Discorso di Paolo Taigō Spongia Sensei durante la cerimonia per la consacrazione del cippo in memoria di Chojun Miyagi Sensei.
Shōbōzan Fudenji, Tempio Zen Sōtō, 14 Giugno 2008 |
Da principio mi sono
preparato a scrivere una nota biografica che richiamasse gli episodi salienti
della vita di Miyagi Sensei, dalla pratica con il suo Maestro, ai viaggi in
Cina, all’incontro con Jigoro Kano Sensei, ma ho sentito che un mero elenco di
date e fatti non sarebbe stato sufficiente per esprimere l’opera di quest’uomo.
Ho cominciato dunque col
farmi delle domande convinto che in questo modo le parole sarebbero apparse
naturalmente.
Mi sono chiesto il perché
di questa pietra.
Perché una pietra che
ricordasse Chojun Miyagi Sensei e perché proprio qui a Fudenji, davanti al
Maestro Taiten Guareschi.
Molti potrebbero pensare
ad esempio che poniamo questa pietra al solo fine di onorare la memoria del
fondatore della nostra scuola; e potremmo anche aggiungere che la sua solidità
rappresenta quella stessa solidità che intendiamo assumere come carattere della
nostra pratica.
Allo stesso modo però,
per uno sconosciuto, potremmo anche porre questa pietra per fare della semplice
propaganda.
Questa pietra è un
simbolo, certo. Anche una insegna stradale lo è: la freccia che ha su scritto
PARMA, non è PARMA ma può, tenuto conto del contesto che codifica quel simbolo,
ri-mandarci a PARMA.
Allo stesso modo trovare
quest’insegna sulla strada piuttosto che come elemento decorativo nella camera
di un adolescente, alla maniera dei telefilm americani, fa ovviamente
differenza.
I linguaggi, i codici, ci
informano e ci formano, e dunque fanno problema nella vita degli uomini, quali
noi ci dichiariamo di essere.
Non è mia intenzione
dilungarmi ora su questi temi, lo è però richiamare la nostra attenzione sul
significato profondo del lasciare un segno, una stele.
Questo significato
profondo si dovrà rinnovare, ridire, poterlo ri-esprimere con nuove parole,
nuovi segni. La vita di Miyagi Sensei, le nostre vite, vanno ben oltre quel che
semplicemente pensiamo ci costituisca o quel che semplicemente riusciamo a
vedere di noi. Proprio come questa pietra non sarà più semplicemente una pietra
dopo la mia faticosa iscrizione e dopo la benedizione del mio Maestro.
C’è dunque un “come”
fare, ogni cosa, anche la più piccola, questo fa di noi dei Buddha, di Chojun
Miyagi Sensei una figura carismatica, fondatore ed esempio per ogni praticante
della nostra scuola.
La sua determinazione nel
raccogliere e consegnare una tradizione ne fa un Maestro, un Fondatore,
appunto, e il nostro esercizio, il nostro sudore nel Dojo diviene a sua volta
corpo stesso di questa tradizione che chiamiamo Goju-Ryu.
Alla luce di questo
possiamo allora commuoverci serenamente nel vederci convenire qui, insieme, su
questo fazzoletto di terra!
E riflettere su quando
abbia veramente avuto inizio il viaggio che ci ha portato qui. Ognuno con la
sua differente storia, arrivato per sentieri diversi ma oggi qui, tutti,
uniformi nella nostra bella uniforme.
Possiamo capire bene
allora, che considerare la scelta del tipo di pietra non è affatto secondario;
essere a Fudenji non è secondario, significa connotare questo evento di
qualcosa di molto vasto, che va oltre una data di nascita o di morte; chiedere
al Maestro Taiten di essere presente significa essere garantiti, tutelati nella
tradizione fatta di un delicato “lasciare”, e celebrare questa cerimonia,
significa anche riconoscersi in una medesima espressione, in nome di qualcosa
che ci pertiene, di cui dobbiamo sentirci investiti e di cui, eppure, sappiamo
così poco.
Bene, infine, potrò ora
ribaltare la domanda e chiedere non il perché di questo segno qui, ma piuttosto
“cosa ci facciamo noi qui” e penso proprio di poter dire che questa stele non è
qui per noi, per la nostra memoria, bensì siamo noi ad essere qui per Essa,
perché se è nella bella espressione della Fede lasciare un segno che sia una
testimonianza, lo è, a maggior ragione l’aver cura di lasciare qualcosa che
altri, dopo di noi, potranno trovare e passare a loro volta.
Eravamo, siamo, alla
ricerca di qualcosa di cui non conosciamo forma o nome, alla ricerca di un
profumo, e a ben vedere non manchiamo di nulla nel compierci in questo.
Le domande ultime di un
uomo sono gravide di mistero, oggi come in ogni epoca: qualcosa si mostra a
noi, qualcosa si cela: è una tensione che è essa stessa vita e che ben si
esprime col gesto che faremo tra breve sollevando il drappo che ora vela la
stele.
Nel mio insegnamento
quotidiano nel Dojo, quel che cerco di trasmettere, al di là di un gesto
tecnico, è lo spirito che lo possa incarnare: “il segreto dell’arte della
spada? Il fulmine taglia il vento di primavera” (Yamaoka Tesshu Sensei).
Essere partecipi di una
tradizione è appunto incarnare di generazione in generazione quel che, altri
prima di noi, ci hanno donato: cercando, studiando, lavorando, con un impegno
che non può dirsi altro se non strenuo.
Questa è la Fede.
Questo è Bushi Chojun
Miyagi, nato a Naha il 25 Aprile 1888.
Taiten Guareschi Roshi e Taigō Sensei |
Ekō
(dedica) del Maestro F. Taiten Guareschi
durante la cerimonia per la consacrazione del cippo in memoria di
Chojun Miyagi Sensei
Shōbōzan Fudenji, Tempio Zen Sōtō, 14 Giugno 2008
Libera la Grande Via priva è d’ogni ostacolo.
Mosso è l’alto dei cieli
dalle umane, frali, soavi, cure.
Cippi, stendardi e
bandiere sono segni che rendono lieve l’arduo sentiero,
dolce l’erto cammino.
Questo cippo sorge oggi a
splendere in questo sacro luogo
a memoria del
Maestro,
Fondatore del Goju-Ryu
Karate-Do: Chojun Miyagi.
Come la pietra resiste
alla fatica del tempo
e ferma tiene la strada,
docile il cuore, vuota la
mano,
possa la sua grata
memoria condurci al
pacifico, immenso mare
dei Tre Eterni Tesori,
all’obbligo grato per il
Paese, i Parenti, i Maestri.
E preghiamo, perché le
esistenze tutte abbiano a splendere
Pari, vigorose,
nell’Impari Supremo Sentiero.
© Tora Kan Dōjō
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