sabato 26 marzo 2022

La forma che libera Ita/Eng

 



Noi sediamo in una posizione formale perchè è attraverso il vostro corpo che dovete sperimentare qualcosa, sapete, nel farlo- attraverso il sedere nella forma - qualcosa di cui fate l'esperienza non attraverso la mente- attraverso la teoria, ma attraverso la pratica fisica.

Ma essere capaci di sedere nella forma dello Zazen e ottenere un certo stato mentale non è il perfezionamento dello studio.

Dopo che avete fatto la piena esperienza dell'unità mente corpo, dovete essere capaci di esprimerla anche in molti altri modi.

Questo avviene piuttosto naturalmente.

Non vi è più necessario aderire ad una posizione formale, ma riuscirete ad esprimere lo stesso sentimento- lo stesso stato mentale, o riuscirete a connettere la vostra mente agli altri in qualche modo. E anche se non starete sedendo in una certa forma- per esempio, su di una sedia, o in posizione eretta, o nel lavorare, nel parlare, potrete manifestare lo stesso stato mentale, lo stato mentale in cui non vi attaccate a nulla.

Questo è quel che studiamo con la nostra pratica. Questo è lo scopo del nostro esercizio.

 

Shunryu Suzuki Roshi

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English version

 

We—why we sit in some formal position is through your body you should experience something, you know, by doing—by formal sitting—something you yourself experience not by mind—by teaching, but by physical practice.

But to be able to sit in some form and to attain some state of mind is not perfect study. After you have full experience of mind and body, you should be able to express it in some other way, too. That happens quite naturally. You don’t stick to some formal position anymore, but you can express same feeling—same state of mind, or you can convey your mind to others by some way. And even though you do not sit in some certain form—for an instance, in chair, or in standing position, or in working, or in speaking, you can—you will have same state of mind—state of mind [in] which you do not stick to anything. This is what you will study through our practice. That is the—what you will, you know—that is the purpose of practice.

 

Shunryu Suzuki Roshi

 


© Tora Kan Dōjō


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giovedì 17 marzo 2022

Concentrati sul cuocere le tue patate!

 


Il Maestro Raisan viveva sul monte Kosan durante la dinastia T'ang in Cina. L'imperatore Tokuso era molto curioso di conoscere questo monaco, che viveva in una grotta sulla montagna, così gli inviò un messo perchè prendesse un appuntamento con lui.

Quando il messo arrivò, Raisan stava facendo cuocere delle patate dolci su dello sterco di vacca. Era così intento al suo lavoro da non accorgersi che gli colava il naso. Il messo imperiale, che in realtà era un importante governatore, lo giudicò irrispettoso egli disse:" Per favore, reverendo monaco, si pulisca il naso!" "Scusi" rispose Raisan, " non vedete che mi sto cuocendo le mie patate? Non si preoccupi del mio naso, smetterà di colare da solo; le mie patate invece devo cuocerle al punto giusto."

Il messo imperiale rimase senza parole.

Tornò e riferì tutto all'imperatore che commentò :" Come pensavo, ora non ho più bisogno d'incontrarlo. Provvedete a regalargli un bel campo di patate dolci e lasciatelo in pace."

Raisan non si era ritirato sulla montagna per 'fuggire' il mondo, per paura di contaminarsi. Era molto concentrato nel seguire la Via.

Deshimaru Roshi commenta così:" Non era affatto complessato, era addirittura meglio dell'imperatore, era un grande sovrano".

Anche Kodo Sawaki era un 'tipo strano'.

Era conosciuto come Yadonashi Kodo 'Kodo il senza dimora'. Non aveva un tempio e diceva: "io non ho bisogno di niente, nè di certificati, nè di donne, nè di famiglia, nè di un tempio; non ho bisogno neanche del Satori".

Una persona così può avere cura di tutto, così come Raisan con le sue patate dolci.

Uomini così non sono dei complessati. Sono liberi e completi, con niente.

Si è sempre pieni di timori. Ci preoccupiamo di fare bene o fare male... anche questo è un grande egoismo. Poco importa se abbiamo fatto bene o male l'importante è andare diritti con tutto sè stessi nell'azione.

Raisan è un bell'esempio di qualcuno che va diritto per la sua strada prendendosi cura di tutte le esistenze che incontra sul suo cammino.

Tutti lo possono fare, in qualunque occasione, qualunque sia la posizione che ci troviamo ad occupare.

Fare il netturbino può essere molto bello, è un grande servizio reso la mondo.

Se la si vive così anche la vita di un netturbino è meglio della vita di un re.

Ci sono Maestri che hanno svolto le mansioni più umili e hanno trasmesso la Via.

Non c'è bisogno di essere fieri di un'occupazione di riguardo, nè vergognarsi se occupiamo una posizione considerata umile. Questo dignifica essere felici e prendersi cura come un'amorevole madre di tutte le esistenze.

© Tora Kan Dōjō


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venerdì 11 marzo 2022

Lettera alle Scuole

 


" Poiché desidererei tenermi in contatto con tutte le scuole dell’India, la Brockwood Park in Inghilterra, la Oak Grove School di Ojai, in California, e la Wolf Lake School in Canada, mi prefiggo di inviare a tutte una lettera ogni due settimane finché mi sia possibile. Naturalmente, è difficile mantenersi in contatto di persona con tante scuole e quindi, potendo, mi piacerebbe moltissimo scrivere lettere in modo da suggerire cosa dovrebbero essere le nostre scuole, e comunicare a tutti coloro che ne sono responsabili che le scuole non devono essere eccellenti soltanto accademicamente ma da molti altri punti di vista. Esse si devono occupare dello sviluppo di tutto l’essere umano. Questi centri d’istruzione devono aiutare lo studente e l’insegnante a fiorire in modo naturale; fioritura che è davvero importantissima, altrimenti l’istruzione diviene unicamente un processo meccanico indirizzato verso una carriera, verso una certa professione. La carriera e la professione, nella società attuale, sono inevitabili, ma se gli dedichiamo tutto il nostro interesse la libertà di fiorire avvizzirà gradualmente. Abbiamo dato troppa importanza agli esami e al conseguimento di buoni titoli.

Ciò non è lo scopo principale per cui furono fondate le nostre scuole, né ciò significa che lo studente sarà inferiore accademicamente. Al contrario, con la fioritura del maestro come pure dello studente, la carriera e la professione avranno il loro giusto posto. La società, la cultura in cui viviamo, favorisce ed esige che lo studente sia indirizzato verso un lavoro e la sicurezza fisica. È la pressione costante di tutte le società; innanzitutto la carriera e ogni altra cosa è secondaria. Vale a dire, innanzitutto il denaro e in secondo luogo i complessi aspetti della nostra vita quotidiana. Noi stiamo tentando di invertire questo processo perché l’uomo non può essere felice con il solo denaro. Quando il denaro diventa il fattore dominante della vita non vi è equilibrio nella nostra attività quotidiana. Perciò, potendo, vorrei che tutti gli insegnanti se ne rendessero conto seriamente e ne comprendessero a fondo il significato. Se l’insegnante ne comprende l’importanza, e gli ha dato il posto che merita nella sua stessa vita, può aiutare lo studente che viene forzato dai genitori e dalla società a considerare la carriera la cosa più importante. Pertanto, nella mia prima lettera, vorrei sottolineare tale punto e conservare sempre nelle nostre scuole un sistema di vita che coltivi tutto l’essere umano.

Poiché gran parte della nostra istruzione consiste nell’acquisizione di conoscenze, essa ci rende sempre più meccanici; la nostra mente funziona lungo stretti canali, quali che siano le conoscenze che acquisiamo: scientifiche, filosofiche, religiose, commerciali o tecnologiche. Il nostro modo di vivere, tanto in famiglia quanto al di fuori di essa, e la nostra specializzazione in una particolare professione, rendono la nostra mente sempre più stretta, limitata e incompleta. Tutto ciò porta a un sistema di vita meccanicistico, a una standardizzazione mentale, e così gradualmente lo Stato, anche uno Stato democratico, impone ciò che dobbiamo divenire. Naturalmente, la maggior parte delle persone riflessive ne è consapevole, ma sfortunatamente sembra accettarlo. Pertanto ciò è divenuto un pericolo per la libertà.

La libertà è un argomento molto complesso, e per comprenderne la complessità è necessaria la fioritura della mente. Ciascuno, naturalmente, darà una diversa definizione della fioritura dell’uomo, una definizione che dipende dalla propria cultura, dalla cosiddetta educazione, dall’esperienza, dalla superstizione religiosa – vale a dire, dal proprio condizionamento. Qui non ci occupiamo di opinioni o pregiudizi, ma piuttosto di una comprensione non verbale delle implicazioni e conseguenze della fioritura mentale. Questa fioritura è lo schiudersi totale e la coltivazione della nostra mente, del cuore e del nostro benessere fisico. Vale a dire, il vivere in una completa armonia in cui non vi sia alcuna opposizione o contraddizione tra loro. La fioritura della mente può aver luogo solo quando vi sia una percezione chiara, oggettiva, impersonale, alleviata da ogni sorta di imposizioni. Non si riferisce a cosa pensare ma a “come” pensare chiaramente. Per secoli, tramite la propaganda e così via, ci è stato suggerito cosa pensare. Gran parte dell’istruzione moderna è così, e non un’investigazione dell’intero movimento del pensiero. La fioritura implica la libertà; come ogni pianta ha bisogno di libertà per svilupparsi.

Durante l’anno prossimo, in ogni lettera, tratteremo questo argomento in modi diversi: il risveglio del cuore, che non è sentimentale, romantico o visionario, ma è un risveglio della bontà nata dall’affetto e dall’amore; e la cultura del corpo, la giusta qualità dei cibi, l’esercizio appropriato, che daranno origine a una profonda sensibilità. Quando questi tre sono in completa armonia – vale a dire, la mente, il cuore e il corpo – la fioritura giunge in modo naturale, facilmente e alla perfezione. Ecco il nostro compito di insegnanti, la nostra responsabilità: l’insegnamento è la professione più elevata della vita."

 

(Jiddu Krishnamurti, Lettere alle scuole, Casa Editrice Astrolabio Ubaldini Editore, Roma 1983, pp. 2-3 e-book)


© Tora Kan Dōjō


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sabato 5 marzo 2022

Il cosmo è mutamento


È possibile, in qualunque momento lo desideri, ritirarti in te stesso; perché un uomo non può ritirarsi in un luogo più quieto o indisturbato della propria anima, soprattutto chi ha, dentro, principi tali che gli basta affondarvi lo sguardo per raggiungere subito il pieno benessere: e per benessere non intendo altro che il giusto ordine interiore. Quindi concediti continuamente questo ritiro e rinnova te stesso; e siano brevi ed elementari i principi che, appena incontrati, basteranno a purgarti da ogni nausea e a congedarti senza che tu provi fastidio per le cose a cui ritorni. Che cosa, infatti, ti infastidisce? La cattiveria degli uomini? Considerati i termini del problema - e cioè che gli esseri razionali esistono gli uni per gli altri; che la tolleranza è parte della giustizia; che sbagliano senza volerlo - e considerato quanti già, dopo aver nutrito inimicizia, sospetto, odio, giacciono trafitti, ridotti in cenere, smettila, infine! O forse il tuo fastidio è anche per la sorte che, nell'ordine universale, ti viene assegnata? O sarà forse la preoccupazione di una misera fama a fuorviarti? 

Guarda la rapidità dell'oblio che investe tutto, l'abisso dell'eternità che si estende infinita in entrambe le direzioni, la vacuità della rinomanza, la volubilità e la sconsideratezza di chi sembra tributare elogi, e l'angustia del luogo in cui la fama è circoscritta. Perché tutta la terra è un punto: e quale minuscolo cantuccio della terra è questa dimora? E, qui, quanti e quali sono gli uomini che ti elogeranno? Ricorda, allora, che puoi ritirarti in questo tuo campicello, e soprattutto non agitarti e non darti troppa pena, ma sii libero e guarda la realtà da uomo, da essere umano, da cittadino, da essere mortale. E tra i principi che più dovranno stare a portata di mano quando ti ripiegherai su di essi, vi siano i due seguenti. 

Il primo: le cose non toccano l'anima, ma stanno immobili all'esterno, mentre i turbamenti vengono soltanto dall'opinione che si forma all'interno. Il secondo: tutto quanto vedi, tra un istante si trasformerà e non sarà più; e pensa continuamente alla trasformazione di quante cose hai assistito di persona. Il cosmo è mutamento..."


Marco Aurelio


© Tora Kan Dōjō

















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