domenica 28 ottobre 2018

Se non apri il cuore non puoi vedere




Molte persone tengono in scarsa considerazione un' attività che fa parte delle necessità più comuni, ma personalmente non la considero un lavoro umile. 
Se volete spaziare con lo sguardo su ampi panorami, dovete salire su un luogo elevato. Ma se volete osservare il cuore umano, dovete scendere e guardare da una posizione molto bassa.

Non appena entrai a far parte di un tempio zen, venni indotto a farlo attraverso una routine di energiche pulizie.
Dalla mattina alla sera la mia mente era logorata dalle pulizie. 
Ciò portò a un'esperienza decisamente singolare, esperienza che illustra un aspetto spinoso della pratica.

Se sappiamo di poter pervenire a una qualche comprensione della verità attraverso la pratica delle pulizie, possiamo restare intrappolati nella pratica e scoprire che in realtà ci stiamo allontanando dalla visione della verità. Il cuore è impastoiato dalla pratica stessa.

Un mattino, dopo che ebbi preparato il cibo e dato il segnale della colazione, Zuigan Roshi fece lentamente il suo ingresso nel refettorio e disse: "Vai nella mia stanza, e dallo scrittoio guarda verso il letto".
In genere, alle orecchie di un novizio, il modo di parlare del maestro suona abbastanza simile a uno scoppio d'ira.
Così, udendo le parole di Roshi, pensai con un brivido:
“Accidenti, ho fatto di nuovo male le pulizie!", e mi precipitai nella sua stanza.
Roshi aveva una piccola stanza, di quattro tatami e mezzo. La distanza tra lo scrittoio e il letto non sarà stata neppure di due metri, ma per quanto la ispezionassi accuratamente, non trovai un granello di polvere né tanto meno una goccia d'acqua lasciata dallo straccio. Ispezionai a carponi tutta la stanza, senza trovare niente che non andasse.

Rimasi li per un bel po', cercando di riflettere, ma non riuscivo a capire perché Roshi fosse irritato con me.
Non ne venivo a capo, e così, rassegnato a subire un nuovo rimprovero tornai nel refettorio.
"Non capisco perché ho fatto male le pulizie", ammisi nervosamente. "Vi prego di indicarmelo"
"Stupido!", rispose. "Chi ha detto che hai fatto male le pulizie? Questa mattina ho messo una rosa Sharon nel vaso dei fiori. Si intona così magnificamente alla calligrafia, ed è così bella, che ti ho detto di andare a guardarla. Hai visto la rosa, o non l'hai vista?".

Mi balenò alla mente che in effetti non mi ero accorto del fiore. Tornai nella stanza di Roshi per guardare.
La parete dietro il letto, che stava li da 250 anni, era annerita. 
Sul muro annerito era appesa una calligrafia con un unico ideogramma: la parola rugiada.
Quando un monaco zen scrive la parola rugiada, non si riferisce al fenomeno naturale, ma a una rivelazione diretta.
Nulla più è nascosto, in nessun luogo. La verità rivelata in tutte le cose. Il Buddha rivelato in tutte le cose. II Dharma rivelato in tutte le cose.

Se lasciate che vi cadano le bende dagli occhi, vedrete che ogni cosa in ogni luogo è colma di verità, ogni cosa in ogni luogo è piena di Buddha, ogni cosa in ogni luogo è da apprezzare!
La calligrafia con l’ideogramma ‘rugiada’ era lì appesa per comunicare questo messaggio.
Sotto la calligrafia, un grande e puro bocciolo bianco sembrava emergere dal vecchio intonaco del muro e inondare l'occhio con la sua bellezza.
Pochi istanti prima non l'avevo neppure notato. 
I miei occhi erano assolutamente chiusi a quel fiore.

È questa la difficoltà della pratica.
La mia svista doveva diventare argomento dei discorsi del mio maestro.
Dopo il mio grossolano errore, Zuigan Roshi prese l'abitudine di dire: "Se il vostro cuore è imprigionato, impastoiato, non vedete neppure quello che avete davanti agli occhi. Qualche giorno fa, l'idiota che sta seduto proprio li...".

Soko Morinaga Roshi
Tratto da: ‘da Studente a Maestro’ ed. Ubaldini


© Tora Kan Dōjō







mercoledì 24 ottobre 2018

In ricordo del Maestro Kase

Pubblichiamo questo bell’articolo scritto dal Maestro Luciano Puricelli in onore di Taiji Kase Sensei (1929-2004), grande Maestro di Shotokan Karate-Dō, considerato il Maestro dei Maestri dello Shotokan come per il Goju-Ryu di Okinawa Morio Higaonna Sensei è considerato il Maestro dei Maestri e riconosciamo nei due grandi Maestri lo stesso spirito di dedizione e la stessa profondità di studio della loro Arte che ne ha fatto dei modelli da imitare (shihan) per tutti i praticanti del mondo.

Ringraziamo il Maestro Puricelli e il sito: http://www.mushotoku.it/ da cui l’articolo è stato tratto.





 Un grande Maestro! Per noi era come un padre sempre sorridente e sereno, un padre che ha saputo parlare al cuore di tutti i karateka con autorità, gentilezza, inflessibilità, autorevolezza. Un padre che ci ha accompagnato, seguito, incoraggiato, istruito durante tutti questi anni se ne va senza rumore, quasi col timore di disturbare, … in silenzio… ma è un silenzio che urla ed esplode nel cuore di chi gli ha voluto bene.
Continua il suo combattimento in un’altra dimensione, su altri piani.
Il corpo è polvere si sa, ma l’energia, come un fuoco che arde perenne resta, il suo esempio ed il suo Ki sono qui e continuano a sostenere la nostra pratica.

Sono risuonate solenni le parole del M° H. Shirai alla cerimonia della cremazione:
 “… noi continueremo a praticare con lo stesso spirito che ha saputo infonderci. Dormi tranquillo Kase Sensei”.

Kase Sensei era un uomo del Budo di grande valore, un Signore, un esempio spirituale di forza, umanità, efficacia e gentilezza.

Ma qual è stata la sua opera? Sono sempre le parole del M° H. Shirai alla cerimonia di commiato, voluta dalla famiglia una settimana più tardi, che spiegano:
“… Ho conosciuto il M° Kase nel 1957. Un giorno ho assistito ad una sua dimostrazione di kumite e immediatamente ho capito che quello era quello che volevo fare nella vita. Dopo il corso istruttori all’Università di Komazawa, ci riunivamo a casa del Maestro Kase, ( M° Kase, M°Shirai, M° Enoeda, M°kanazawa) per prepararci sotto la sua guida alla nostra missione quella di diffondere il Karate Shotokan nel mondo.”
Questa la missione, riguardo al come, continua il M° Shirai:
 “ Il sistema di allenamento del M° Kase era molto semplice ma molto duro. Per esempio ogni giorno erano 3000 tzuki, 1000 geri, 1 ora di gohon kumite, 100 kata. Molto duro!”

In effetti sul piano tecnico Il M° Kase domandava sempre velocità, più velocità, kime, più kime! La sua parola chiave era atobaya. Per lui la tecnica O-Waza, tecnica grande rispondeva al concetto di una grande scelta e di una grande energia, la tecnica Ko-Waza, tecnica piccola equivaleva ad impegnarsi nelle piccole cose, nel quotidiano con la stessa qualità e lo stesso livello di efficacia di cui sopra. Senza sosta mostrava, ed invitava a collegare l’Hara, centro dell’energia dell’uomo, con la terra, collegare l’energia dell’uomo con la terra, e questa ripeteva è la condizione per connettersi con un’altra energia misteriosa: l’energia immensa del cielo, dell’universo. Il M° Kase chiamava questa la 4° Dimensione del Karate. Diceva che questo è al di là della logica, è misterioso, ma affascinante perché permette all’uomo di progredire infinitamente.

Per questo la sua era una: “Via del KI”, e per coltivare il Ki occorre che il cuore sia puro. I classici della filosofia orientale recitano: “Svuotare il cuore e riempire il ventre”. Svuota il cuore dal più piccolo impedimento, da ogni pensiero, da ogni attaccamento e allora la tua energia crescerà senza sosta. Per questo attorno a lui ci si sentiva bene, e dopo un allenamento eravamo tutti caricati di una grande forza. La sua era una “Via del Cuore”. La Via del Ki e la Via del cuore sono la stessa cosa.

Un amico, Maestro di Karate durante le esequie mi ha detto:
“Con lui, (il M° Kase), non ho rimpianti, l’ho amato veramente col cuore”.
Se seguendo l’insegnamento dei tuoi maestri puoi fare questo, se puoi svuotare te stesso, allora puoi anche amare veramente i tuoi allievi e veramente aiutarli attraverso il karate a raggiungere la loro vera realizzazione.

Alla cerimonia di saluto abbiamo tutti deposto simbolicamente una rosa bianca dinnanzi alla sua foto. Poi c’è stato un rito Shintoista per la propiziazione delle divinità dei quatto angoli dell’universo seguita da una esibizione Kyudo. Scoccare una freccia segna il trapasso da una vita ad un’altra e in questo caso sono state scoccate due frecce, senza arco né freccia nell’immensità pura, senza forma. Scoccate come un raggio di luce che squarcia le tenebre dell’umana sofferenza, come un messaggio, una speranza che non muore mai.

Quelle frecce che Kase Sensei ha lanciato nel cuore di tutti quelli che gli hanno creduto e che con umiltà hanno praticato con lui. Una volta compiuta l’opera il Saggio, o il Santo si ritira in silenzio, discretamente, senza nulla pretendere, così il M° Kase è partito!

Chiudiamo questo breve abbraccio a Kase Sensei con le parole pronunciate dalla Signora Kase. Quando il medico ha confermato il decesso, la Signora Kase ai piedi del letto si è profondamente inchinata e ha detto: “Ti ringrazio marito mio per tutti gli attimi che abbiamo vissuto assieme e per la felicità e la gioia profonda che mi hai saputo dare durante tutta la vita”.



© Tora Kan Dōjō


domenica 21 ottobre 2018

Sappiamo tutto per non conoscere nulla



"Io credo che esista un modo di pensare e un modo di comportarsi nella vita, che è un modo semplice. E la cosa che io sento predominante in questo momento è il desiderio di troppi di vendere se stessi al miglior offerente, per qualità dimostrate ma non reali; questa ricerca di successo personale toglie qualsiasi potere su se stessi. Noi abbiamo sempre parlato male del potere, individuato in un certo modo; io credo che l’uso del potere oltre le proprie possibilità è molto negativo, ma credo anche che sia molto importante avere un grande potere su se stessi. Questo diventa allora una possibilità di comunicazione e di socializzazione. Cerco delle persone che abbiano una “semplice” consapevolezza e non una complicata consapevolezza di se stessi, dei propri limiti e delle proprie possibilità. La coscienza di questi limiti credo che sia veramente la cultura. Quando io parlo di “uomini al minimo storico di coscienza” è proprio questo che voglio dire: la coscienza non è data da una quantità di conoscenze in senso orizzontale, ma dalla ricerca nel sapere, che non può che essere limitato, della profondità. La ricerca del senso della vita. La tecnologia che conosciamo allarga molto la conoscenza ma sempre in senso orizzontale; non c’è nulla nelle nuove invenzioni che ci aiuta ad andare dentro nelle cose. Può aprirci il panorama ma non vuol dire che ci dia più consapevolezza. Era più consapevole e cosciente un contadino di cent’anni fa, che sapeva sette cose ma le sapeva veramente. Noi in realtà sappiamo tutto e non sappiamo nulla."

(Giorgio Gaber, da un'intervista pubblicata su "Re Nudo" N. 18, 1/3/1998)

© Tora Kan Dōjō







giovedì 18 ottobre 2018

Non aver paura, guarda in faccia la realtà!



Il dolore psicologico può essere lenito, anzi, solo il dolore psicologico può essere dissolto. L’altro tipo di dolore, quello fisico, fa parte della vita e della morte e non c’è modo di eliminarlo. Ma non è un problema.
Hai notato? Il problema nasce solo quando ci pensi.
Se pensi alla vecchiaia inizi a provare paura, ma i vecchi non tremano.
Se pensi alla malattia inizi ad avere paura, ma quando la malattia si manifesta, la paura non c’è più, la si accetta come un dato di fatto.
La paura riguarda sempre qualcosa nel futuro, non esiste mai nel momento presente.
La realtà non è mai un problema; sono soltanto le idee sulla realtà a creare il problema.
Quindi, la prima cosa da comprendere è questa: se puoi dissolvere il dolore psicologico, il problema svanisce, inizi a vivere nel momento.
Psicologico implica qualcosa che appartiene al passato, al futuro, mai al presente. La mente non esiste mai nel presente. Nel presente esiste la realtà, non la mente. La mente esiste nel passato e nel futuro, ma nel passato e nel futuro la realtà non esiste.
In effetti, la mente e la realtà non si incontrano mai; l’una non ha mai visto il volto dell’altra. La realtà resta ignota alla mente e la mente resta ignota alla realtà.
Il problema sta nella psicologia di una persona; la realtà non è mai un problema. Dissolvi i tuoi problemi psicologici –e il modo per farlo è eliminare il centro di tutti i problemi: l’ego. Una volta che non pensi a te stesso come separato dall’esistenza, i problemi evaporano, come accade alle gocce di rugiada quando sorge il sole. Svaniscono.
Il dolore fisico resta, ma insisto ancora, questo non è mai stato un problema.
Se ti rompi una gamba, è rotta; non è un problema. Il problema sorge solo nell’immaginazione: “Come farò con una gamba rotta?”.
Ma se hai paura di questo genere di cose, non potrai più vivere, perché le gambe si possono sempre rompere e così anche il collo. Tutto è possibile, milioni di cose sono possibili. Non c’è modo di essere perfettamente e totalmente al sicuro…
La vita è un fenomeno complesso. Tutto è possibile e niente è certo. Se hai paura, è solo a causa della tua psicologia. Quindi bisogna intervenire sulla mente. La meditazione non è altro che impegnarsi a osservare la realtà senza usare la mente; questo è l’unico modo di osservare la realtà.
Se la mente è presente, distorce, corrompe. Metti la mente da parte e vedrai la realtà, diretta, immediata, faccia a faccia… E non ci sarà alcun problema.
La realtà non ha mai creato problemi per nessuno.
Io sono qui, tu sei qui, non vedo alcun problema.
Se mi ammalo, sono ammalato. Se muoio, muoio.
Le cose accadono e basta, non c’è tempo per pensarci.
Puoi pensare al passato, perché è lontano, puoi pensare al futuro, perché è lontano. Preoccuparsi è un modo per riempire lo spazio del futuro.

Osho
Tratto da ‘Lettere d’Amore all’esistenza’
















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domenica 14 ottobre 2018

Creare, forse significa sbagliare


Mio padre rispose loro:

"Creare, forse significa sbagliare quel passo nella danza. Significa dare di traverso quel colpo di scalpello nella pietra. Poco importa il fine di un'azione. Questo sforzo ti sembra sterile perché sei cieco e guardi troppo da vicino. Ma allontanati un pò. Da lontano vedi solo il fervore che genera delle opere, vedi la città venire su, non vedi più i colpi falliti e tutti i problemi che accompagnano la realizzazione dell'idea... Osserva da maggior distanza il movimento di quel quartiere di città – così come noi osserviamo da distante quel cantiere di lavoro. 

Dove si costruisce quel palazzo: non vedrai più che un grande fervore e la polvere dorata del lavoro. I colpi falliti non li noti più. Perché quel popolo curvo sul lavoro, voglia o non voglia, edifica i suoi palazzi o le sue cisterne o i suoi ampi giardini pensili. E le sue opere nascono necessariamente, come d'incanto, dalle sue dita. Al progresso della vita servono sia coloro che danno colpi giusti e sia coloro che danno colpi sbagliati: il colpo fallito aiuta il colpo che riesce. E' dal fervore della ricerca che viene fuori la doratura del tempio. E io ti dico: quelle opere nascono sia da coloro che falliscono i loro colpi che da coloro che li azzeccano, perché non puoi separare gli uni dagli altri. Se tu salvi solo i grandi scultori sarai privo di grandi scultori. Chi sarebbe così pazzo da scegliere un mestiere che offre così poche possibilità di vivere? Il grande scultore nasce dal terriccio composto di cattivi scultori. La bella danza nasce dalla passione per la danza. E questa passione per la danza richiede che tutti danzino – anche quelli che danzano male – altrimenti non c'è passione, ma solo accademia pietrificata e spettacolo senza significato. Non condannare i loro errori come fa lo storico quando giudica un'era ormai conclusa. Chi rimprovererà al cedro di non essere che un seme o uno stelo o un ramoscello cresciuto di traverso? Lascia fare. Di errore in errore sorgerà una foresta di cedri che nei giorni di forte vento spanderà nell'aria, come un incenso, il cinguettio dei suoi uccelli". 
E mio padre concludeva: "Sbaglio di uno, riuscita di un altro. Non preoccuparti per queste divisioni. Di fertile non c'è che la grande collaborazione reciproca. Il colpo fallito aiuta il colpo che riesce. E il colpo riuscito rivela a colui che ha fallito come suo lo scopo che perseguivano insieme.


Antoine de Saint Exupéry  
Tratto da: 'Cittadella', 
Editore AGA, Cusano Milanino ©2017


© Tora Kan Dōjō




domenica 7 ottobre 2018

Vita-Morte una cosa sola




Che fare dunque? Se vuoi vivere, permetti anche la morte.

La morte non è qualcosa che succede alla fine della vita; è un processo.
Hai cominciato a morire il giorno in cui sei nato.
Non ci sono la vita da una parte e la morte dall’altra, la vita adesso e la morte in futuro, no. Non le puoi dividere, vanno insieme, è inevitabile.

La vita è morte: nel giorno in cui sei nato, in quello stesso giorno hai cominciato a morire. E se eviti la morte, eviti anche la vita. Inspiri, è la vita; espiri, è la morte. La mattina ti alzi, è la vita; la sera vai a dormire, è la morte. Lavori, agisci, è la vita; ti rilassi, è la morte. È un processo continuo, è presente in ogni momento.

E se eviti la morte eviterai anche la vita. Se non vuoi espirare profondamente, quanto profondamente potrai inspirare? Se non ti vuoi rilassare, quanto attivo potrai essere? Non avrai l’energia necessaria per farlo. Quando comprendi che la vita implica la morte, che ogni atto di vita è anche un atto di morte, la vita perde la sua seriosità, diventa puro divertimento, perché è seriosa a causa della paura della morte. A causa di questa paura non puoi ridere a crepapelle, non puoi godere la vita, non puoi fare niente. La morte è sempre dietro l’angolo, simile a un’ombra nera che ti segue e non ti lascia fare nulla. Così diventi serio, ti metti a pensare come diventare immortale, ti metti alla ricerca dell’immortalità, del segreto dell’elisir di lunga vita.

Sono tutte ricerche insulse, non sono ricerche autentiche. Non esistono elisir chimici, alchemici, ambrosia, no. Il segreto sta nel vedere che vita e morte sono un unico processo. Lo sono, sono un unico fenomeno. E allora non proverai più paura, anzi, sarai grato alla morte perché la vita diventa possibile solo grazie alla morte.

Attraverso la morte tutto si rinnova. Osserva il fiore che è sbocciato stamattina… è proprio accanto a una pietra. Stasera il fiore non ci sarà più, ma la pietra sarà ancora lì, perché il fiore ha più vitalità della pietra. Cosa ti piacerebbe? Essere simile alla pietra o simile al fiore? Come mai il fiore muore tanto in fretta? Perché vive con intensità e la morte arriva in fretta, non si attarda. Il fiore ha danzato sotto il cielo, si è goduto i raggi del sole e la brezza, ha fatto tutto quel che andava fatto e la sera è pronto a morire, senza una lacrima, senza piangere o lagnarsi. Il fiore è appagato, e finalmente arriva il momento di riposare. E quando il riposo sarà terminato, il fiore ritornerà, volta dopo volta…

La vita è un eterno ritorno, la morte è solo un riposo.
Non devi preoccupartene; tu vivi e basta.


Osho
Tratto da ‘Lettere d’Amore all’Esistenza’  ed. Feltrinelli