domenica 16 settembre 2018

Una Pratica No-Profit - A no Profit Practice Ita/Eng




“UNA PRATICA NO-PROFIT”

Uno dei passi più difficili della nostra Pratica è praticare senza uno scopo, con spirito mushotoku, senza voler ottenere un miglioramento in nessun senso, in nessuna direzione. 
Ciò che fa cambiare la nostra attitudine di Pratica è il famoso salto da sé ad altro da sé, che, naturalmente, ci traghetta nella corrente dello Spirito di gratitudine per aver incontrato il Dharma in questa nostra esistenza, e a riconoscere la Natura-Buddha presente in tutti gli esseri senzienti. Arrivare a questo intendimento è un grande passo, che equivale all’acquisizione dello spirito di gratuità, che si traduce nel praticare senza chiedere niente in cambio, mettendosi nell’ordine della Pratica per la Pratica. In una modalità di vita imperniata sul profitto, praticare non-profit è davvero una conquista. Se ci richiamiamo poi al Secondo Precetto Fondamentale, “Non rubare” , che prevede anche il monito/suggerimento di “non chiedere ciò che non ci è stato dato”, anch’esso ci dà una dritta sull’allineamento alla Via. Ci insegna a far tesoro e valorizzare ciò che abbiamo, che è il frutto non solo dell’operato di questa vita, ma anche di quelle passate. Invece di lamentarci, più fruttuoso sarà concentrarsi con energia sul momento e le possibilità presenti, piuttosto che disperdere le nostre forze in recriminazioni che non ci portano da nessuna parte. Generalmente, invece, viene sempre chiesto qualcosa, qualcosa che non si ha, qualcosa cui si anela, qualcosa a cui si tende, qualche evasione dal presente da realizzare, senza rendersi conto che tutto è già meravigliosamente qui e ora, esattamente dove siamo. Tutta la nostra vita e tutte le nostre realizzazioni e tutto il nostro essere sono esattamente qui nel sempre presente: ima koko watashi, “io, ora, qui”, senza bisogno di aggiungere o di togliere qualcosa. Nella nostra Tradizione Zen diciamo: “Più desideri una cosa e più il desiderio stesso ti allontana da essa.”. Questo non perché sia una visione punitiva, ma perché la tensione, la chiusura del volere a tutti i costi quel qualcosa, ci rende ciechi a tutta una sfera di possibilità e di realtà a lato del nostro desiderio, cui non diamo la giusta e corretta considerazione e che comunque sicuramente concorrerebbero al conseguimento del nostro fine. In più se non lo si ottiene nei tempi che ci siamo prefissati, subentra un senso di frustrazione, che ci allontana il più delle volte dalla Pratica stessa, o che comunque certo non ci dà beneficio. Teniamo conto d’altra parte che il praticare con un obiettivo talvolta porta ad abbandonare la Pratica dopo il raggiungimento del medesimo. La nostra è invece una Pratica è senza fine, continua, per sempre. Il Buddha sotto l’albero della Bodhi si è Risvegliato dopo sei anni di meditazione continua, ma ha poi continuato tutta la vita a sedersi in Zazen. Dobbiamo quindi sempre ricordare che non pratichiamo solo per noi stessi, ma per il bene di tutti gli esseri senzienti in quanto Unico Corpo del Buddha manifesto nell’Universo. Nel continuo mutamento e impermanenza dell’esistenza non c’è niente di fisso e permanente, così è anche per il nostro sforzo, che si snoda in un altalenarsi di Risveglio e di perdita e di consapevolezza. 
Buona Pratica. 

Rev. Shinnyo Marradi 
Shinnyoji, maggio 2018

tratto da EKIZEN Notiziario del Sangha di Shinnyoji Estate 2018





A NO-PROFIT PRACTICE

One of the most difficult steps in our Practice is to practice without a goal, with the mushotoku spirit, without wanting to gain betterment in any way, in any direction. What changes our attitude toward Practice is the famous leap from yourself to beyond yourself that naturally carries us in the current of the thankful Spirit for having encounter the Dharma in this existence, and to recognize the Buddha-Nature present in all sentient beings. To arrive at this understanding is a great step, which is equivalent to the acquisition of the spirit of gratuitousness, which translates into practicing without asking anything in return, placing itself in the order of Practice for Practice. In a lifestyle hinged on profit, practicing without profit is a great conquest. If we refer to the Second Fundamental Precept, “Do not steal”, that includes the idea of “do not ask for what has not been given”, and even this gives us a straight alignment on the Way. It teaches us to appreciate and value what we have, and that the fruit of this work is not just in this life, but also those from the past. Rather than complaining, it is more beneficial to concentrate ourselves on the energy of the moment and the possibilities of the present, rather than feeling despair and complaining which will not take us anywhere. Rather, something is always asked for, something that one does not have, something that weighs on us, that holds us, some evasion from the actual present, without realizing that everything is always marvelously here and now, exactly where we are. All o our life and all of our present moments and all of our beings are exactly here and always present: ima koko watashi “I, now, here”, without needing to add or subtract something. In our Zen tradition we say: “The more you want something the more you distance yourself from it.” This is not a punitive vision, but because the tension, the closure of wanting something at all costs makes us blind to all of the possible spheres and realities around us in our desire, which we do not give correct and consideration and that we would certainly not be in accordance of our goal. Also, if we do not have have we want within our prefixed timeframe, a sense of frustration arises that distances us even more from Practice itself, or at least doesn’t help us at all. Understand on the other hand that practicing with a goal sometimes brings us to abandoning the goal once we have reached it. Rather, ours is a Practice without a goals that continues forever. The Buddha under the Bodhi tree Awakened after six years of continuous meditation, but then he continued to practice Zazen for the rest of his life. We must therefore always remember that we do not practice just for ourselves, but for the good of all sentient beings as One Body of the Buddha manifested in the Universe. In the continuous changes and impermanence of existence, nothing is certain or permanent, and so also for our effort that unravels in a fluctuation of loss and awareness. 
Have a good Practice. 

Rev. Shinnyo Marradi 
Shinnyoji, may 2018

tratto da EKIZEN Notiziario del Sangha di Shinnyoji Estate 2018

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