Posso
affermare, senza ostentazione, di essere un uomo felice.
È
un dato di fatto, come dire che so leggere, o che sono in buona salute.
Se
fossi sempre stato felice, o magari per essere caduto da piccolo in una pozione
magica, quello che ho raccontato non avrebbe alcun interesse. Ma non è così.
Da
bambino e da adolescente avevo un buon carattere, a scuola facevo del mio
meglio, amavo la natura, suonavo, sciavo, facevo vela e mi dedicavo
all’ornitologia e alla fotografia. Amavo la mia famiglia e i miei amici. Ma non
mi sarebbe mai passato per la mente di dichiararmi felice. Quel termine non
faceva parte del mio vocabolario. Ero cosciente di un potenziale che pensavo
fosse in me, come un tesoro nascosto, e lo immaginavo anche negli altri. Ma la
natura di quel potenziale era molto vaga, e non sapevo come realizzarlo.
La
felicità che provo in ogni istante della mia vita, indipendentemente dalle
circostanze, è stata costruita nel tempo, in condizioni favorevoli alla
comprensione delle cause della felicità e della sofferenza.
Nel
mio caso, l’incontro con persone sagge e pienamente soddisfatte è stato
determinante, perché la forza dell’esempio vale più di mille parole. Ho capito
a cosa potevo aspirare, avevo la prova che si può diventare liberi e felici,
purché si sappia come fare.
Quando
sono con gli amici, condivido con gioia la loro esistenza. Quando sono solo,
nel mio eremo o altrove, ogni istante è una delizia. Mi sforzo di contribuire
come meglio posso ad aiutare chi si trova in difficoltà, dedicando gran parte
del mio tempo a iniziative umanitarie in Tibet.
Quando
mi impegno in un progetto, se è coronato dal successo ne gioisco; se, dopo aver
fatto del mio meglio, per qualche motivo non ne nasce nulla, non vedo perché
dovrei farne una tragedia.
Fino
a oggi ho avuto la fortuna di poter sempre mangiare e di dormire sotto un
tetto; considero le cose che possiedo come degli strumenti, nessuno dei quali è
indispensabile. Senza un computer portatile non potrei più scrivere, e senza
una macchina fotografica non potrei condividere con gli altri le mie immagini,
ma non toglierebbe nulla alla qualità della mia vita.
L’essenziale
è aver avuto l’immensa fortuna di incontrare le mie guide spirituali e aver
ricevuto i loro insegnamenti. Ho di che meditare fino alla fine dei miei
giorni!
Quando
mi capita di leggere, in alcune opere, che la felicità e la saggezza sono
inaccessibili, penso che sia un peccato privare se stessi e gli altri di
qualità che qualcuno ha raggiunto con la propria esperienza di vita.
Mattieu
Richard
Monastero
di Shechen, Nepal, giugno 2003
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