oh sì sì, oh mio dio"
dice il neo cantautore poeta malandrino
Achille Lauro...
Viviamo un mondo che ci urla nelle
orecchie: devi arrivare primo ad ogni costo o non sarai mai considerato da
nessuno, devi omologarti, devi essere diverso dagli altri, devi vestire abiti
costosi, devi avere una bella macchina, lavorare sodo per guadagnarti lo
shopping al centro commerciale il fine settimana, costruire un'identità
importante con idee ben solide su cosa è giusto o sbagliato, perché "io
sono fatto così", futili apparenze, preconcetti, questo e quello, quih e
orah, io e l'altro, il corso reiki online 10 lezioni in 1, coach life, tutto e
subito, così e colà, devi devi, corri corri e bla bla bla. Faccio parte di
questo mondo e so per certo che alcuni passi della mia vita sono stati fondamentali
e decisivi per riuscire in parte a salvarmi da quest'abisso schizofrenico
comune. Ricordo ad esempio che nell'età adolescenziale andavano di moda delle
scarpe che portavano tutti i miei compagni di scuola, le magnum, ancora ricordo
il nome, non le ho mai ricevute dai miei genitori, mi hanno regalato quelle che
quando camminavo si accendevano le lucette, blu e rosse, stile Monica agente
segreto, ma a me piacevano e ne andavo fiera, certo che mi guardavano strano... Come ad esempio andava di moda avere il motorino che non ho mai avuto e i miei non mi
mandavano in giro per le varie comitive di borgata e non capivo perché, mi
faceva soffrire certo, non lo capivo ma ad oggi li ringrazio perché conserverò
per sempre nelle mie tasche vuote i valori più preziosi...
Stasera mi va di scrivere, fuori piove, sono ispirata dal suo canto e nel frattempo voglio raccontarvi cosa mi è
successo ieri mentre passeggiavo tornando a casa, mi è capitato di intravedere
da lontano una suora dall'abito blu elettrico molto shock che sistemava i fiori
sull'altare principale di una piccola chiesetta, c'era una luce bellissima, e
lei era altissima, tanto che non riuscivo a vedere la sua testa, inizialmente
ho pensato: dio mio, come avrà fatto ad entrare da quella porta? Forse dietro ce
n'è una solo dedicata a lei... dopo questa prima analisi logistica
cinica perfetta mi sono lasciata rapire dalla sua grazia e delicatezza, nel
modo in cui metteva l'acqua fresca ai fiori appena offerti e mi è sembrato di
riuscire a sostenere la brocca insieme alle sue mani con lo sguardo, e ho visto
me, i miei gesti indecisi e tutte le parole che non ho mai avuto il coraggio di
pronunciare insieme ad un senso di profonda gratitudine per essere viva, del
fatto che non voglio più rimandare nulla, che ho il privilegio di poter sentire
il vento sul mio viso, vedere i raggi del sole filtrare dalle nuvole, e sono
grata di avere delle gambe abbastanza forti per camminare anche per chi non ce
la fa, per chi non è più qui fisicamente con me, e mani che possono guarire e
curare anche chi mi ha ferito, posso perdonarmi, amarmi, ancora amare... dolce
delirio di onnipotenza! Poi un passante in giacca e cravatta con la valigetta
in mano a passo spedito che subito rallenta e si ferma lì con me solo a
guardare nella stessa direzione senza dire una parola, solo a godere pienamente
quel momento unico e irripetibile che profuma di bellezza, intensità, densità
del gesto, non c'è più alcuna fretta. Poco dopo inizia a piovere con il sole e
lui scuote la testa, afferra frettolosamente la valigia, fa un sorriso e scappa
via. Ho immaginato un treno o un bus partire senza di lui, che forse arriverà
tardi al lavoro e dovrà dare spiegazioni al suo capo, eppure sento che nemmeno
per lui è poi così un problema, anzi credo sorriderà più volte di fronte a quel
problema che non è più un problema, e ovunque sarà si prenderà il tempo di
riportarlo alla mente, perché il treno della vita è sempre in viaggio, non è
mai in anticipo, mai in ritardo. Solo il vivo rende viva ogni cosa, nel vivo
del nostro sentire permettiamo di vivere ogni cosa che incontriamo, perché ci
illumina ed è illuminato dal nostro sguardo. E torno a quel passo fondamentale
e decisivo che mi ricorda di rallentare, alla mano che si posa delicatamente,
al respiro che si fa profondo, a l'intesa senza parole, al cuore del mio
Maestro, allo Zazen.
Ecco perché torniamo costantemente a
sedere in questa postura apparentemente immobile, in Zazen rivitalizziamo
l'attitudine di una totale presenza. In questa visione vasta e illimitata restiamo
ad osservare ciò che c'è davanti ai nostri occhi, dove tutto passa e scivola
velocemente insieme ai nostri pensieri, e facciamo quel che siamo chiamati a
fare in questo preciso momento, senza schemi, senza maschere, dove l'azione del
vedere e del fare scompaiono, dove l'azione è pienamente azione, soggetto e
oggetto sono osservati, soggetto e oggetto si fondono e non c'è più alcuna
separazione; siamo parte e tutt'uno, senza inizio né fine, tessitori
dell'inestricabile, dell'indivisibile legame di libertà tra tutte le cose,
dell'armonia universale che ci appartiene e ne apparteniamo, e non è bene né
male, non è giusto né ingiusto, è il pensiero prima del pensiero, fede prima
della fede, piedi saldi e testa leggera, e dalle radici al cielo indossare l'amorevole
sorriso del bentornato e del grato addio. E quel passante in giacca e cravatta
siamo noi, siamo io e te, dove il tu e l'io si dissolvono nel limite segreto
della parola, nell'indicibile che ancora e ancora ci unisce.
Monica Tainin De Marchi