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Saggio dimostrativo 2007 IOGKF Italia: dimostrazione bambini. |
Riceviamo con piacere un interessante contributo dalla cintura nera shodan Domenica Pietrucci del Tora Kan Dojo, Psicologa clinica.
Questo articolo è
finalizzato a mettere in evidenza i punti di contatto tra la pratica Marziale e
la Psicoterapia. Essendo io una psicoterapeuta Gestaltista che pratica il
Karate-do da anni, mi sono interessata con passione a questa tematica.
Durante la pratica al
dojo avevo spesso intuito che alcuni esercizi in particolare potessero
risultare estremamente efficaci in un contesto di terapia, quindi mi sono
documentata scientificamente ricercando studi e pubblicazioni sull'argomento.
Ho piacevolmente scoperto un vasto universo che metteva in evidenza l'efficacia
delle arti marziali nella psicoterapia in svariate popolazioni cliniche. Inoltre,
nella mia personale pratica terapeutica ho, con un pizzico di coraggio,
gradualmente proposto degli esercizi mutuati dal contesto delle arti marziali.
Secondo la Scuola a cui faccio riferimento (la Gestalt Psicosociale) esercizi e tecniche stimolanti il corpo (ad esempio
amplificare un determinato gesto, mettere in scena una situazione, rappresentare con il corpo un'emozione)
costituiscono un potente elemento di consapevolezza terapeutica, ed il loro utilizzo è fortemente consigliato.
Mi è stato facile quindi integrare e adattare alcuni esercizi sul controllo del
corpo e della respirazione nelle sedute di psicoterapia.
Come precedentemente
accennato, i benefici della pratica delle Arti
Marziali in termini di equilibrio psico-fisico sono ben documentati
nella ricerca scientifica. E’ un dato ormai acquisito che l’attività corporea,
realizzata in percorsi strutturati (sportivi o non sportivi), determini molteplici
benefici sul piano fisico. I vantaggi psicologici sono altrettanto ben
documentati (Antonietti, 2010).
Nell’ambito delle Arti
marziali, Bennet (2009) mette in evidenza come, la loro pratica, abbia degli effetti
estremamente positivi riguardo la capacità empatica, una maggior consapevolezza
dei propri bisogni e un generale aumento nella gestione dell’emozionalità
negativa.
Secondo Bennet, la
pratica marziale consente di:
- creare una positiva
immagine di sé stessi (sperimentare le proprie capacità,valutare i propri
progressi, aumento dell’autostima)
- acquisire
consapevolezza della natura umana (interazione con altri, maturazione emotiva,
uso di comunicazione non verbale, sperimentare l’empatia, prendersi cura
dell’altro)
- sperimentare relazioni
significative (rapporti collaborativi, impegno per raggiungere una meta,
rispetto della forma)
- usare la moderazione,
il giudizio e il discernimento (riconoscere i valori etici che stanno dietro
alle regole del vivere sociale)
- rafforzare il coraggio
(ardimento, perseveranza, controllo delle reazioni).
Inoltre, benefici
della pratica delle arti marziali in popolazioni cliniche quali bambini con
ADHD, disturbo Oppositivo Provocatorio, Disturbi della condotta, Disturbi
pervasivi dello Sviluppo, Disturbi inerenti all’area dell’ansia-depressione, è
ben documentata nella ricerca (Luccherino et al.,2012).
Queste evidenze
scientifiche mi hanno indotta ad ipotizzare che, nell'esperienza Psicoterapeutica, alcuni esercizi
mutuati dalle arti Marziali possano essere estremamente efficaci per aiutare i
pazienti a risolvere le proprie aree di problematicità.
In particolare,la
Psicoterapia della Gestalt si fonda sul
principio secondo cui, un io armonico, debba essere in equilibrio con il
proprio corpo e la propria mente e possa essere in grado di ascoltare i propri
bisogni, centrando le energie esistenziali sul presente e superando così sia
l’ancoramento verso il passato, sia le proiezioni verso il futuro.
L'importanza del corpo nella terapia gestaltica, il
coinvolgimento dei cinque livelli dell’esperienza (sensorio, corporeo, emotivo,
cognitivo, immaginativo ed eroico) nell’ambito del benessere esistenziale
percepito, il contatto autentico come strumento di cambiamento, la
consapevolezza dei propri bisogni fondata sull’ascolto del proprio corpo come
parte integrante del sé e non come elemento scisso, sono dati che creano un ponte
solido tra pratica marziale e la Gestalt Therapy.
Alcuni semplici ma
fondamentali esercizi caratterizzanti il Karate-do possono essere un efficace
strumento per acquisire una maggiore consapevolezza e stabilità interiore, favorendo l’ascolto del proprio corpo. Nella
relazione terapeutica, la cura delle psicopatologie può avvalersi di questi
efficaci strumenti.
Esercizi inerenti il
controllo della postura, le contrazioni muscolari, la modalità di
respirazione,e, in generale, il livello di attivazione fisiologica, permettono
all'individuo di comprendere quanto egli si senta “radicato” al terreno. Nei
disturbi d'ansia, ad esempio, è proprio la sensazione di perdere il controllo
di sé e del mondo che causa la patologia. Riportare questi individui nel “qui ed
ora” delle sensazioni corporee è quindi fondamentale.
Patologie quali i
disturbi ansiosi, in particolare il
disturbo da attacchi di panico, i
disturbi depressivi, i disturbi
alimentari, i disturbi esternalizzanti
inerenti all’età evolutiva (deficit attentivo associato
all'iperattività, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbi della condotta) in
cui il sentire corporeo è scarsamente strutturato, possono avvalersi del
beneficio di esercizi mutuati dalla pratica del karate-do nel setting
terapeutico. La modalità di respirazione che si attiva nel kata sanchin, il senso
di radicamento a terra, il controllo sulla muscolatura e sulla postura, sono
infatti degli strumenti terapeutici molto potenti.
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Per quanto riguarda le
modalità di interazione tra il sé e l'esterno,l'individuo che vive nella
patologia interrompe il contatto sano ed autentico con l'ambiente. Infatti,
nella Psicoterapia della Gestalt, le “resistenze al contatto” (introiezione,
defelssione, retroflessione, confluenza e proiezione) sono appunto delle
modalità cristallizzate di relazione disfunzionale che si mettono in atto e che
causano patologia. Il confronto diretto che caratterizza le arti marziali
implica un immediato disvelamento delle nostre modalità di contatto, in quanto
la situazione di combattimento simulato mette l’individuo di fronte ad una
ancestrale e primaria situazione di attacco-fuga che coinvolge direttamente dei
pattern comportamentali automatizzati e figli delle esperienze pregresse. La
situazione di combattimento ci mette di fronte alle nostre problematicità,
permettendoci di acquisirne consapevolezza e di affrontarle.
In seguito riporto
alcuni esercizi, ben noti ai praticanti di Arti Marziali, che possono essere
proposti come “esperimenti” nel setting
terapeutico:
- Esercizio della
mano-guida (due individui si trovano uno di fronte all'altro e uno dei due
segue con il corpo i movimenti e gli spostamenti della mano altrui): sono
disposto ad essere guidato e a guidare l’altro?
- Trovare l’equilibrio
attraverso esercizi con un partner che implicano l’impegno comune per il
raggiungimento della meta
- Il kakie
(orizzontale e verticale): utilizzo la forza dell’altro, coordinandovi la mia
forza in una danza di equilibrio-squilibrio
- Ude-Tanren e Tai
Atari: colpisco e ricevo: come mi sento? (Focalizzarsi sulle sensazioni più
immediate e loro elaborazione).
Ho citato
esclusivamente alcuni dei tanti esercizi che possono essere mutuati dal Karate
-do e inseriti nella pratica terapeutica. Personalmente talvolta propongo ai
miei pazienti esperimenti simili durante l'ora di terapia.
Sono molti i colleghi
terapeuti interessati a questa tipologia di esercizi- esperimento: la scorsa
estate (Sabato 12 luglio) ho personalmente condotto un workshop a Grosseto
(presso la Scuola di specializzazione della Gestalt Psicosociale) sulle Arti Marziali e la Psicoterapia, illustrandone i punti di contatto e proponendo
operativamente un modello che potesse integrare alcuni elementi della pratica
Marziale nel setting terapeutico. Il seminario ha fortunatamente suscitato
molto interesse e curiosità, tanto che mi è stato proposto di attivare un vero
e proprio corso di formazione in riguardo.
Recentemente, presso
l'Hombu dojo Tora Kan, ho tenuto un seminario di formazione per gli istruttori e
gli assistenti di Dojo, mettendo in evidenza anche in questa occasione i punti
di contatto fra queste due aree e come esse si possano integrare. In
particolare ho evidenziato come la pratica Marziale possa essere un elemento
terapeutico di per sé per tutti i praticanti. Risulta quindi importantissima la
consapevolezza dell'imporatnza della pratica e dei benefici che se ne possono
trarre.
Essendo io una
Psicoterapeuta, praticante l'Okinawa Goju ryu karate-do dal 2005 fino ad ora,
non posso che proseguire con ulteriore passione ed entusiasmo
nell'approfondimento di tale studio, sperimentando operativamente i punti di
contatto tra due mondi apparentemente così diversi ma che invece conducono alla
stessa strada: il benessere soggettivo e la stabilità interiore. Quella che
inizialmente è stata una mia intuizione (praticando nel dojo mi sono spesso
chiesta: “ se proponessi un esercizio simile al mio paziente Iperattivo per
lavorare sull'aumento della concentrazione e dell'autocontrollo? O se
proponessi un esercizio sulla respirazione al mio paziente con disturbo
Ansioso?) si è rivelata una certezza scientifica (sono molti gli articoli che
mettono in evidenza i benefici della pratica marziale su popolazioni cliniche e
non) e per me e molti altri colleghi, un'ulteriore ed efficacissima opportunità
terapeutica.
Personalmente risulta
interessante notare come le due grandi
passioni della mia vita magicamente confluiscano, e si siano incrociate in modo
spontaneo e naturale. Spesso il destino descrive delle traiettorie che a noi
basta solo osservare: la consapevolezza è appunto vivere il presente nel suo
armonico fluire, permettendo al nostro io di danzare nella vita, in un continuo
alternarsi di figure e sfondi.