“Hai mai innalzato la tua mente fino a considerare l'esistenza, in
sé e per sé, come pure atto d'esistere? Hai mai detto pensosamente a te stesso
"È!", incurante in quel momento se innanzi a te ci fosse un uomo, un
fiore o un granello di sabbia, senza riferirti, insomma, a questo e a quel modo
o forma particolari di esistenza?
Se sei realmente giunto a questo, avrai avvertito la presenza di
un mistero, che deve aver fermato il tuo spirito in timore reverente e stupore.
Le parole stesse "Non c'è nulla!" o "Ci fu un tempo
in cui non c'era nulla!" sono una contraddizione in termini. C'è qualcosa
in noi che respinge tali parole con l'intensità e l'istantaneità di una luce,
come se esse parlassero contro l'evidenza di un fatto che è in ragione della
sua stessa eternità.
Non essere, allora, è impossibile: essere, incomprensibile.
Se hai fatto tua questa intuizione dell'esistenza assoluta, avrai
insieme appreso che questo e non altro era ciò che nelle epoche più antiche
afferrò gli animi più nobili, gli eletti tra gli uomini, con una sorta di sacro
terrore. Questo appunto fece loro sentire per la prima volta dentro di sé il
presagio di qualcosa di ineffabilmente più grande della loro natura
individuale”.
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