sabato 2 gennaio 2021

Sentire con gli occhi, vedere con le orecchie




Praticare lo zen (chan)1 significa semplicemente vivere la propria vita così com'è. La vita di tutti i giorni è infatti l'unico luogo in cui poter esercitare quella compassione amorevole verso tutti gli esseri (uomini e animali, ma anche la natura e le cose che grossolanamente definiamo inanimate) che, ridimensionando l'invadenza dell'ego, consente di inserirci nel flusso continuo dei fenomeni con generosa gratuità.

Per questo, è necessario riorientare la nostra vita, abbandonando il modo usuale di considerare le cose: paradossalmente, dobbiamo smettere di servirci degli occhi per vedere, delle orecchie per sentire. Dōgen [Doghen], il fondatore dello zen sōtō in Giappone2, sosteneva che per vedere veramente occorre avere le cataratte agli occhi, e il maestro Tozan affermava che "se si usano le orecchie per sentire, sarà impossibile capire; solo sentendo con gli occhi si può conoscere". Sentire con gli occhi, vedere con le orecchie significa capovolgere il nostro modo di avvicinarci alla realtà, non diversamente da Paolo quando auspicava per i cristiani "un completo mutamento della mente"3. Solo così riusciremo a percepire un fenomenico depurato dai suoi colori accesi e fuorvianti, più incline quindi a rivelare l'essenza, il reale.

Il Buddha scorse chiaramente come l'illusione sia l'ostacolo principale alla corretta visione delle cose e come a questa si debba rispondere attivando uno stato di vigilanza continua e una pratica severa che favoriscano l'instaurarsi in noi di quella presenza mentale che sola rende possibile vivere come esseri illuminati, risvegliati. E' questo il motivo per cui occorre alimentare in sé l'abitudine di fermarsi, di sedere giornalmente in meditazione. I molti guai dell'uomo derivano probabilmente dal fatto che egli non è capace di stare qualche ora chiuso in una stanza in silenzio. Sedere in questo modo è testimoniare la misteriosa vacuità in cui siamo immersi e nello stesso tempo risvegliare la nostra autentica natura, il nostro vero sé.

Tutto ciò richiede un impegno ampio e generoso verso la vita. Non inducano a facili considerazioni certe atmosfere sorridenti, delicate o ironiche, a volte rudi e improvvisamente illuminanti del chan e dello zen: questi uomini e donne potevano agire in tal modo, camminare da risvegliati in questo mondo, perché sorretti da un pensiero forte, da una pratica continua. Pensiero e pratica che provenivano dalla visione delle Quattro Nobili Verità enunciate dal Buddha a Sarnath, presso Benares, nel Parco delle Gazzelle, dopo la sua illuminazione: la verità di dukkha, la dolorosa mobilità, l'impermanenza di cose; la verità del desiderio- attaccamento, che ci richiama infinite volte nel ciclo delle rinascite; la verità della liberazione, attraverso l'estinzione del desiderio stesso; la verità dell'Ottuplice Sentiero da percorrere per realizzare tale estinzione. Senza il discorso di Benares, senza i lunghi anni di predicazione del Buddha, non si può capire lo Zen, la sua dialettica tra parola e silenzio, la trasformazione di un'azione, un gesto comuni in un'azione, un gesto illuminati.

Questo è bene chiarirlo, per evitare di aggiungere alle proprie illusioni un'illusione in più: quella di avvicinarsi allo zen come a una visione del mondo intellettualmente interessante o a un'esperienza romantica. Basterà, per rendersi conto di questo errato modo di pensare, trascorrere alcuni giorni in un monastero zen, dove si potrà osservare come ogni profonda intuizione altro non è che il naturale approdo di un insieme regolato e severo di comportamenti vissuti in armonia con una mente-cuore attenta a manifestare gratitudine attraverso i gesti semplici della vita quotidiana. E' questo lo spirito con cui, quando scende silenziosa la sera e il vento muove lievemente le foglie sui rami, possiamo udire le pietre, i fili d'erba, le montagne predicare i mille sutra dell'universo. E' lo stesso spirito di Giovanni della Croce quando scopre che 

"L'Amato è le montagne,
le valli solitarie e ricche d'ombra,
 le isole remote,
le acque rumorose...
"4

e del poeta chan Tungpo il quale, realizzata la chiarità della propria natura di Buddha, può finalmente dire:

"Il suono del torrente è la Sua immensa lingua,
il colore dei monti il Suo puro corpo.
Di notte ascolto migliaia di versi dei sutra5
come posso raccontare quel che dicono?"6.

In questa zona dello spirito, ogni differenza diviene muta.


Gianpietro Sono Fazion Spello, inverno 1992


Tratto da ‘Lo Zen e la Luna’ edizioni appunti di viaggio

Note:

1. Chan (c.): "meditazione"; designa la scuola buddhista cinese che si ricollega al racconto della trasmissione silenziosa del Buddha a Kashyapa al Picco dell'Avvoltoio e alla venuta in Cina dell'indiano Bodhidharma verso il 520 d.C. Bodhidharma venne poi considerato il primo patriarca chan. A sua volta il chan passò in Giappone dove si diffuse con il nome di zen.
2. La scuola zen soto, portata dalla Cina in Giappone dal maestro Dogen nel XIII secolo, pone al suo centro la meditazione seduta senza oggetto (g. zazen).
3. Paolo, "Lettera ai Romani", 12, 2-3.
4. Giovanni della Croce, Opere, Post. Gen. Carmelitani Scalzi, Roma 1975, p.497. Giovanni della Croce (1542-1591), spagnolo, è un grande mistico e riformatore religioso. Le sue opere rappresentano il vertice della mistica cristiana.
5. Narra infatti la tradizione che il Buddha, durante la sua lunga vita di predi cazione, avrebbe impartito ben 84.000 insegnamenti poi raccolti nei sutra (sermoni).
6. Tungpo 10361101 un letterato e poeta che visse durante l'era Sung, rag giunse l'illuminazione ascoltando il suono dei torrenti che scorrevano in fondo alla valle. L'episodio è riportato nel capitolo "Keisei-sanshiki" dello Shobogenzo di Dogen; v. The Shobogenzo , a cura di Yuho Yokoy, Sankibo, Tokyo 1986, pp.






#karatedo #okinawagoju #artimarziali #torakandojo #torakan #taigospongia #iogkf #moriohigaonna #karateantico #karatetradizionale #zen #zazen #zensoto #karate #artimarziali #budo #kenzenichinyo #bushido #asdtorakan #taigosensei #giampietrosonofazion #lozenelaluna

Nessun commento:

Posta un commento