perdere
nemmeno un istante di questa preziosa vita, di questo raro e prezioso corpo,
per cogliere l’essenza ed esprimere attraverso di essi la nostra gratitudine.
La vita passa ad una
velocità folgorante e non si deve rischiare di farla trascorrere invano.
Vivere, senza
l’orizzonte di senso dato dall’esercizio, dalla pratica, dal meditare la vita
attraverso l’azione, rischia di vederci invecchiare miseramente come un misero
sacco d’ossa.
Parlando degli anziani
genitori il maestro Taiten mi ha detto:
|
F.Taiten Guareschi |
‘senza meditazione si
rischia di invecchiare malamente e rendere in qualche modo inutili gli sforzi
di una vita di lavoro’.
“…Tutti gli istanti che
viviamo dobbiamo viverli storicamente, ovvero ognuno con il suo peso,
irripetibile e allo stesso tempo indistricabile da tutti gli altri. Ogni
momento è grave di forma. …
Quando siamo giovani
dovremmo studiare, meno giovani dovremmo lavorare per noi e per gli altri,
ancora meno giovani lavorare soprattutto per gli altri, e nell’inverno della
vita non lavorare né per noi né per gli altri. L’età della vecchiaia è anche
chiamata età della liberazione, dell’emancipazione, gedatsu: lasciare
questo mondo in punta di piedi, liberi, senza fardelli inutili…” (6)
Anche una vita
consumata nello sforzo non concede una dolce vecchiaia se alla base di questo
sforzo non c’è il vasto orizzonte della meditazione, della fede, del dono di sé.
Quale frutto sta
raccogliendo la generazione che ha pensato che i figli andavano cresciuti
protetti da ogni sforzo e privazione? Che ha consacrato una vita di lavoro solo
a questo fine? Che non ha saputo offrire alla generazione successiva una
prospettiva più ampia di quella del benessere, del consumo e della vacanza
estiva?
Il frutto, sotto gli
occhi di tutti, è una generazione incapace di apprezzare il dono della vita,
malata di individualismo e materialismo, all’avida ricerca di soddisfazione di
bisogni, una generazione che ha bisogno di sonniferi per dormire, di pillole
per divertirsi e far l’amore, di stordirsi con alcol e droghe per poter
esprimere qualche emozione e, soprattutto, una generazione patologicamente
incapace di esprimere gratitudine perché tutto è dovuto e i diritti individuali
si sono moltiplicati a dismisura mentre i doveri sono quasi estinti.
E molto del sentimento
di gratitudine viene dalla consapevolezza di essere debitori di un debito
inestinguibile che ci muove alla ricerca di una moneta degna di tale debito, di
un’azione che “riesca a riempire l’inesorabile minuto che non perdona con una
profondità che valga i sessanta secondi” come recita Kipling nella sua poesia
dedicata al figlio.
Fino a pochi anni fa
sarebbe stato motivo di vergogna iniziare un pasto senza un gesto, una
preghiera di ringraziamento, oggi, ci si vergogna anche ad inginocchiarsi in
chiesa.
“E’ un peccato vivere
su una montagna di tesori e non poterla vedere” (7)
“Il Buddha vide questo
mondo di inquietudine come magnifico e sereno” (8)
L’incontro con
l’Insegnamento del Signore Buddha, può liberarci da questa condizione
patologica, scuoterci da questa anestesia da abbondanza.
31. Ogni Buddha è
Shakyamuni Buddha.
Shakyamuni Buddha è
questa mente ch’è
Buddha.
I Buddha dei tre tempi
quando insieme Buddha
diventano,
Shakyamuni Buddha
sempre diviene.
Questo è questa mente
che è Buddha.
L’indagar profondo
questa mente che è
Buddha
è il vero render grazie
alla benedizione d’ogni
Buddha. (9)
Così come il Dharma è
l’occasione preziosa della nostra salvezza:
“ Una sola parola
d’Insegnamento dissipa ogni illusione” (10)
Altrettanto, noi, con
la nostra vita, in qualunque condizione si esprima, siamo l’occasione di
Buddha.
Con noi e attraverso
noi i Buddha e Patriarchi proseguono nel loro ininterrotto esercizio a
beneficio di ogni esistenza.
Ogni circostanza è
tempo e luogo della nostra pratica, non esistono circostanze favorevoli o
sfavorevoli, ogni momento è occasione di vivere nel voto.
|
Paolo Taigō Spongia riceve l'Ordinazione
Monastica Zen Sōtō dal Maestro F.Taiten Guareschi (Fudenji 2002) |
“Il potere della prassi
assidua protegge noi stessi e gli altri. Fondamentalmente, la nostra prassi
assidua pervade cielo e terra, e influenza ogni cosa con il suo potere; ciò
avviene anche se noi non ne siamo consapevoli. Dunque, la nostra prassi assidua
scaturisce dalla prassi assidua di tutti i Buddha e i patriarchi; è così che
possiamo conseguire la grande Via. La prassi assidua di tutti i Buddha
scaturisce dalla nostra prassi assidua, e tutti i Buddha conseguono la grande
Via.” (11)
“Tutto quello che
facciamo con impegno e condivisione è ciò che nutre Hōnjin, il corpo di gloria
e retribuzione. Più prestiamo attenzione e abbiamo cura, più siamo curati e
attesi.
Per questo rivolgiamo pensieri, sforzi, parole grate ai padri e ai
padri dei padri, perché i loro amorevoli sacrifici non vadano perduti invano.
Se riflettiamo con un po’ di umiltà, ci accorgiamo che nelle nostre mani
abbiamo tanto del passato e più facciamo attenzione, più ci discipliniamo, più
avvertiamo questo, tanto più ci sentiamo assistiti” (12)
Nell’esercizio
quotidiano indaghiamo questa mente che è Buddha
che è il vero render grazie
alla benedizione di ogni Buddha.
NOTE AL TESTO
(1)
Shushōgi, traduzione ad opera del Maestro F.Taiten Guareschi, da Shushōgi testo
e commenti, Istituto Italiano zen Sōtō
(2)
Beppe Sebaste : ‘Paolo Testimone ingannevole’ pubblicazione ad uso del
Seminario Teologico Istituto Italiano Zen Soto
(3)
Insegnamento del Maestro F.Taiten Guareschi, da Kusen, voce che ascolta- Aprile
2009
(4)
Shushōgi, traduzione ad opera del Maestro F.Taiten Guareschi, da Shushōgi testo
e commenti, Istituto Italiano zen Sōtō
(5)
Shushōgi, traduzione ad opera del Maestro F.Taiten Guareschi, da Shushōgi testo
e commenti, Istituto Italiano zen Sōtō
(6)
Insegnamento del Maestro F.Taiten Guareschi, da Kusen, voce che ascolta- Aprile
2009
(7)
Dōgen Zenji, Keisei Sanshoku, Shōbōgenzō, ed. Pisani
(8)
Dōgen Zenji, Keisei Kenbutsu, Shōbōgenzō, ed. Pisani
(9)Shushōgi,
traduzione ad opera del Maestro F.Taiten Guareschi, da Shushōgi testo e
commenti, Istituto Italiano zen Sōtō
(10)
Dōgen Zenji, Keisei Kenbutsu, Shōbōgenzō, ed. Pisani
(11)
Dōgen Zenji, Gyōji, Shōbōgenzō, ed. Pisani
(12)
Insegnamento del Maestro F.Taiten Guareschi, da Kusen, voce che ascolta- Aprile
2009