E’ la condizione di spirito dell'allievo e l'atteggiamento che ne deriva che permette di innescare quella reazione alchemica che permette una vera trasmissione e non un rapporto di dipendenza tra Maestro ed Allievo.
Pochi oggi comprendono di cosa parlo.
Mi si chiede di insegnare e si comincia dettando
condizioni, contrattando già i confini del proprio impegno, della propria
disponibilità
Prima ancora di iniziare si stabiliscono i limiti del
proprio sforzo, una roba fallimentare che non ha alcuna efficacia.
Gente che vorrebbe imparare in qualche week end, con
qualche sporadica apparizione al Dōjō, quando non ci sono altri impedimenti o
cose più importanti da fare...ma come si fa a chiamare lontanamente questa cosa
'pratica'?
Ricordo che non mi bastava piú frequentare le Sesshin
e per avere 'tutto per me' il mio Primo Maestro cominciai ad organizzare io
stesso delle Sesshin (ritiri intensivi di pratica) da lui condotte intorno a
Roma, prendendo in affitto locali adeguati, rischiando le mie risorse fisiche
ed economiche molte volte in mezzo a mille difficoltá.
Una cosa molto impegnativa e rischiosa che ebbe sempre un grande successo e se
anche avessi fallito, il successo sarebbe stato comunque nel poter condividere
giornate intere col mio Maestro prendendomene cura in ogni modo e ricevendo da
Lui Insegnamenti preziosissimi (che spesso passavano attraverso sonori
cazziatoni, che pochi oggi sarebbero disposti a tollerare).
E quante cose ho imparato in quelle occasioni in cui
mi sono totalmente esposto!
In cui ho accettato di correre il rischio della
relazione abbandonando la condizione di 'fruitore' e mettendomi al servizio.
Il mio Maestro mi disse fin dall'inizio, dal mio primo
invito, che non mi poteva garantire la sua presenza e che dovevo solo
concentrarmi sul prendermi cura delle condizioni che avrebbero fatto sì che Lui
non potesse non essere presente... Cosi feci, Lui fu sempre presente e mi aveva
cosí insegnato che non si dettano condizioni ma si fa generosamente il proprio
meglio e allora un Maestro non può fare altro che riconoscerti e insegnarti.
Allora vieni pure qui e se trovi chiuso, sii capace di
aspettare e ti farò entrare. Ma devi essere capace di venire fin qui, con
decisione, aspettare se serve e quanto serve ed entrare con le tue gambe.
Vieni con la disposizione di spirito di chi può
trovare la porta chiusa e non recrimina per questo.
Spostarsi fisicamente per venire fin qui é gia indice
di un'apertura interiore, di una disponibilità che favorisce l'incontro e non
devi pretendere nulla né dettare condizioni.
Allora se c'è questa disposizione intima non ci sarà
mai problema e tutto quello che potrá 'passare' passerà, da cuore a cuore, o,
come insegna Dōgen Zenji, come dell'acqua si passa da un recipiente ad un
altro.
Se vai davanti all'oceano con un cucchiaino ti riporterai
indietro un cucchiaino d'acqua e non puoi incolpare l'oceano.
(registrazione e sbobinatura a cura di Monica De Marchi)
© Tora Kan Dōjō
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