domenica 17 maggio 2020

Accogliere e vedere

Tutto quello che sentiamo è legittimo sentirlo, è vero e contiene grandi possibilità di recupero e di fertilità. La meditazione non deve essere una tecnica di scarto di ogni nostra esperienza come di indifferenziati rifiuti. Siamo attraversati da ricordi, sensazioni, emozioni, pensieri, anticipazioni, perché dovremmo buttarli via senza alcun senso di riconoscimento? In nome di quale pace intesa come assenza di vita? Nello stesso tempo, sappiamo che essere rapiti dai pensieri, sommersi dalle emozioni, agiti dagli impulsi porta solo alla confusione e a nuova sofferenza. Sappiamo anche che se è legittimo sentire quel che sentiamo non è sempre legittimo esprimerlo o agirlo, ma sentire e conoscere sono modi per discernere meglio in cosa consista la definizione che il Buddha dà del cammino: smettere di fare il male, fare il bene, purificare la mente. Per purificare la mente occorre vederne gli inquinanti e da questo consegue l’assaporare il male e aspirare a smettere di farlo e assaporare il bene e volerlo coltivare. Purificare la mente significa allargarne i confini e accorgerci che fare del male all’altro equivale a fare del male a noi stessi e fare del bene all’altro equivale a farlo a noi. Tutto questo accade assaporando. Meditare non è solo acquietare, è raggiungere un campo base di quiete per poter guardare in profondità gli abissi, le pianure, le cime, le distese d’acqua, le rapide, i paesaggi interiori ed esteriori che vivere porta con sé. Come il mare: ha i suoi fondali e le sue onde, certe volte piatte, certe volte burrascose, ma tutto è mare, la quiete del fondale e l’energia delle onde. Esiste anche dentro di noi la biodiversità, non solo ne facciamo parte. Onorare tutto quello che ci attraversa senza diventarne preda è per me meditare e non farsi cacciatori con il fucile puntato contro ogni pensiero per raggiungere una quiete che è solo sospensione delle turbolenze mentali ed emotive. Essere al mondo è un continuo impatto sensoriale, possiamo sospenderne la forza di tanto in tanto, ritirandoci, per meglio conoscere le condizioni del mare e quelle della navigazione, ma restare sempre ancorati nel porto non è conoscenza, solo rassicurazione e fuga.



tratto da: Candiani, Chandra Livia. Il silenzio è cosa viva: L'arte della meditazione. Einaudi.





© Tora Kan Dōjō







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