mercoledì 20 marzo 2024

Sedere in Zazen: questa è rivoluzione

Dalle note prese da Taigô Sensei durante la Sesshin da lui organizzata a Collevecchio e condotta dal suo Maestro Taiten Guareschi Roshi circa 20 anni fa.


“Chi ha la resposabilità del kyōsaku, il Jikidō, deve vigilare e cor­reggere le posture.
  Correggere la postura significa rettificare lo spirito, anche se nello spirito non c'è niente da rettificare. L'azione del kyōsaku, come quella dello spaventapasseri nei campi coltivati, deve essere impercettibile. Chi lo riceve e chi lo amministra sono uno.

L'uomo arcaico - che è vivo in noi - sentiva di pensare attraverso le più recondite e minute funzioni fisiologiche. Pensare è respirare. Non è solo il cervello che pensa. Sedendo in zazen, nutriamo quella coscienza arcai­ca o coscienza originale e primitiva. 

Zazen è l'esercizio di coscienza risvegliata, che è Buddha.  Che siate soli o insieme, sedete in un Dōjō  (in sanscrito, bodhimanda), luogo di Risve­glio.  La nostra pratica non è un'operazione privata. Per entrare in un Dōjō, si varca una soglia, che costituisce un inciampo, "l'inciampo dello scandalo". Il vostro corpo, la vostra coscienza, il vostro "io" inciampano. Per accedere, vi è richiesta una nuova visione-del-mon­do. Entrare significa formulare questa nuova visione. Shōken, che significa "giusta visione", è il primo degli Otto Sentieri.  

L'esercizio dello Zazen non è riducibile ad una prova di pazienza nè ad una tecnica del benessere. Lo zafu è il Seggio del diamante, il seggio di Buddha, Issai Hōku , il vuoto di ogni dharma.  In Zazen sedete al centro dell'universo.  Il modo di entra­re, di uscire, di camminare, di sedere nel Dōjō è interpretare il Dharma, la Legge del Buddha. Questo Dharma o Legge del Buddha non è a sua volta riconducibile ad una prescrizione normativa, nè a delle istruzioni o a delle buone maniere.  Attraverso la non-istruzione, cogliete la totalità. Cogliendo la totalità, avete la possibilità di apprezzare voi stessi, di cono­scervi al di là di ogni impedimento.

Le indicazioni sulla postura dello Zazen - la concentrazione sulle mani, sui pollici, basculare il bacino, rientrare il mento, chiudere la bocca, i denti in contatto, la lingua contro il palato - potranno sembrarvi eccessivamen­te minuziose. In realtà, non dovreste pensare di concentrarvi sui singoli punti uno dopo l'altro, ma cogliere invece le indicazioni nella loro com­plessa totalità. Simultaneamente realizzerete che le spalle non ostrui­scono le ginocchia, le ginocchia non impediscono il respiro. Ciascun par­ticolare non ne ostruisce nessun altro, ma invece nella sua singolarità include ogni altro particolare.

Non continuate a pensare nei temini di "questo mio corpo", "queste mie mani", "queste mie gambe". Nulla di tutto ciò vi appartiene. Tutto è uni­tà.  Così vivono, tra loro, il bene e il male, le montagne e i fiumi, le stelle e le nuvole: co-esistono insorgendo simultaneamente interpenetrandosi senza impedirsi a vicenda. In un Dōjō, in un tempio Zen, l'educazione ruota attorno a questi elementi.  

La testa è ben dritta, il naso cade verticalmente sull'ombelico, i lobi delle orecchie cadono sulle spalle. Anche il pensiero pesa. Se passate di pensiero in pensiero la testa diventerà un masso insostenibile. Alleggerite la testa : pensate senza pensare (Hishiryō)!  

Nel Dōjō non si entra né si esce a proprio piacimento. Dovete trovare la forma per entrare ed uscire. Se siete ben concentrati sulla postura, pote­te recepire le mie esortazioni e poi elaborarle. Ma se, anche durante Zazen, vi chiudete nel vostro pensiero, vi isolate, non sarete capaci di nessuna vera elaborazione, resterete ancorati alle vostre convinzioni. 

Zazen è un abbraccio. Quando sedete, concentratevi sul mudra, che è sigillo del Sarnadhi cosmico (Hokkaijoin), sigillo dell'oceano sconfinato di ogni fenomeno.Il pensiero (shiryō) s'abbraccia, s'intreccia, al non-pensiero (fu-shiryō) come pensare senza pensare (hishiryō).

Ricevere un'educazione, vuoi dire intrecciare una relazione: le persona­lità del maestro e del discepolo devono intrecciarsi, formare una treccia, katto, le loro vite non possono semplicemente correre parallele; la sepa­razione e l'incontro sono altrettanto importanti. Sta a voi trovare il modo, la forma.  

I simboli, l'altare, la disposizione di questa piccola chiesa, corrispondo­no ad una cultura che ci è propria: non possiamo ignorarli. Dobbiamo studiare e capire per apprezzare. Questo luogo ha un orientamento e pre­senta un accesso principale ed uno secondario. Nel nostro caso entria­mo dall'ingresso posteriore, seguiamo un percorso preciso per sedere. Questo è uno spazio del sacro e come tale è universale. Dovremmo ca­pirlo come la dimora del Tathagata: il grande cuore della pietà e della compassione (issai shujō daijihi shin). 

I bambini sono dritti come steli e hanno occhi pieni di stupore. Sono in molti a pensare che l'istruzione, la cultura sia stare chini sui libri. Pensate spensieratamente. La testa, in equilibrio, deve spingersi verso l'alto. La schiena è dritta. L'uomo arcaico sviluppava il suo pensiero nelle più nascoste funzioni fisiologiche. Proviamo a guardarci allo specchio.. E guardiamo il viso di uno dei tanti uomini e delle tante donne che per tanti anni abbiamo imparato a definire sbrigativamente del "Terzo mondo". Osservate il loro sguardo, il carattere dei loro visi. Guardate quegli occhi. Provate a guardare la bellezza di una vecchia contadina indiana o afghana con il volto grinzoso e bruciato. Parago­natela con una giovane Miss dei concorsi di bellezza. Provate a vede­re dov'è la bellezza.

Sedere in Zazen: questa è rivoluzione, questo è ri-volgimento, e non quel che pensiamo del pensare, ma piuttosto quel che non-pensiamo del pensare. Non bisogna credere che entrare in un Dōjō ed entrare in una sala d'aspetto di una stazione ferroviaria siano la stessa cosa. Il Dōjō, come abbiamo visto, è la casa del Tathagata - il cuore della pietà e della compassione - ove trovano dimora tutte le esistenze (issai shujō). L'entrata è marcata da una soglia rialzata come un gradino. E necessa­rio quindi alzare bene il ginocchio, il piede, per non inciampare quando si entra... In alcuni casi ci si deve scalzare prima di entrare... In tutti i casi è necessario lavare i piedi prima di entrare e sedere in Zazen. Tutti questi elementi segnano una separazione, un'alterazione che sono quel­le del sacro.

Quando vi invito a concentrarvi sulla postura, dovete mettere in campo energie che vanno al di là del pensiero. Lo Zen non ha nulla a che vede­re con il nichilismo. Il nichilista pensa che il vuoto sia "qualcosa". Non ha la cultura del nulla. Per questa mentalità dispettosa, rivendicativa, il nulla è un "es­sere", è "qualcosa". Ma cos'è il nulla? "Les jeux sont fait, rien ne va plus!".  In questo mo­mento preciso, non c'è più nulla da fare. Il momento successivo rico­mincia da zero. Qui ed ora! La vita nasce ogni momento. Ogni momen­to muore. Qualunque cosa accada, siete in pace.”


© Tora Kan Dōjō




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