mercoledì 1 maggio 2019

Il Gusto di essere Felici




Posso affermare, senza ostentazione, di essere un uomo felice.
È un dato di fatto, come dire che so leggere, o che sono in buona salute.
Se fossi sempre stato felice, o magari per essere caduto da piccolo in una pozione magica, quello che ho raccontato non avrebbe alcun interesse. Ma non è così.
Da bambino e da adolescente avevo un buon carattere, a scuola facevo del mio meglio, amavo la natura, suonavo, sciavo, facevo vela e mi dedicavo all’ornitologia e alla fotografia. Amavo la mia famiglia e i miei amici. Ma non mi sarebbe mai passato per la mente di dichiararmi felice. Quel termine non faceva parte del mio vocabolario. Ero cosciente di un potenziale che pensavo fosse in me, come un tesoro nascosto, e lo immaginavo anche negli altri. Ma la natura di quel potenziale era molto vaga, e non sapevo come realizzarlo.
La felicità che provo in ogni istante della mia vita, indipendentemente dalle circostanze, è stata costruita nel tempo, in condizioni favorevoli alla comprensione delle cause della felicità e della sofferenza.
Nel mio caso, l’incontro con persone sagge e pienamente soddisfatte è stato determinante, perché la forza dell’esempio vale più di mille parole. Ho capito a cosa potevo aspirare, avevo la prova che si può diventare liberi e felici, purché si sappia come fare.
Quando sono con gli amici, condivido con gioia la loro esistenza. Quando sono solo, nel mio eremo o altrove, ogni istante è una delizia. Mi sforzo di contribuire come meglio posso ad aiutare chi si trova in difficoltà, dedicando gran parte del mio tempo a iniziative umanitarie in Tibet.
Quando mi impegno in un progetto, se è coronato dal successo ne gioisco; se, dopo aver fatto del mio meglio, per qualche motivo non ne nasce nulla, non vedo perché dovrei farne una tragedia.
Fino a oggi ho avuto la fortuna di poter sempre mangiare e di dormire sotto un tetto; considero le cose che possiedo come degli strumenti, nessuno dei quali è indispensabile. Senza un computer portatile non potrei più scrivere, e senza una macchina fotografica non potrei condividere con gli altri le mie immagini, ma non toglierebbe nulla alla qualità della mia vita.
L’essenziale è aver avuto l’immensa fortuna di incontrare le mie guide spirituali e aver ricevuto i loro insegnamenti. Ho di che meditare fino alla fine dei miei giorni!
Quando mi capita di leggere, in alcune opere, che la felicità e la saggezza sono inaccessibili, penso che sia un peccato privare se stessi e gli altri di qualità che qualcuno ha raggiunto con la propria esperienza di vita.

Mattieu Richard
Monastero di Shechen, Nepal, giugno 2003

Tratto da ‘il gusto di essere felici’ ed.Sperling&kupfer





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