“Oggi ci sono in giro molte persone che non erano
associate al Fondatore mentre lui era in vita, che ne parlano come se gli
fossero state molto vicine. Costoro si vantano del tempo da loro trascorso con
lui basandosi su informazioni provenienti da biografie di vario genere;
informazioni, queste, che hanno poca somiglianza con l’effettiva verità”.
Queste e molte altre rivelazioni sugli anni finali di Morihei Ueshiba hanno
reso Gaku Homma, ultimo uchideshi di O’Sensei a Iwama, un personaggio
“indigeribile” dall’establishment dell’Aikido mondiale
Negli ultimi anni della sua vita, il Fondatore
dell’Aikido Morihei Ueshiba visse nel dojo del Santuario di Aiki a Iwama, in
Giappone. Rimase a Iwama fino alla fine della sua vita, quando venne trasferito
presso l’Hombu Dojo di Tokyo per ricevere un trattamento medico più intensivo a
causa dei suoi disturbi al fegato. Durante quegli ultimi anni, il Fondatore
soffriva dei numerosi segni dell’invecchiamento mentale; scarsa memoria,
irascibilità, disorientamento e in quegli anni di declino riceveva ben pochi
visitatori.
La defunta signora Kikuno Yamamoto e io, che vivevamo
con il Fondatore, sua moglie e la famiglia del defunto Morihiro Saito Shihan,
che viveva a mezzo isolato di distanza, eravamo le persone che si prendevano
cura del Fondatore negli ultimi anni all’Iwama Aiki Shrine dojo.
Oggi ci sono in giro molte persone che non erano
associate al Fondatore mentre lui era in vita, che ne parlano come se gli
fossero state molto vicine. Costoro si vantano del tempo da loro trascorso con
lui basandosi su informazioni provenienti da biografie di vario genere;
informazioni, queste, che hanno poca somiglianza con l’effettiva verità. Alcuni
di questi narratori che si definiscono uchideshi (allievi che vivono
nel dojo) del Fondatore erano in realtà shidoin o candidati
istruttori che a quel tempo erano stati assunti dal defunto Kishomaru Ueshiba
(il figlio del Fondatore). Questi shidoin vivevano a Tokyo in pensioni
economiche vicino all’Hombu Dojo. Non erano uchideshi; ai tempi del Fondatore
il vero Uchideshi non aveva mai ricevuto uno stipendio.
Kikuno e io eravamo i veri custodi del Fondatore; gli
facevamo il bagno, gli pulivamo la dentiera, gli tagliavamo i capelli e
mangiavamo insieme. Eravamo gli O soba tsuki, i custodi personali
privati del Fondatore Ueshiba.
Una volta, dopo essere tornato da una passeggiata a
tarda notte, il Fondatore si sedette in Seiza rivolto in direzione di Tokyo.
Kikuno e io eravamo vicini, nel caso in cui il Fondatore avesse bisogno di
assistenza. Cominciò improvvisamente a gemere, esprimendo uno stato emotivo di
rabbia, frustrazione e dolore per molti minuti. Alla fine di questa esplosione
di emozioni si girò verso di noi in cerca di conferma e comprensione e ci
chiese di aiutarlo ad alzarsi. Non capivo del tutto i motivi per cui il
Fondatore si lamentava, ma lui sapeva che l’Aikikai, l’organizzazione che aveva
creato, dopo la sua morte si sarebbe frammentata. Ricordo ancora i
nomi di quelli che criticava più spesso. Spaventati, gli facemmo un gesto di
accordo e ci sforzammo per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Gaku Homma fu uchideshi a Iwama tra il 1964 e il 1969
Mi sorprende sempre quando leggo o vedo resoconti
scritti sul Fondatore in cui si afferma che il Fondatore pronunciò “parole
divine” o compì “atti miracolosi”. Nella mia esperienza personale, la maggior
parte di queste storie era basata su comportamenti del Fondatore associabili
alla demenza mentale negli anziani. Non sono un medico, quindi non sono sicuro
di come la sua condizione si sarebbe potuta chiamare in una diagnosi moderna,
ma nella mia esperienza alcuni dei comportamenti del Fondatore erano
semplicemente quelli di un uomo molto anziano con segni di rampante demenza.
Si sentono raccontare storie del tipo che talvolta il
Fondatore parlava con un tono così potente che persino gli shoji (tende
da finestra in carta giapponese) avrebbero riecheggiato e tremato. La verità
era che gli shoji che erano stati installati negli alloggi del
Fondatore nei suoi ultimi anni erano fatti di una nuova plastica, al tempo di
moda, che non si strappava facilmente come gli shoji di carta. Questo
nuovo materiale vibrava ed emetteva suoni forti anche solo
battendoci vicino le mani. Era la plastica a causare la vibrazione,
non il “potere divino” attraverso la voce del Fondatore.
C’è un’altra storia sui “poteri speciali” del
Fondatore. Si tratta di un racconto secondo il quale il Fondatore era in grado
di spostare le persone con il suo Ki. A volte un qualche uchideshi stava
facendo un massaggio shiatsu al Fondatore sulla schiena, mentre lui
sedeva in seiza nel dojo. Si racconta che quando lo aveva
toccato, lui avrebbe spostato l’uchideshi da una parte all’altra del
pavimento con la forte energia del suo Ki. Si trattava in realtà di un
trucco basato sulle leggi della fisica con cui il Fondatore soleva divertirsi.
Il tipo di tessitura dei tatami che ricoprivano il pavimento del dojo era
bi-direzionale. In una direzione, qualsiasi corpo seduto avrebbe incontrato
resistenza da parte delle fibre del tessuto e avrebbe aiutato a mantenere la
propria posizione. Nella direzione opposta, un corpo seduto avrebbe scivolato
lungo il tessuto intrecciato. Così chiunque si fosse seduto dietro al Fondatore
nel punto del dojo dove era solito ricevere questi massaggi, sarebbe scivolato
all’indietro lungo la direzione scivolosa della trama del tatami nel momento in
cui applicava la pressione in avanti con le braccia estese. Soprattutto per me,
dato che ero più alto del Fondatore, l’angolo delle mie braccia e delle mie
mani sarebbe stato rivolto verso il basso, accentuando il potenziale di
scorrimento quando spingevo in avanti. Era il tatami, non un qualche potere
speciale, a far muovere l’uchideshi e il Fondatore lo prendeva in giro
scherzosamente mentre scivolava e slittava via.

Queste storie di “poteri speciali del Fondatore” sono
state messe in giro da persone che ovviamente non erano presenti. Sono storie
che iniziano con un granello di verità e vengono fatte esplodere in proporzioni
fantastiche. Quelli che credono e ripetono queste storie lo fanno senza
conoscere i fatti e talvolta lo fanno solo per loro guadagno, personale o
finanziario.
In compenso ho visto un paio di storie sul Fondatore
che sono vere!
La mattina di un festival mensile presso il Santuario
Aiki di Iwama, il Fondatore spostò da solo un ishi usu (mortaio
di pietra) che nessuno degli uchideshi riusciva a smuovere…
Questa storia non posso spiegarla.
Posso anche testimoniare personalmente delle storie
sul Fondatore che “divideva la folla” alla stazione ferroviaria di Ueno a
Tokyo, mentre marciava con incredibile rapidità dal binario alla stazione dei
taxi. Come suo otomo, o uchideshi addetto ad assisterlo nei
suoi viaggi a Tokyo, di solito finivo per ritrovarmi ben indietro rispetto al
Fondatore, cercando disperatamente di stargli appresso. Ero solo un ragazzo di
campagna e spesso ero carico di sacchi di verdure e altre vettovaglie
acquistate a Tokyo. Inoltre mi occupavo sempre di portare
la grande borsa in pelle da medico che tanto piaceva al
Fondatore; era una borsa che aveva ricevuto in regalo durante il suo primo viaggio
alle Hawaii. Il Fondatore procedeva così velocemente che non riuscivo a stargli
dietro, mentre camminava eretto e pieno d’energia dal binario del treno
attraverso la stazione. Il modo in cui tutti si facevano naturalmente da parte
era sempre piuttosto sorprendente. Questa era davvero la forza vitale del
Fondatore o Ki Haku Ryoku. Gli istruttori dell’Aikikai Hombu Dojo
normalmente vedevano il Fondatore come un uomo fragile e anziano. Avevano
difficoltà nel credere che il Fondatore potesse marciare con forza attraverso
la stazione di Ueno con il suo bastone tenuto davanti a lui più come un bokken
che come un supporto per camminare…
Un’altra caratterizzazione del Fondatore che so essere
vera, almeno nei suoi ultimi anni in cui ho ricoperto il ruolo di uchideshi,
è stato il fatto che il Fondatore non portava mai denaro con sè o addirittura
un portafoglio. La moglie del Fondatore e l’otomo che lo accompagnava si
prendevano sempre cura di tutte le transazioni in denaro di cui il Fondatore
dovesse aver bisogno.
In diverse occasioni, il Fondatore annunciava senza
preavviso di volersi recare presso l’Aikikai Hombu Dojo a Tokyo. La prima sfida
era sempre la negoziazione tra il Fondatore e sua moglie a proposito del denaro
per il viaggio. Inizialmente lei gli dava circa 10.000 Yen (a quel tempo, circa
$ 33,00 USD) per i biglietti del treno e per il taxi. Conoscendo il Fondatore
ed sapendolo essese una persona piuttosto frugale, non gli dava mai più di
quanto avessero negoziato nel primo giro di trattative, fino a quando non fosse
iniziato il secondo round di negoziati. Il Fondatore chiedeva sempre di più e
otteneva la seconda metà della sua indennità solo dopo un bel po’ di
contrattazioni fra i due.
Un giorno mia sorella era venuta a trovarmi e avendo
assistito a queste trattative, mi chiese sussurrando se l’indennità sarebbe
stata sufficiente. La moglie del Fondatore quel giorno lo sorprese
dandogli 5000 yen in più, cosa che fece molto piacere al Fondatore.
Mia sorella fu sorpresa dal fatto che un così grande artista marziale
fosse a tal punto sotto il completo e amorevole controllo di sua
moglie.
Le nostre indennità di viaggio sparivano sempre
piuttosto alla svelta. Nel treno il Fondatore comprava caramelle e arance in
regalo per estranei che aveva incontrato durante il viaggio. Dopo il treno e il
taxi a Tokyo, il Fondatore si fermava sempre anche presso la filiale di Tokyo
dell’Omoto Kyo. Era sempre molto generoso; dava la mancia all’usciere, agli
addetti alla reception e mi ordinava di lasciare una donazione sullo shinden (altare).
Una volta arrivato il momento di dirigersi verso l’Hombu Dojo, di solito ero
già rimasto senza i soldi della nostra indennità di viaggio! A quel punto il
Fondatore in persona si metteva a convincere il tassista a portarci
all’Hombu Dojo sulla parola, mentre era sempre mio compito correre
nell’ufficio dell’Hombu Dojo per farmi dare i soldi per l’autista del
taxi! Gli impiegati dell’ufficio mi prendevano in giro dicendomi che avevo
lasciato il Fondatore in pegno dentro al taxi.
Homma sensei siede sui gradini dell’Iwama dojo
Il Fondatore era sempre molto generoso con gli altri e
non poteva concepire l’idea del risparmio. In più di un’occasione per
tornare a casa mi sono trovato a dover usare i miei fondi o a
prendere denaro in prestito dal proprietario di un ristorante della
mia città natale che viveva vicino al dojo di Iwama.
In quegli ultimi anni, quando dei visitatori venivano
a trovare il Fondatore, di solito chiedevano a me o a Kikuno come si sentiva il
Fondatore, o come era il suo umore quel giorno, prima di decidere se vederlo di
persona o solamente lasciare un’offerta nel santuario del dojo. Anche quando
gli ospiti dovevano incontrare il Fondatore di persona, faceva parte del
galateo del dojo che tutti i visitatori lasciassero una donazione o un regalo
sul santuario. Non si facevano mai regali direttamente al Fondatore. Oltre ad
una questione di etichetta, questo fatto aveva un motivo. Il Fondatore non ha
mai ricevuto in modo diretto una donazione o un onorario per uno dei suoi
lavori di calligrafia, o per il suo insegnamento, o addirittura per le quote
dei suoi uchideshi.
Ai tempi del Fondatore, i suoi allievi non pagavano
“quote mensili” come fanno normalmente gli allievi qui negli Stati Uniti. In
Giappone l‘onorario per il keiko (pratica) si chiama sokushu ed
era un contributo o una donazione fatta solamente da coloro che potevano
permetterselo. Secondo il defunto Morihiro Saito Shihan, quegli uchideshi del
Fondatore che non potevano permettersi di fare una donazione in denaro potevano
portare verdure dal proprio orto di famiglia, pesce appena pescato, o uova
fresche, o galline dalle loro fattorie di famiglia. Tutti questi doni venivano
offerti per mostrare gratitudine solo se si era in grado di poterli fare e
tutte le offerte venivano sempre lasciate nel santuario del dojo.
Il concetto di offrire doni a un maestro non è nuovo,
ma ai tempi del Fondatore questi doni venivano sinceramente offerti per
dimostrare il proprio apprezzamento per il suo insegnamento. Al giorno d’oggi,
solitamente costosi regali vengono consegnati in camion
refrigerati direttamente a casa di un qualche insegnante, nella speranza
di ottenerne il favore.
Durante i miei giorni con il Fondatore tutte le
donazioni venivano lasciate dagli ospiti nel santuario come offerte per gli
Dei. I doni monetari venivano chiamati tamagushi, mentre le offerte
in beni materiali erano chiamate osonae. Tutti i doni venivano
accuratamente registrati da Kikuno e successivamente riferiti di seconda mano al
Fondatore. Eventuali donazioni di natura monetaria venivano gestite dalla
moglie del Fondatore. Il Fondatore non ha mai
ricevuto direttamente donazioni o regali, e durante gli anni in cui
lo ho frequentato, non ha mai partecipato a trattative su prezzi o ad affari
finanziari di alcun tipo.
Dal momento che il Fondatore non accettava
direttamente soldi per il suo insegnamento, gli uchideshi organizzavano
una cassa comune e lasciavano una donazione di gruppo nel santuario con il
pretesto di donare soldi da utilizzare per un nuovo tatami, o per riparare una
finestra, o riparare il tetto. In questo modo, gli uchideshi erano in
grado di contribuire alle finanze necessarie al vivere quotidianamente con il
Fondatore di Iwama.
Il Fondatore disse: “La mia vita e il mio lavoro fanno
parte della mia missione datami da Dio“, quindi non si faceva dare denaro per
il suo insegnamento. Credo che questo fosse vero, ma il Fondatore era anche
consapevole dei pericoli che i soldi possono comportare. Ricevere direttamente
una donazione significa essere in obbligo; e il Fondatore evitò magistralmente
questa possibilità. Guardando la nostra comunità mondiale di Aikido oggi, mi
rendo conto della saggezza della posizione del Fondatore a quel tempo. Il
denaro e la sua ricerca hanno avuto la funzione di veleno che ha fortemente
influenzato il nostro mondo dell’Aikido odierno.
Quando vivevo a Iwama, anche io offrivo la metà dei
soldi che la mia famiglia mi dava al Fondatore. Il Fondatore mi disse “Jiisan
wa mo iran“, che significa “Questo vecchio non ne ha più bisogno” e me li
restituiva prontamente. Dato che vivevo, mangiavo e imparavo a Iwama dal
Fondatore, mi sentivo a disagio a vivere lì senza pagare qualcosa. Anche se
lavoravo duramente ogni giorno, volevo comunque offrire il mio contributo.
Chiesi a Morihiro Saito Shihan cosa fare e, seguendo i suoi consigli, compravo
prodotti di uso quotidiano come carta velina e detergente e li lasciavo nel
santuario perchè gli altri li usassero. Usavo inoltre le mie risorse per
aiutare a coprire le spese extra durante i viaggi all’Aikikai Hombu Dojo a
Tokyo con il Fondatore.
Solo 20 anni più tardi Morihiro Saito Shihan mi disse:
“A quel tempo, il Fondatore era piuttosto povero”. Questo era un qualcosa di
cui non mi ero mai reso conto quando il Fondatore era in vita. Saito Shihan mi
disse: “Homma kun, quelli sono stati momenti difficili anche per te”.
Ho imparato una lezione importante. Dal momento che il
Fondatore non accettava direttamente soldi, i suoi uchideshi si
servivano della loro creatività per procurarsi scorte e svolgere le proprie
faccende attraverso il donare il loro tempo e lavoro. Questo fatto mise gli
allievi nella condizione di lavorare assieme e alla fine ha creato un dojo più
forte. Dal momento che non esisteva un sistema di pagamento diretto, il tutto
divenne più simile a un’operazione a conduzione familiare. Anche questo l’ho
sempre ricordato.
In Asia c’è una popolare setta buddista chiamata
Theravada. È tradizione che i sacerdoti di questa setta non ringrazino mai per
le offerte che vengono loro date. Perché? Questi sacerdoti ritengono di essere
solo dei canali tra la gente e il Buddha e ricevano doni dalle persone solo per
trasmetterli al Buddha. Le donazioni non sono per loro; le donazioni sono per
il Buddha. Anche il Fondatore seguiva questa linea di pensiero.
Un’altra ragione per cui i sacerdoti buddisti in Asia
non ringraziano per le donazioni è per impedire alla persona che offre la
donazione di ricercare un qualche beneficio o riconoscimento del proprio dono.
Ricordo di essere rimasto un po’ confuso quando iniziarorono le attività AHAN, nel corso dei nostri
primi viaggi in Asia, quando le donazioni che facevamo ai sacerdoti non
venivano riconosciute in modo diretto o sembravano non venir apprezzate dal
destinatario.
Alla fine ho capito che anche ricevere le nostre
offerte veniva concepito come un dono per Buddha, non per loro stessi. Questo
era anche il pensiero del Fondatore. Verso la fine della sua vita, il Fondatore
si rese conto che non aveva bisogno di donazioni dirette o di alcun beneficio
attraverso di esse. (…)
Fonte
© Tora Kan Dōjō
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