di
Fritjof Capra
È
questo un intervento all'incontro di Alpbach (Tirolo) del settembre 1983.
Pubblicato
sulla rivista Paramita
(Tradotto
dalla versione tedesca di Júrgen Koch da Brigitte Weber)
1.
Nella mia vita di fisico, il mio interesse principale
è
stato sempre rivolto al profondo cambiamento che
ha
avuto luogo nelle definizioni e nelle idee nei primi
tre
decenni di questo secolo. Tale cambiamento
continua
ancora nelle attuali teorie sulla materia.
Nella
fisica, i nuovi concetti hanno generato una
modifica
drammatica dell'immagine che abbiamo
del
mondo, portando dalla concezione meccanicistica
di
Descartes e di Newton ad una concezione
olistica
ed ecologica molto simile alla visione del
mondo
propria dei mistici di tutti i tempi e di tutte le
tradizioni.
Non era facile per i fisici, all'inizio del
secolo,
accettare questa nuova visione della realtà.
La
penetrazione nel mondo atomico e subatomico li
portava
a contatto con una realtà estranea ed
inattesa.
Nei loro sforzi di afferrare questa "altra
realtà",
gli scienziati si rendevano conto che le
definizioni
fondamentali, il loro linguaggio, anche
lo
stesso loro modo di pensare non erano adatti a
descrivere
gli atomi ed i fenomeni subatomici. I loro
problemi
non erano soltanto di natura intellettuale;
in
realtà essi si trovavano in una crisi profonda che
era
poi una crisi emotiva, direi addirittura esistenziale.
Ci
voleva parecchio tempo per superare questa
crisi,
però alla fine venivano ricompensati con la
cognizione
profonda della natura e struttura della
materia.
Io
sono giunto a ritenere che la nostra società nel
suo
insieme si trovi oggi in una simile crisi, evidente
alla
vista di tutti noi. Basta dare uno sguardo ai giornali:
abbiamo
una crisi economica, una crisi
ambientale,
una crisi nell'assistenza sanitaria ecc.
Credo
che si tratti solo di sfaccettature della medesima
crisi
e che questa crisi fondamentalmente sia una
crisi
della percezione. Come la crisi della fisica
degli
anni '20, anch'essa si fonda sul nostro tentativo
di
applicare i concetti di una visione obsoleta del
mondo
ad una realtà che non può più essere descritta
ricorrendo
a tali concetti. Questa visione obsoleta
del
mondo è la stessa alla quale in un primo momento
ricorrevano
i fisici per descrivere il mondo degli
atomi:
la visione del mondo secondo la scienza
classica
cartesiana e newtoniana.
Viviamo
oggi in un mondo integrato globalmente in
una
rete, nel quale i fenomeni biologici, fisiologici,
sociali
e ambientali sono fra di loro correlati e interdipendenti.
Per
poter adeguatamente descrivere
questo
mondo, abbiamo bisogno di una prospettiva
ecologica
che la visione cartesiana del mondo non è
in
grado di fornire. Ci serve dunque un nuovo
paradigma,
una nuova visione della realtà, una
trasformazione
fondamentale del nostro pensiero,
della
nostra percezione e della nostra scala di valori.
L'inizio
di una tale trasformazíone, di un passaggio
dalla
visione meccanicistica alla visione olistica o
ecologica
della realtà, si intravede già dappertutto ed
è
probabile che il cambiamento dei paradigmi domini
i
prossimi anni. La profondità e dimensione
globale
della nostra crisi consentono di prevedere
come
conseguenza dei cambiamenti attuali una
trasformazione
in misura mai vista; è probabile che
lo
sviluppo dell'intero pianeta sia giunto ad una
svolta.
2.
La nuova concezione della realtà che si sta
formando
ora negli avamposti della scienza mostra
una
grande somiglianza con la visione dei mistici, in
particolare
con la visione della tradizione mistica
d'Oriente.
Per poter descrivere le somiglianze è utile
mettere
a confronto il nuovo paradigma con la
vecchia
concezione del mondo, quella della scienza
classica;
si potrebbe anche dire, con la concezione
tradizionale
dell'Occidente che risale agli atomisti
greci
Democrito e Leucippo e che, evolvendosi,
ebbe
la sua più chiara formulazione nel Seicento con
Galilei,
Descartes, Newton, Bacone ed altri.
L'interpretazione
della natura di Descartes parte da
due
settori separati e reciprocamente indipendenti:
il
settore della materia e il settore della mente.
L'universo
materiale per lui era una macchina, e
nient'altro
che questo. La natura funzionava secondo
leggi
meccaniche ed era possibile spiegare e descrivere
tutto
nel mondo della materia sulla base della
composizione
e del movimento dei suoi componenti.
Descartes
estendeva questa concezione meccanicistica
anche
agli organismi viventi: piante ed animali per
lui
erano semplicemente macchine ed anche se gli
esseri
umani possedevano un'anima, tutto ciò che
riguardava
il corpo umano era una macchina, alla pari
degli
animali. Questa inquadratura mentale è stata
portata
a trionfale compimento da Newton. Isacco
Newton
sviluppò una formulazione matematica
stringente
che diede sostanza alla struttura mentale
cartesiana.
Dalla metà del Seicento fino alla fine
dell'Ottocento
il modello newtoniano della realtà ha
dominato
l'intero pensiero scientifico.
Il
predominio dei concetti ed interpretazioni
newtoniani
prosegue fino al XX secolo inoltrato,
quando
succede una cosa interessante: mentre le altre
scienze
consideravano il modello newtoniano come
una
corretta descrizione della realtà e ad esso adeguavano
le
proprie teorie, i fisici nello stesso periodo di
tempo
abbandonavano i concetti newtoniani, costretti
dalle
sperimentazioni della ricerca nucleare a sviluppare
una
concezione del mondo completamente
diversa.
Una concezione che è olistica e che presenta
somiglianze
con le concezioni predominanti in Oriente.
In
contrasto con la concezione meccanicistica del
mondo,
il pensiero orientale --e qui vorrei sottolineare
che
mi riferisco al pensiero orientale solo per semplicità,
in
quanto anche in Occidente esistono molte
tradizioni
basate sulla medesima visione, che però in
Oriente
era la visione predominante - i mistici orientali
ed
i mistici in genere partono dall'idea che tutte le
cose
e fenomeni che noi percepiamo con i nostri sensi
sono
fra di loro correlati, collegati e dipendenti gli uni
dagli
altri, rappresentano tutto sommato soltanto
aspetti
diversi di una medesima realtà ultima. La nostra
inclinazione
di scomporre il mondo percepito in
cose
singole e separate, e di vivere noi stessi nel
mondo
come tanti "ego" isolati, viene intesa come
un'illusione,
suscitata dal nostro intelletto che tutto
misura
e classifica. Nella filosofia buddhista la si
chiama
avidya e la si intende come uno stato mentale
confuso
che deve essere superato, come il Dalai Lama
ha
spiegato ampiamente nella sua relazione.
Questa
divisione della natura e del nostro ambiente in
oggetti
separati è certamente utile e necessaria per la
vita
quotidiana. Tuttavia, non esiste alcun fondamento
reale
che la giustifichi. In linea di principio, non
esistono
oggetti separati; per il mistico orientale tutte
le
cose hanno una natura fluente e mutevole. Cito
ancora
il Dalai Lama: a seconda dello stato della
coscienza,
si ha una diversa percezione delle cose, i
contorni
variano. Questa variabilità dei contorni è assai
caratteristica
per le tradizioni spirituali. Che sono
dinamiche.
Mutamento, movimento, trasformazione,
flusso:
ecco gli elementi essenziali della loro
comprensione
del mondo. Il cosmo viene inteso come
entità
indivisibile, sempre in movimento, vivo,
organico,
spirituale e materiale insieme!
3.
Ora cercherò di mostrare come le principali caratteristiche
di
questa visione del mondo emergono anche
nella
fisica e nelle altre scienze. Nell'ottica della fisica
odierna,
l'universo materiale non è un sistema
meccanico
composto di oggetti isolati. Non possiamo
scomporre
il mondo in particelle piccolissime
indipendenti
le une dalle altre. Nello studio della
materia,
la natura non ci offre componenti fondamentali
isolate,
bensì un intreccio complicato di relazioni
fra
parti di un insieme integrato. Questo concetto di
rete
o di intreccio è oltremodo importante, penso, e
rappresenta
la nuova fondamentale metafora che
sostituisce
oggi l'immagine di elementi e componenti
isolati.
Due anni fà, giunto in Germania ed Austria
dopo
una lunga permanenza in America,, mi sono imbattuto
nel
concetto del "pensare in forma di reti" o
"intreccio".
e questo modo di pensare in reti o intrecci
è,
mi pare, assai caratteristico per il nuovo paradigma.
Allo
stesso tempo è anche una metafora caratteristica
delle
tradizioni mistiche. Consentitemi di citare a
questo
proposito la fisica Werner Heisenberg che
scrive:
"Il mondo appare come un tessuto complicato
di
eventi, nel quale collegamenti di ogni tipo si danno
il
cambio, si sovrappongono o si presentano
congiuntamente,
determinando in tal modo la struttura
dell'insieme".
L'esperienza ed interpretazione del
mondo
da parte dei mistici è molto simile. Prendiamo,
ad
esempio, la seguente osservazione di Shri
Aurobindo:
"L'oggetto materiale sarà qualcosa d'altro
rispetto
a quello che vediamo ora. Non una cosa isolata
stillo
sfondo o circondata dalla restante natura, ma
una
parte indivisibile, in modo sottile addirittura
un'espressione
dell'unità di tutto ciò che vediamo". Mi
sia
permesso di citare come ulteriore esempio Henry
Stapp,
un mio collega che lavora a Berkeley e che -
come
David Bóhm - si occupa molto delle interpretazioni
fondamentali
della teoria quantistica. Stapp
scrive:
"Una particella elementare non è un'entità
indipendente
e non ulteriormente divisibile; in ultima
analisi
è un fascio di relazioni con altri oggetti". Si
confronti
tale affermazione con quella del saggio
buddhista
Nagarjuna: "Le cose devono la loro essenza
e
natura alle loro reciproche relazioni, e niente è di
per
sé".
4.
Ora vorrei passare da questa prima tematica del
collegamento
e della dipendenza reciproca di tutti i
fenomeni,
della rete o struttura interattiva, al secondo
punto
che caratterizza la fisica moderna: la natura
dinamica
della realtà.
Anche
questo tema attraversa tutte le teorie fisiche,
ma
assume particolare peso nella teoria della relatività
che
è la seconda teoria importante nella fisica.
Come
sicuramente saprete, la teoria della relatività ha
apportato
drastiche modifiche al nostro modo di
intendere
lo spazio e il tempo. Ci ha dimostrato che lo
spazio
non esiste come entità tridimensionale separata
dal
tempo. Piuttosto, esiste un continuo quadridimensionale
"spazio-tempo",
nel quale le tre dimensioni
dello
spazio sono indissolubilmente
intrecciate
con la dimensione unica del tempo.
Pertanto,
nella teoria della relatività non possiamo
mai
parlare dello spazio senza esprimerci contemporaneamente
anche
sul tempo, e viceversa.
Con
questa teoria noi viviamo da oltre 75 anni - forse
non
dovrei dire "noi"; comunque, alcuni di noi - ed i
fisici
hanno ora completa familiarità con la sua formulazione
matematica.
Ciò nonostante, non abbiamo
-
o almeno la maggior parte di noi non ha - alcuna
esperienza
diretta di questo "spazio-tempo" quadridimensionale,
e
perciò abbiamo grosse difficoltà nel
trattare
tali concetti nel linguaggio d'ogni giorno e
nell'esperienza
quotidiana. Dominiamo l'aspetto matematico
e
fisico, siamo in grado di applicare la teoria,
di
predire determinati eventi, e così via; però quando
occorre
parlare delle cose che succedono realmente,
abbiamo
grosse difficoltà. Evidentemente, la stessa
situazione
esiste anche nelle tradizioni mistiche.
Sembra
che i mistici siano in grado di raggiungere
stati
eccezionali della coscienza, durante i quali trascendono
il
mondo tridimensionale della realtà quotidiana
per
vivere una realtà superiore e, come essi
spesso
dicono, multidimensionale. Aurobindo parla di
una
trasformazione sottile che apre al senso della vista
un
qualcosa come una quarta dimensione.
E
- come nella realtà della teoria della relatività, o,
come
diciamo noi, nella fisica relativistica - è molto
difficile,
se non impossibile, esprimere tale realtà
dell'esperienza
meditativa nel linguaggio di tutti i
giorni.
Ma
quando mistici e fisici parlano di altre dimensioni,
forse
non intendono la stessa cosa. Può darsi che
parlino
di fenomeni diversi; tuttavia, è sorprendente
che
le loro esperienze abbiano condotto i mistici ad
una
visione dello spazio e del tempo che assomiglia
molto
a quella dei fisici. L'intero mondo mistico
orientale
sembra avere una comprensione intuitiva di
ciò
che si potrebbe chiamare il carattere
spazio-temporale
della relatività. Ancora ed ancora si
sottolinea
il fatto - altrettanto importante nella fisica
relativistica
- che spazio e tempo sono collegati tra di
loro
inscindibilmente. Per fare un esempio, lo studioso
buddhista
D.T. Suzuki scrive: "È un puro fatto
d'esperienza
che non vi è alcuno spazio senza tempo,
e
alcun tempo senza spazio". Questa frase sarebbe
adatta
per fare da epigrafe ad un qualsiasi libro sulla
teoria
della relatività speciale e rappresenta precisamente
il
risultato della teoria di
Einstein.
5.
Credo che sarete d'accordo con me che i concetti di spazio
e
di tempo sono centrali per noi nel descrivere la natura. Quanto
detto
non vale soltanto per la scienza, ma anche per la filosofia,
l'arte
e l'esperienza quotidiana. Ogni volta che ci
orientiamo
nel nostro mondo, ci serviamo dei concetti
di
spazio e tempo. Quando questi concetti fondamentali
vengono
profondamente modificati, si può prevedere
che
anche molte altre cose cambino. Precisamente
questo
è successo nella fisica: abbiamo una nuova
inquadratura
di riferimento del pensiero, il cosiddetto
sistema
relativistico, che porta a molte e significative
conseguenze.
La più importante di esse è forse la
conoscenza
del fatto che la massa non è che una
forma
di energia, che nella massa di ogni oggetto è
immagazzinata
energia. Questi sviluppi, l'unificazione
di
spazio e tempo e la scoperta dell'equivalenza di
massa
ed energia, hanno avuto un'influenza profonda
sulla
nostra concezione della materia. Nella fisica
moderna,
la materia non viene più rapportata a qualche
sostanza
materiale. Anche se le particelle elementari
hanno
una certa massa, questa massa è - come già
dicevo
- una forma d'energia. L'energia, a sua volta, è
sempre
accompagnata da processi, da attività. Come
nella
vita di tutti i giorni possiamo sviluppare una
grande
attività quando siamo carichi di energia e
abbiamo
un potenziale per essere attivi, così anche
nella
scienza: l'energia è una misura dell'attività.
Le
particelle elementari sono fasci d'energia, cioè
modelli
di attività. Questi modelli energetici del
mondo
subatomico formano strutture atomiche e
molecolari
stabili, costitutive della materia, alla quale
conferiscono
l'apparente durezza e solidità, che ci
fanno
credere che la materia consista di sostanza
materiale.
Al livello macroscopico del quotidiano è
molto
utile avere l'immagine di una sostanza materiale,
ma
quando si avanza verso dimensioni sempre più
piccole,
questa immagine perde l'utilità. Sappiamo
tutti
che le strutture del nostro ambiente sono composte
di
atomi, che gli atomi sono composti di particelle
elementari
e che le particelle elementari non hanno
alcuna
sostanzialità materiale. Quando le osserviamo,
non
vediamo mai una sostanza materiale. Adopero
naturalmente
una metafora quando dico "non vediamo
mai";
certamente non possiamo vedere nulla, in
quanto
sono troppo piccole. Tuttavia, attraverso le
nostre
sperimentazioni abbastanza raffinate, non
possiamo
mai constatare un qualcosa che assomigli
ad
una sostanza materiale. Quello che osserviamo
sono
modelli dinamici che continuamente si trasformano
l'uno
nell'altro, un balletto incessante di
energia.
Da tutto ciò possiamo capire che l'immagine
del
mondo della fisica contemporanea è per sua
essenza
una visione ecologica. Essa sottolinea il
fattore
fondamentale della reciproca relazione e
dell'interdipendenza
di tutti i fenomeni, nonché la
natura
intrinsecamente dinamica della realtà fisica.
6.
Per poter allargare questa visione alla descrizione
degli
organismi viventi e dei fenomeni sociali,
dobbiamo
andare oltre i limiti della fisica. Attualmente
esiste
già un'impostazione che sembra rendere
possibile
in maniera ideale il trasferimento di tali pensieri
ad
altri settori. Questa impostazione è nota come
la
teoria dei sistemi. Secondo la teoria dei sistemi, il
mondo
viene rappresentato attraverso i concetti di
relazioni
ed integrazioni. I sistemi sono degli insiemi
integrati,
le cui caratteristiche non possono essere ricondotte
a
quelle delle loro unità più piccole.
L'approccio
sistemico rivolge la sua attenzione non ai
componenti
fondamentali, bensì ai principi
fondamentali
dell'organizzazione.
Quali
sono dunque questi sistemi? Nella natura si
trovano
esempi a bizzeffe. Ogni organismo - dal più
piccolo
batterio attraverso il vasto campo delle piante
e
degli animali fino all'uomo - è un insieme integrato,
è
un sistema vivente. Le cellule sono sistemi viventi,
lo
sono anche i tessuti composti di cellule e gli organi
composti
di tessuti. Tuttavia, i sistemi - sistemi
viventi
- non si limitano al singolo organismo o alle
sue
parti. Ci sono anche sistemi sociali, come la
famiglia
o una comunità, e ci sono sistemi ecologici,
che
uniscono fra di loro un'intera rete di organismi e
di
materia inanimata in reciproca interazione. Tutti
questi
sistemi naturali sono degli insiemi, le cui particolari
strutture
derivano dall'interazione e dalla
reciproca
dipendenza delle loro parti. Le caratteristiche
sistemiche
vengono distrutte quando il sistema
viene
scomposto - fisicamente o teoricamente - in
parti
isolate. Anche se possiamo distinguere all'interno
di
ogni sistema le singole parti, la natura dell'insieme
rimane
tuttavia qualcosa di diverso rispetto alla
somma
dei suoi componenti.
Un'altra
caratteristica importante dei sistemi è la loro
natura
essenzialmente dinamica. Le loro forme non
sono
strutture rigide, bensì espressione viva dei processi
di
fondo. Pertanto, pensare in sistemi significa
sempre
pensare in processi. La forma o la struttura
viene
portata in relazione ai processi, il legame in
relazione
all'interazione e gli opposti si uniscono
nell'oscillazione.
Come
la visione della fisica contemporanea, così
anche
la visione della teoria dei sistemi è ecologica e
sottolinea
le relazioni reciproche e l'interdipendenza
di
tutti i fenomeni, nonché la natura dinamica dei
sistemi
viventi. Come la fisica moderna, anch'essa
presenta
tanti parallelismi con il modo di vedere delle
tradizioni
spirituali.
7.
Non mi resta abbastanza tempo per spiegare meglio
questi
parallelismi. Mi sia soltanto concesso di
menzionare
alcuni concetti della "scienza dei sistemi",
che
trovano una loro corrispondenza nelle tradizioni
spirituali:
il rapporto fra vita e morte, il concetto
del
libero arbitrio, il concetto del karma, il rapporto
fra
mente, materia e coscienza. Oggi riconosciamo
che
l'analogia fra i punti di vista della scienza e dei
mistici
non si esaurisce nel campo della fisica, ma
può
essere estesa ad altre scienze, grazie alla teoria
dei
sistemi. Direi che una tale convergenza fra scienza
e
spiritualità non è affatto casuale. La nuova interpretazione
della
realtà è una interpretazione ecologica,
con
un significato che va ben oltre le esigenze immediate
della
tutela dell'ambiente. Io adopero il concetto
`ecologia'
in un senso molto vasto. Anche se è
vero
che la coscienza ecologica viene confermata dalla
scienza
moderna, essa tuttavia si fonda su una percezione
della
realtà che va oltre il campo della scienza.
È
la comprensione intuitiva dell'unità di tutta la
vita,
dell'interdipendenza delle sue innumerevoli manifestazioni,
dei
circuiti di cambiamento e trasformazione.
Se
il concetto della mente umana viene inteso
come
quello della coscienza attraverso cui il singolo
si
sente unito al cosmo intero, allora diventa evidente
che
la coscienza ecologica per sua natura intrinseca è
una
coscienza spirituale, in quanto questo fondamentale
legame
del singolo con il cosmo intero si rivela
un
fattore centrale sia per la coscienza ecologica, sia
per
quella spirituale.
In
effetti, l'immagine del legame con il tutto si esprime
già
nella parola "religione", che deriva dal latino
religare,
ovvero "collegare strettamente". Lo stesso
pensiero
è contenuto anche nella parola orientale
yoga
che significa "unificazione". Pertanto, non è sorprendente
che
la nuova visione della realtà sia compatibile
con
molte concezioni delle tradizioni mistiche.
Si
può ora confermare con un buon grado di sicurezza
ciò
che molti uomini e donne del nostro secolo,
all'ovest
e all'est, hanno espresso in termini più speculativi,
e
cioè: l'interpretazione mistica del mondo,
chiamata
anche philosophia perennis, rappresenta lo
sfondo
filosofico più convincente per i concetti e le
teorie
della scienza contemporanea. Le implicazioni
di
tutto questo sono notevoli. Può darsi che l'armonia
fra
saggezza orientale e scienza occidentale possa
indicare
la via verso l'armonia della famiglia umana
intera;
oppure, come si è espresso in maniera
eccellente
il Dalai Lama: verso il suo nirvana.
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