martedì 1 settembre 2020

Praticare la morte. Practice Dying.

English version below.
 
Quante persone che moriranno oggi sanno che questo sarà il loro ultimo giorno di vita? Penso agli amici che sono morti senza portare a termine i loro progetti, senza aver avuto l’occasione di salutare la propria sposa, i propri figli, senza aver perdonato un amico. Tanto meno siamo portati a pensare che potrebbe accadere anche a  noi.
Potremmo prenderci cura di una amica morente commettendo l’errore naturale di pensarci separati dalla sua esperienza. Nella nostra mente, potremmo separare noi stessi da lei “Lei sta morendo e io sono il badante”. Ma in realtà, noi siamo uniti dai legami dell’impermanenza. Magari sarà anche sgradevole dire a sé stessi “sto morendo”, ma è la verità, tu stai già morendo. Così io. Siamo tutti legati dall’inevitabilità della perdita e della morte, anche se sembra che ci stiamo destreggiando bene sulla strada della vita.
Ciascuno di noi ha dovuto abbandonare qualcosa che amava. Abbiamo sacrificato progetti o sogni ai quali tenevamo, provando dolore e perdita. Tutti noi abbiamo sperimentato l’impermanenza, che è solo un’altra forma di morte. Cosa non cambia in un modo o nell’altro? Tutto cambia incessantemente. Anche il Sole, simbolo di immortalità, è una stella destinata un giorno ad estinguersi. Se cominciassimo ad allenarci ad osservare i cambiamenti nella natura o nelle nostre esperienze quotidiane, ci metteremmo sulla strada per la salvezza dalla sofferenza.
Accettare l’impermanenza e la nostra mortalità condivisa richiede di allentare il nodo della storia: lasciar andare i nostri pensieri, le idee, le aspettative in merito a quello che pensiamo debba essere morire. Ci chiama a “praticare la morte”, ossia a lasciar andare, ad arrenderci, nel migliore dei mondi, a praticare la generosità. Possiamo cominciare ora, in ogni momento, a praticare la morte. E se lo facciamo, percepiremo l’interdipendenza della sofferenza e della gioia – che la vita e la morte non sono separate ma intrecciate come radici nella profondità della Terra.
Quando siedo con una persona morente, sento spesso dentro di me queste parole: “Qualsiasi sofferenza stia sperimentando questa persona, la situazione cambierà”. Forse per il meglio, forse per il peggio. Il cambiamento è inevitabile, questa è l’impermanenza. Allo stesso tempo è necessario essere pienamente presenti per la verità spesso travolgente e cruda della sofferenza momento per momento. La consapevolezza dell'impermanenza può servire ad approfondire il nostro impegno a vivere una vita piena di valore e significato.
Molte tradizioni insegnano l’inevitabilità della morte come fondamento dell’intero percorso spirituale. Platone diceva ai suoi allievi: “Praticate la morte”. I monaci cristiani dell’Europa medievale si ripetevano l’un l’altro “Memento Mori” (Ricorda che devi morire). E un Sutra Buddista ci dice: “Di tutte le orme quella dell’elefante è la suprema. Di tutte le meditazioni, quella sulla morte è la suprema.”
 
 
Da: Halifax, Joan (2008). Being with Dying: Cultivating Compassion and Fearlessness in the Presence of Death. Boston ; Boulder: Shambhala, 2008. ISBN 1590307186
 
 
 
 
How many people who will die today even know that this will be the last days of their lives? I think of friends who have died without completing projects, without having had the opportunity to say words of goodbye to a spouse or a child, without having forgiven a friend. Again, we still don’t believe it can happen to us.
We may take care of a dying friend and make the natural mistake of thinking ourselves separate from her experience. In our minds, we may divide ourselves from her: “She is dying; I’m the caregiver.” But in reality, we’re joined by the bonds of impermanence. Maybe it’s too disturbing to say to yourself, I am dying, too. But the truth is, you are already dying. So am I. We’re all linked by the inevitability of loss and death, even if we seem to be easily meandering down the road of living.
“Already, all of us have experienced impermanence, which is just another form of dying.
Every one of us has had to give up something we loved. We’ve sacrificed cherished plans or dreams, felt grief and loss. Already, all of us have experienced impermanence, which is just another form of dying. What hasn’t changed in one way or another? Everything is always changing. Even the Sun, a symbol of immortality, is a star that will someday be extinguished. If we start training ourselves to observe the changing nature of our everyday situations, we can be on our way to freedom from suffering.
Accepting impermanence and our shared mortality requires loosening the story knot: letting go of our concepts, ideas, and expectations around how we think dying ought to be. It also calls us to “practice dying”—that is, to let go, surrender, and give away, in the best of worlds, to practice generosity. We can do this now; at any time, we can start practicing dying. And if we do, we might also start to perceive the interdependence of suffering and joy—that life and death are not separate but intertwined like roots deep in the Earth.
When I am sitting with a dying person, I sometimes hear the following words inside me: “Whatever suffering this person is experiencing, it will change.” Maybe for better, maybe for worse. Change is inevitable—that’s impermanence. And at the same time, it is necessary to be fully there for the often overwhelming and raw truth of moment-to-moment suffering. The awareness of impermanence can serve to deepen our commitment to living a life of value and meaning. Many traditions teach the inevitability of death as the bedrock for the entire spiritual path. Plato told his students, “Practice dying.” The Christian monks of medieval Europe ritually whispered to one another, “Memento mori” (“Remember death”). And one Buddhist sutra tells us, “Of all footprints, that of the elephant is supreme. Of all meditations, that on death is supreme.”

 
From Being with Dying: Cultivating Compassion and Fearlessness in the Presence of Death, by Joan Halifax. ©2008 by Joan Halifax. Reprinted with permission of Shambhala Publications.

 
© Tora Kan Dōjō


 














#joanhalifax #halifax #meditation #zen #morte #zensoto

Nessun commento:

Posta un commento