Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Taigô Kônin Sensei durante la Pratica Zen.
Il Moppan, nel
corridoio del Tora Kan Dōjō ,
segna i momenti della Pratica Zen |
Qualche minuto prima dello Zazen bisognerebbe
raccogliersi in silenzio in attesa dei suoni che invitano all’ingresso nel Dōjō.
Bisognerebbe predisporsi a varcare la soglia del Dōjō.
Sono molto contento che voi coltiviate un’amicizia
che va oltre la frequentazione nel Dōjō, è una cosa molto bella ed importante,
ma dovete fare attenzione che l’intimità che vi lega non v’impedisca di
coltivare la concentrazione e sostenervi vicendevolmente nell’esercizio.
Il legame che si crea praticando insieme nel Dōjō è molto profondo, si crea un’intimità
molto profonda che richiede di essere custodita e protetta continuamente.
Nel Dōjō dovreste sostenervi a vicenda mantenere e coltivare una profonda
concentrazione; chi ha più esperienza dovrebbe mettersi al servizio ed essere
da esempio.
Ognuno di voi deve essere un sostegno per gli altri, un modello per ricordare
cosa siamo chiamati a fare in questo momento preciso.
Ognuno di noi ha bisogno di questo sostegno nessuno escluso.
Taigō Sensei |
Bisogna avere la capacità di cogliere l’essenza di
ogni situazione e sapersi adeguare, armonizzare.
Incontrarsi di fronte ad un bicchiere di vino, in
una pizzeria, non è la stessa cosa che incontrarsi nel Dōjō per sedere insieme
in Zazen. E non significa che quel momento richieda meno concentrazione o sia
meno prezioso.
Ogni momento richiede una forma precisa perché sia vissuto a pieno, perché sia
onorato nella forma che gli è congeniale. Se sbagliamo la forma, il tempo adeguati alla situazione che stiamo vivendo,
perdiamo l’essenza di quel momento e anche la nostra azione non sarà efficace.
Lo so che non è facile, perché più si diventa
intimi, amici, più si creano legami, e più questo diventa per certi versi
difficile, impegnativo ma è proprio lì che inizia il nostro esercizio, è lì che
la Pratica si fa potente e anche esigente e ci costringe a riflettere sul
significato autentico e profondo della relazione con gli altri.
Bisogna coltivare un legame che vada oltre l’idea di legame a cui siamo abituati a pensare.
Nel Dōjō è come essere uniti in una cordata in alta montagna, ognuno è
responsabile della vita e della sicurezza degli altri e ognuno può onorare
questa responsabilità innanzitutto rimanendo concentrato sui propri passi.
Bisogna coltivare un legame che vada oltre l’idea di legame a cui siamo abituati a pensare.
Dettaglio dello Zendō |
Se veniste al Dōjō con vostro marito, fidanzato, un
vostro intimo amico, nel momento in cui sedete nel Dōjō dovreste guardarlo come
si guarda un Buddha, non vederlo più con lo sguardo ordinario con cui lo
guardate tutti i giorni, allora forse, uscendo dal Dōjō potrete scoprire
aspetti prima sconosciuti della vostra relazione.
Altrimenti, come succede molto spesso nei luoghi di
Pratica, si rischia di far scadere le nostre riunioni nell’ennesima distrazione,
in una ricerca di un conforto diverso da quello che deve dare l’esercizio dello
Zazen.
Molti vengono al Dōjō per trovare un’ennesima occasione per distrarsi da sé stessi e trovare conforto alle proprie convinzioni ma la Pratica del Dōjō con il sostegno del Sangha deve accompagnare con decisione a coltivare un nuovo sguardo sulla propria vita.
Molti vengono al Dōjō per trovare un’ennesima occasione per distrarsi da sé stessi e trovare conforto alle proprie convinzioni ma la Pratica del Dōjō con il sostegno del Sangha deve accompagnare con decisione a coltivare un nuovo sguardo sulla propria vita.
Vi esorto a fare
attenzione dunque, a rimanere concentrati, ad assumere ognuno di noi, dal
principiante al più esperto la responsabilità di contribuire a rendere
l’atmosfera del Dōjō densa e solenne questo aiuterà ognuno di noi a praticare
con più profondità e ad instaurare dei legami davvero profondi al di là dei
nostri condizionamenti e delle nostre simpatie o antipatie.
(trascrizione a cura di Monica Tainin De Marchi)
(trascrizione a cura di Monica Tainin De Marchi)
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