lunedì 13 maggio 2019

L’uomo che faceva cantare la pietra.


Scaricando una scultura nel giardino museo Sciola
Il 13 maggio ricorre l'anniversario della scomparsa di un grande artista italiano,
Giuseppe Sciola, chiamato affettuosamente Pinuccio, vezzeggiativo che non mi è mai piaciuto perché mi sembra che nel piccolo lo sminuisca. Ma la sua grandezza va oltre i diminutivi. Inarrestabile. Ed internazionale.
Sciola ha estratto il suono delle pietre. Ha creato un fantastico mondo di megaliti, note musicali e luci, mettendo in relazione la terra e l'uomo, rumori ancestrali, silenzi e parole antiche dove l'ordine dell'universo si ritrova:
Mentre molti politici e tanti invidiosi gli hanno reso la vita difficile, ha trasformato il suo paese, San Sperate, in un museo all'aperto, con arte e manifestazioni che dall'essere visionarie sono diventate una realtà cittadina concreta, come dovrebbe veramente essere l'arte, una presenza attiva e quotidiana che smuove costantemente l'anima delle persone:
Ricordo che mi aveva colpito molto che all'annuncio della sua scomparsa nel 2016 ci fosse stata una reazione molto tiepida da parte dei media. Mi sono chiesta se avessi perso io qualche prima pagina dei giornali o qualche servizio tv su Sciola, lui, che aveva scelto di non appartenere a nessuna galleria d'arte e di non farsi mangiare dal mercato, lui che aveva tanti buoni amici critici e curatori d'arte, famosi, che sicuramente lo avrebbero ricordato. Ma ho la sensazione che sia stato detto molto poco su questa scomparsa o comunque non abbastanza.
Illuminazione notturna nel giardino - museo
E ricordo invece che nel 2018 mi avevano colpito come assordanti le prime pagine dei quotidiani nazionali per la scomparsa di Carlo Vanzina. Senza niente togliere al gentile signore che era Vanzina. Riservato ed educatissimo. Lo incontravo spesso a Villa Borghese dove, come in una delle migliori commedie dei fratelli Vanzina, il suo cagnolino non aveva capito che il mio era un maschio e se ne era innamorato perdutamente, mentre il mio lo disdegnava. Il cane di Vanzina continuava ad andare fra le gambe del mio Rex, il quale, essendo più alto, alzava la zampa per fargli pipi sulla testa. Vanzina più o meno prontamente richiamava il guinzaglio per evitare la doccia, io mi scusavo e la passeggiata di tutti continuava per vie separate. Ogni incontro stessa storia.
Vanzina apparteneva alla cultura pop italiana. Non dico che la sua scomparsa non meritasse i necrologi e le prime pagine ma mi sarebbe piaciuto un ricordo e una riflessione nazionale anche per un artista come Sciola, meditativo, concreto, che ci ricorda che "la pietra è la struttura portante di questo pianeta e la memoria dell'Universo". Ci ricorda di fermarci e ascoltare.
E mi è dispiaciuto constatare ancora una volta quanto l'alta qualità molto spesso non faccia notizia. Non abbastanza.
Sono andata a trovare Sciola nel settembre 2013. Mi sono presentata dal niente, dicendogli il nome di amici comuni. L'ho seguito mentre lavorava. Fatto foto. Lavato i piatti. Mi accorgo che nel grande studio-loft a tre piani era rimasto chiuso per sbaglio un gatto e aveva sporcato alcune cose, divani, stoffe, cuscini... Inizio a pulire e ad organizzare. Chiedo al suo collaboratore di aiutarmi a portare fuori un divano, coordino la donna delle pulizie, Sciola allibito mi guarda e dice:
- "Da dove vieni? Dall'accademia militare?"
- "No, da un Dojo Zen".

In memoria: Giuseppe Sciola, 13 Maggio 2016

Maura Garau

Il giardino museo


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