Indipendentemente da quanti anni pratichiamo,
tendiamo a travisare la natura della pratica. In un modo o nell'altro crediamo
che la pratica riguardi la correzione di un errore. Immaginiamo che, riuscendo
a fare questo o a padroneggiare quello, cancelleremo l'errore in noi. La nostra
vita andrà 'a posto' e saremo in qualche modo migliori. Molte terapie muovono
dall'ipotesi che vi sia qualcosa di sbagliato nella persona che vi ricorre, e
che la terapia abbia il compito di aggiustarlo.È un atteggiamento molto diffuso
nella nostra cultura, e che trasportiamo nella pratica spirituale.
Pensiamo che nella nostra vita ci sia qualcosa che non va perché non ci sentiamo a posto con noi stessi. Dal nostro personale punto di vista, c'è qualcosa di sbagliato. Come va compreso questo dilemma?
Prendiamo un uragano. Dal suo punto di vista va benissimo sradicare migliaia di alberi, abbattere le linee elettriche, uccidere le persone, devastare le coste, e così via. Gli uragani fanno cosi. Ma dal nostro punto di vista, e soprattutto se siamo proprietan di una casa distrutta dall'uragano, c'è qualcosa di molto sbagliato. Se potessimo, daremmo una bella sistemata agli uragani, ma non abbiamo ancora inventato il modo.
Purtroppo, nel tentativo di aggiustare le cose, spesso creiamo altri problemi. L'automobile è una splendida invenzione che agevola in molti modi la vita, ma, come tutti sappiamo, ha portato con sé gravi problemi. Lasciata a se stessa, la natura combina un'infinità di guai. Ma i guai vanno a posto, e il processo naturale si ristabilisce da sé. Se invece siamo noi a voler risolvere tutti i problemi della vita, non ci riusciamo altrettanto bene. Il motivo del fallimento è che la nostra visuale è limitata ai bisogni dell'io, a ciò che 'io voglio'. Se tutto ciò che ci accade ci andasse bene, non avremmo motivo di turbamento.
Allora, dobbiamo diventare passivi e lasciare che tutto sia così com'è, senza intervenire per niente? No. Ma i problemi ce li provochiamo da soli costruendo un contesto emotivo, la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato che va corretto. Soprattutto, vorremmo essere diversi da come siamo. Ad esempio, vogliamo diventare 'illuminati'. Immaginiamo un illuminato come un essere diverso e glorioso, separato dal resto dei comuni mortali. L'illuminazione ci sembra un grande ottenimento, la massima conquista dell'io. Il desiderio di diventare illuminati pervade molti centri spirituali come un'eccitazione nascosta riguardo alla pratica spirituale. È ridicolo, davvero.
Quando siamo giù, ci piace immaginare di trovare qualcosa che ci rimetta in sesto, e così i nostri rapporti saranno sempre splendidi. Ci immaginiamo in una condizione sempre perfetta, una condizione senza risvolti dolorosi. Consideriamo ora quello che potremmo chiamare l'uomo naturale'. (Potremmo parlare anche della 'donna naturale', ma in questo esempio prendiamo un maschio). L'uomo naturale della Bibbia era Adamo prima della cacciata dal paradiso terrestre, prima cioè che sviluppasse la coscienza di un io separato. Com'era l'uomo naturale? Cosa vuoi dire essere un uomo naturale?[...]
Lo stato naturale è lo scopo della pratica. Essere una persona naturale non significa diventare una specie di santo. Ma, se non c'è il senso di separazione dal mondo, c'è una bontà innata e la capacità di agire in modo appropriato. Ad esempio, le mani agiscono sempre in modo appropriato l'una con l'altra, perché appartengono a uno stesso corpo. L'uomo naturale apprezza il cibo. Apprezza l'amore. Si irrita di tanto in tanto, ma probabilmente la rabbia scompare subito. Può spaventarsi quando la sua sopravvivenza è minacciata. La nostra vita, invece, è molto innaturale. Ci sentiamo separati dal mondo, e questo è ciò che ci tiene lontani dal paradiso terrestre. Separandoci dal mondo lo abbiamo diviso in due parti: bene e male, soddisfacente e insoddisfacente, piacevole e doloroso. Separando così le cose, cerchiamo sempre di camminare su un lato evitando l'altro, per incontrare solo gli aspetti della vita che ci piacciono.
La natura è come un uragano. Qualunque cosa accada, accade. Ma non accettiamo che sia così. Pretendiamo che l'uragano distrugga le case degli altri, non la nostra. Siamo sempre in cerca di un piccolo paradiso di sicurezza in mezzo all'uragano della vita. Non esiste un rifugio. La vita è semplicemente vivere e apprezzare tutto ciò che avviene. Ma, a causa della nostra mente egoistica, pensiamo che vivere significhi proteggere se stessi. Così cadiamo in trappola. La mente dell'io è egocentrica, e passa il tempo a pensare a come sopravvivere e a come essere al sicuro, comoda, allegra, accontentata e non minacciata in qualunque momento. Vivendo così, abbiamo perso l'occasione. Abbiamo perduto il centro. Più ci allontaniamo dal centro, più la vita diventa ansiosa ed 'eccentrica', cioè fuori centro.
Sin dai primissimi attimi della vita sviluppiamo una mente egocentrica. Vivere in base alla mente egocentrica vuoi dire semplicemente vedere la vita in un certo modo. Non c'è niente di sbagliato in questo, ma vediamo la vita solo dal nostro punto di vista. La nostra natura essenziale rimane inalterata, ma non riusciamo a vederla perché guardiamo da una prospettiva limitata e unilaterale. Siamo lontani dal 'vivere e basta', come farebbero l'uomo e la donna naturali. Siamo continuamente occupati a pensare alla vita, e ciò assorbe l'ottanta-novanta per cento del nostro tempo. Poi ci chiediamo perché niente sembra essere a posto. Dal nostro punto di vista, siamo tremendamente a disagio.
Se lasciato libero di agire come vuole, l'uomo naturale è essenzialmente buono. Va a caccia quando serve. Fa ciò che va fatto. Poiché non si sente separato, non provoca danni. Osserviamoci, e vediamo quanto siamo lontani da questo modo di vivere. Il punto principale della pratica non è cercare di ottenere qualcosa. La nostra vera natura, la natura di buddha, è sempre presente. Sempre inalterata. È lì. Quando prendiamo contatto con essa scopriamo che siamo già perfetti. Ma non siamo in contatto perché siamo fuori centro, siamo diventati unilaterali. Ecco la causa di tutti i problemi.[...]
Pensiamo che nella nostra vita ci sia qualcosa che non va perché non ci sentiamo a posto con noi stessi. Dal nostro personale punto di vista, c'è qualcosa di sbagliato. Come va compreso questo dilemma?
Prendiamo un uragano. Dal suo punto di vista va benissimo sradicare migliaia di alberi, abbattere le linee elettriche, uccidere le persone, devastare le coste, e così via. Gli uragani fanno cosi. Ma dal nostro punto di vista, e soprattutto se siamo proprietan di una casa distrutta dall'uragano, c'è qualcosa di molto sbagliato. Se potessimo, daremmo una bella sistemata agli uragani, ma non abbiamo ancora inventato il modo.
Purtroppo, nel tentativo di aggiustare le cose, spesso creiamo altri problemi. L'automobile è una splendida invenzione che agevola in molti modi la vita, ma, come tutti sappiamo, ha portato con sé gravi problemi. Lasciata a se stessa, la natura combina un'infinità di guai. Ma i guai vanno a posto, e il processo naturale si ristabilisce da sé. Se invece siamo noi a voler risolvere tutti i problemi della vita, non ci riusciamo altrettanto bene. Il motivo del fallimento è che la nostra visuale è limitata ai bisogni dell'io, a ciò che 'io voglio'. Se tutto ciò che ci accade ci andasse bene, non avremmo motivo di turbamento.
Allora, dobbiamo diventare passivi e lasciare che tutto sia così com'è, senza intervenire per niente? No. Ma i problemi ce li provochiamo da soli costruendo un contesto emotivo, la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato che va corretto. Soprattutto, vorremmo essere diversi da come siamo. Ad esempio, vogliamo diventare 'illuminati'. Immaginiamo un illuminato come un essere diverso e glorioso, separato dal resto dei comuni mortali. L'illuminazione ci sembra un grande ottenimento, la massima conquista dell'io. Il desiderio di diventare illuminati pervade molti centri spirituali come un'eccitazione nascosta riguardo alla pratica spirituale. È ridicolo, davvero.
Quando siamo giù, ci piace immaginare di trovare qualcosa che ci rimetta in sesto, e così i nostri rapporti saranno sempre splendidi. Ci immaginiamo in una condizione sempre perfetta, una condizione senza risvolti dolorosi. Consideriamo ora quello che potremmo chiamare l'uomo naturale'. (Potremmo parlare anche della 'donna naturale', ma in questo esempio prendiamo un maschio). L'uomo naturale della Bibbia era Adamo prima della cacciata dal paradiso terrestre, prima cioè che sviluppasse la coscienza di un io separato. Com'era l'uomo naturale? Cosa vuoi dire essere un uomo naturale?[...]
Lo stato naturale è lo scopo della pratica. Essere una persona naturale non significa diventare una specie di santo. Ma, se non c'è il senso di separazione dal mondo, c'è una bontà innata e la capacità di agire in modo appropriato. Ad esempio, le mani agiscono sempre in modo appropriato l'una con l'altra, perché appartengono a uno stesso corpo. L'uomo naturale apprezza il cibo. Apprezza l'amore. Si irrita di tanto in tanto, ma probabilmente la rabbia scompare subito. Può spaventarsi quando la sua sopravvivenza è minacciata. La nostra vita, invece, è molto innaturale. Ci sentiamo separati dal mondo, e questo è ciò che ci tiene lontani dal paradiso terrestre. Separandoci dal mondo lo abbiamo diviso in due parti: bene e male, soddisfacente e insoddisfacente, piacevole e doloroso. Separando così le cose, cerchiamo sempre di camminare su un lato evitando l'altro, per incontrare solo gli aspetti della vita che ci piacciono.
La natura è come un uragano. Qualunque cosa accada, accade. Ma non accettiamo che sia così. Pretendiamo che l'uragano distrugga le case degli altri, non la nostra. Siamo sempre in cerca di un piccolo paradiso di sicurezza in mezzo all'uragano della vita. Non esiste un rifugio. La vita è semplicemente vivere e apprezzare tutto ciò che avviene. Ma, a causa della nostra mente egoistica, pensiamo che vivere significhi proteggere se stessi. Così cadiamo in trappola. La mente dell'io è egocentrica, e passa il tempo a pensare a come sopravvivere e a come essere al sicuro, comoda, allegra, accontentata e non minacciata in qualunque momento. Vivendo così, abbiamo perso l'occasione. Abbiamo perduto il centro. Più ci allontaniamo dal centro, più la vita diventa ansiosa ed 'eccentrica', cioè fuori centro.
Sin dai primissimi attimi della vita sviluppiamo una mente egocentrica. Vivere in base alla mente egocentrica vuoi dire semplicemente vedere la vita in un certo modo. Non c'è niente di sbagliato in questo, ma vediamo la vita solo dal nostro punto di vista. La nostra natura essenziale rimane inalterata, ma non riusciamo a vederla perché guardiamo da una prospettiva limitata e unilaterale. Siamo lontani dal 'vivere e basta', come farebbero l'uomo e la donna naturali. Siamo continuamente occupati a pensare alla vita, e ciò assorbe l'ottanta-novanta per cento del nostro tempo. Poi ci chiediamo perché niente sembra essere a posto. Dal nostro punto di vista, siamo tremendamente a disagio.
Se lasciato libero di agire come vuole, l'uomo naturale è essenzialmente buono. Va a caccia quando serve. Fa ciò che va fatto. Poiché non si sente separato, non provoca danni. Osserviamoci, e vediamo quanto siamo lontani da questo modo di vivere. Il punto principale della pratica non è cercare di ottenere qualcosa. La nostra vera natura, la natura di buddha, è sempre presente. Sempre inalterata. È lì. Quando prendiamo contatto con essa scopriamo che siamo già perfetti. Ma non siamo in contatto perché siamo fuori centro, siamo diventati unilaterali. Ecco la causa di tutti i problemi.[...]
#karatedo #okinawagojuryu #artimarziali #torakandojo #torakan #taigospongia #iogkf #moriohigaonna #karateantico #karatetradizionale #zen #zazen #zensoto #karate #artimarziali #budo #kenzenichinyo #bushido #asdtorakan #taigosensei #gojuryu #karatedo #charlottejokobeck
Nessun commento:
Posta un commento