Mushotoku: calligrafia di Taisen Deshimaru Roshi |
“Se non pensiamo che al solo risultato, che al frutto, con la nostra coscienza personale, non possiamo concentrarci né lasciar manifestare pienamente la nostra energia.Se si produce solamente lo sforzo, allora,
il più grande frutto apparirà inconsciamente, naturalmente."
Con queste parole Deshimaru Roshi, Patriarca dello Zen Europeo, esprimeva il principio Mushotoku : ‘senza scopo né spirito di profitto’.
Mushotoku è concetto abusato e spesso mal interpretato che si manifesta quanto mai attuale e ‘terapeutico’ per la nostra cultura.
Se non fareste anche gratis, con lo stesso entusiasmo e serietà il lavoro che fate, allora state perdendo la vostra vita.
Questo impegno entusiasta, privo di calcolo, è quel che determina la ‘purezza’ dell’azione.
'Il guerriero ha diritto all'azione ma non ai suoi frutti' recita il Baghavat Gita
Un’entusiasta impegno gratuito che sempre più raramente riesco a riconoscere nell’opera degli uomini che incontro.
Più facile è incontrare tanti piccoli, insoddisfatti, schiavi che svendono la propria vita al miglior offerente per un tozzo di pane, aspettando la paga di fine mese e il week-end liberatorio.
E non mi riferisco al genere di lavoro che svolgono ma allo spirito con cui lo 'subiscono'.
In questi giorni si fa un gran parlare di un personaggio dello spettacolo che avrebbe venduto il proprio corpo per trarre vantaggi economici di vario genere e tutti son lì a puntare il dito e gridare allo scandalo.
Ma quella su cui puntano il dito non è che l’espressione esponenziale, spettacolarizzata, del modo in cui la maggior parte della gente alle nostre latitudini conduce la propria vita.
Siamo sicuri che anche noi non ci stiamo in qualche modo vendendo per il nostro vantaggio spesso ben più misero di quello di tal personaggio ?
Siamo sicuri che sia più scandaloso mettere in vendita il proprio corpo in quella forma che non il proprio tempo, i propri ideali e comunque il proprio corpo-mente nelle molte altre forme di commercio possibili, legittimate dall'uso comune, ma non meno miserabili ?
Vedo tanta gente che, solo se retribuita, è capace di esprimere uno sforzo, è capace di sottoporsi ad un minimo di disciplina (per non parlare di quelli che nemmeno se retribuiti riescono a farlo).
In Giappone riesco ancora a incontrare quell’entusiasmo, quell’impegno ingenuo e puro nel far le cose, nel prendersi cura del proprio incarico, fosse anche quello di lucidare il vetro di una scala mobile, come se sulla trasparenza di quel vetro si reggesse tutta l’azienda.
La cura per il proprio lavoro dell’ultimo commesso di un supermercato giapponese mi ha sempre fatto pensare che la sua attenzione per il suo incarico non fosse minore di quella che doveva avere il direttore per il proprio.
Nel Dojo questo diventa estremamente evidente.
Molte delle azioni nel Dojo a partire dallo stesso allenamento o esercizio richiedono uno sforzo gratuito e sono pochi, molto pochi, quelli che comprendono quanto possa nutrire la loro vita quest'azione gratuita, i più sono pronti a metterla immediatamente in secondo piano non appena si presenta l’occasione di un'attività ‘più esplicitamente remunerativa’, ‘apparentemente più economica’.
A mio parere uno sforzo, una disciplina, nutriti dalla motivazione del guadagno sono ‘atti impuri’ che non solo non possono dare buon frutto ma che in qualche modo contaminano la vita di chi li produce creando cattivo Karma.
Io ho, da molti anni, una postazione di osservazione privilegiata: lo Zazen.
Sedere in silenzio e raccoglimento, limitandosi solo ad essere (forse la santa povertà di cui parlava Frate Francesco): c’è qualcosa di più gratuito e apparentemente più anti economico ?
Lo Zazen è gratuità radicale, l’offrirsi totalmente così come siamo, senza riserve, di fronte al momento che ci è dato vivere.
Una pratica e una realizzazione che trovano immediato riverbero nell’azione quotidiana.
Per certi versi, anche se in modo apparentemente meno radicale, è gratuita anche l’azione del praticare il Karate-Do.
Sì, certo, si può obiettare che c’è chi lo pratica per applicarlo alla ‘difesa personale’, chi per ‘scaricare lo stress’… d’altronde anche lo Zazen viene oggi venduto come metodo antistress, ma nessuno di questi continuerà a lungo la propria pratica né raccoglierà alcun significativo e duraturo frutto da essa se non sarà in grado di scoprire la gratuità dell’esercizio.
Anche lo stesso sport nasceva come azione gratuita (desporter, il termine francese da cui deriva sport, significa divertimento, svago..) per ritrovarsi oggi schiavo della medaglia, del risultato, del primato.
Così, su questa deriva, i bambini sono definiti nelle federazioni sportive pre-agonisti come se la pienezza e ricchezza della loro età fosse solo un momento di preparazione alla prestazione futura, che per molti non arriverà mai perché frustrati nelle loro legittime necessità e aspettative, abbandoneranno prima.
La stessa, pericolosa, impostazione mi sembra di constatarla nella scuola.
Non è nemmeno immaginata la possibilità di poter insegnare ai bambini che si possa fare qualcosa solo per amore senza vederne un immediato profitto.
Un insegnante che osasse tanto sarebbe considerato politicamente scorretto e violentemente avversato dai genitori che invece vogliono che il loro figliolo impari ad usare ogni mezzo per primeggiare sugli altri nella fallimentare speranza che possa vendicarli per la vita grigia da schiavi che stanno conducendo.
Anche nella scuola è privilegiato il primato, il primato del bambino che vince la gara di matematica tra scuole è menato a vanto piuttosto che una classe intera che cresce armoniosamente.
Non vedo una scuola dove ai bambini più ‘dotati’ venga fatto capire che a volte è necessario rallentare il passo per procedere assieme ai loro compagni ‘più lenti’ per non isolarsi e perché godere di un panorama condiviso è ben più appagante e gioioso che trovarsi da soli sulla cima di una montagna.
Quale società stiamo costruendo insegnando questo ai nostri bambini?
Il bambino, archetipo della gratuità, verrà ben presto corrotto da questa educazione alla furbizia ed al profitto.
Ho iniziato ad insegnare per la passione ed amore che nutro per l’arte che pratico e continuo a farlo gratis.
Il compenso che ne può derivare è un frutto che non ho preventivato né saprei quantificare, un’offerta che mi viene e che mi porta ad interrogarmi costantemente se io ‘sia degno di questo dono’ (come recita il Gyohatsu Nenju, le strofe che si recitano durante il pasto Zen).
Faccio del mio meglio perché il Dojo, la nostra scuola, possa vivere e per poter vivere ha necessità di cura e nutrimento.
Sento di aver ricevuto incarico di essere custode di questa creatura che si nutre dei nostri sogni e del nostro gratuito entusiasmo.
Questo è il mio compito, questo è quello che la vita mi ha chiamato a fare, forse per le mie caratteristiche che chissà, possono essere un buon veicolo per la trasmissione dell’arte portando beneficio ad altri…
Di certo non per lo stipendio.
“Se apriamo le mani, possiamo ricevere ogni cosa.
Se siamo vuoti, possiamo contenere l’universo”
Tratto da : 'La Forma del Vuoto: Riflessioni su Zen e Arti Marziali' di Paolo Taigô Spongia ed. Mediterranee
disponibile per l'acquisto in tutte le librerie e online: https://www.amazon.it/forma-vuoto-Riflessioni-arti-marziali/dp/8827232230/
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© Tora Kan Dōjō
il rapporto con la quotidianità non è mai facile, né scontato. Questo periodo sto riflettendo su questi temi perché partecipo ad una mostra collettiva a milano, con tema Garibaldi, l'eroismo. Il collage che ho preparato rappresenta un 'eroe quotidiano': un padre con un figlio per mano che camminano in una strada polverosa in Iraq. Sembra vadano a fare una commissione. O forse lui lo accompagna a scuola. Non si sa. Ci vuole molto coraggio per vivere con coraggio ed alzarsi dal letto ogni mattina. Molto coraggio per decidere di alzarsi E non essere persone mediocri. E allo stesso tempo compiere atti e gesti quotidiani e ripetitivi... che potrebberò essere eroici sia nella loro ripetitività che in un evento inusuale ogni tanto. Penso che in questo senso uno spirito di gratuità della vita aiuti sicuramente. Senza scopo né spirito di profitto.
RispondiEliminaCredo che la mancanza di entusiasmo, sia uno dei motivi alla base dei comportamenti nervosi, superficiali e apatici, di molte persone. Questo a giovamento degli schemi societari, che tendono sempre più a far perdere la propria personalità, i propri tratti carattestici alle persone. Rendendo tutti un'enorme massa, divisa in categorie ben determinate.
RispondiEliminaSpesso il risultato è la necessità, di tante persone, di appartenere a qualcosa, a qualche gruppo, che sia religioso, politco, o semplicemete "sportivo".
....il bombardamento mediatico giornaliero è quello che più ci distoglie dalla nostra natura...la generazione dei nostri padri fu la prima a subire tutto questo...messo il culo sul divano e telecomando in mano negli anni 80 e il gioco è fatto....noi siamo,in parte, il risultato di quell'azione....eravamo e siamo tutti così ansiosi di dover diventare o dimostrare di essere qualcuno che ci siamo completamente dimenticati che la bellezza della nostra esistenza sta proprio nell'essere semplicemente uomo...siamo assai deboli,proprio perchè sempre preoccupati di prevaricare qualcun altro con i nostri ego mastondontici,....siamo assai impauriti,perchè non sappiamo rapportarci con le nostre emozioni...e sopratutto non abbiamo più liberi pensieri...
RispondiElimina...penso oltremodo che sia assai complesso,in piena epoca globale e consumista,spiegare la dinamica della grautità dell'azione...a meno che incontrarla dopo che qualcuno di noi abbia percepito che probabilmente nella vita ci sia altro...che da qualche parte ci sia del sacro,non palesemente manifestato,ma incosciamente compreso....
La prostituzione intellettuale è la peggiore di tutte... penso a qulle poveracce che vivono ai margini dalla società perchè decidono o sono costrette a fare "la professione". Invece chi urla e sbraita a pagamento forte dei suoi titoli o dei mezzi mediatici che gli vengono messi a disposizione viene portato in trionfo. Non ho capito neanche da quando essere rozzi è una qualità, insultare a pagamento è una professione, essere gentili non vale niente perchè è gratis dove tutto ha un prezzo come al supermercato.
RispondiEliminaLa prima cosa che ho pensato dopo aver letto questo post è stata:”Ma io lavorerei gratis? Il lavoro che faccio mi entusiasma?!” Ho riflettuto parecchio su questo interrogativo, ben conscio del fatto che qualche tempo fa avrei risposto, senza il minimo tentennamento, un fortissimo SI! Esperienze lavorative ora mi rendono meno propenso per il “Gratis”, troppi esempi sbagliati, di persone che non solo non si pongono minimamente la questione del concedersi gratis, ma neanche si concedono per la parte per la quale percepiscono lo stipendio. Troppo spesso questi individui hanno i maggiori benefici, sia in termini prettamente carrieristici che di risparmio energetico, diciamo cosi..
RispondiEliminaMa riflettendoci più a lungo, è giusto non concedersi con lo slancio e la gratuità che è propria di chi vive nel presente? Di chi non fa calcoli per il futuro? Di chi fa le cose per il piacere di farle? Di essere più forte del cattivo esempio di mille e mille personaggi che incontriamo sul cammino della via? Ma è altrettanto vero che una vita immersa nell'ingiustizia, passando perennemente per il fesso di turno, in una civiltà come quella italiana in cui il furbo di turno è spesso visto con un occhio quasi di ammirazione, è alquanto difficile!
L'importante alla fine è ritagliarsi un piccolo angolo di paradiso, un posto dove fare per il piacere di farlo, magari libero da prostituiti del guadagno personale.
Un ultima considerazione, in battaglia un atteggiamento votato alla salvaguardia individuale della propria incolumità porta inevitabilmente alla sconfitta!! Se ogni soldato pensa a salvarsi la vita più che a combattere le possibilità sono ben minime. Cosi in battaglia per salvaguardasi la vita, bisogna agire come se di essa non ci importasse nulla, cedendola gratuitamente.
Gratuità?
RispondiEliminaAl giorno d'oggi credo che questa tematica rappresenti qualcosa di inconcepibile,ancor meglio direi scandaloso.
Fin dalla nostra nascita consapevolmente o meno veniamo accompagnati ed allevati da un sistema legato fortemente al profitto,la dignità dell'individuo e la sua forza sono erroneamente misurate in base alla capienza patrimoniale delle sue tasche.
L'avidità con la quale si vive rende drammaticamente normale il capovolgimento degli ideali,l'ulteriore ed infinita capacità di adattamento dell'uomo sia verso l'alto che verso il basso chiude inesorabilmente il cerchio.
L'economia tra l'altro vile e viziata invade ogni campo e ambito di manifestazione degli esseri senzienti,nei nostri geni,nelle nostre cellule è ormai indelebilmente depositato questo cancro che ci svuota di umanità.
Eppure basta alzare lo sguardo,basta saper osservare per comprendere che tutto quello che ci circonda è GRATIS;il sole,l'aria,le piante,la luna insomma tutto il sistema è infinita espressione di questa autentica gratuità,ed è essa stessa il sigillo dell'incomprensibilità del tutto.
Solo nutrendo quotidianamente e sviluppando un vero sentimento di fede si può apprezzare l'incondizionato e perpetuo concedersi dell'universo.
Affidarsi a tanta bellezza e inspiegabilità,vivere il mistero dell'esistenza senza cercare di afferrare,spiegare e dominare.
Il vero problema è che siamo scollegati,siamo distanti da tutto ciò che amorevolmente ci attornia e ci sostiene,la condizione attuale è senza dubbio quella di un uomo che vive contro natura.
L'uomo è un essere in divenire,in esso si nasconde una grande potenzialità ma se non si cammina nella direzione della realizzazione al vero e grande UOMO si sostituisce niente di più che una BESTIA,oggi giorno ne abbiamo innumerevoli ed evidenti esempi.
Dobbiamo assolutamente recuperare il contatto con il Cielo e con la Terra,con i nostri genitori primordiali,recuperare semplicità ed umiltà per sentire che siamo parte integrante del creato e che non ne siamo i padroni indiscussi.
La nostra attenzione è sempre rivolta verso l'esterno,verso l'ottenimento,il possesso,diventa inevitabile fare dell'esistenza un'incessante distrazione,facili prede del desiderio,parassiti che sfruttano l'incommensurabile dono della vita nell'incapacità di nutrire vera gratitudine.
Pertanto è imprescindibile cercare di voltare lo sguardo verso noi stessi,non possiamo insistere con questo atteggiamento a dir poco disumano,robotico,estraneo alla nostra vera natura.
Bhagavadgita, cap. II "L'uomo accorda continuamente il suo pensiero agli oggetti dei sensi;ne consegue che s'attacca ad essi.Dall'attaccamento nasce allo stesso tempo il desiderio:al desiderio si aggiunge la collera.Dalla collera viene lo smarrimento completo.Dallo smarrimento,lo sconvolgimento della memoria;dal disordine della memoria la rovina del giudizio e della decisione;dalla rovina del giudizio la perdita dell'uomo."