Nell'ultimo anno e mezzo la vita mi ha impartito profondi insegnamenti di Dharma.
Mi ha mostrato con
estrema e dolorosa evidenza quanto, come afferma Dōgen Zenji, "Per quanto
tu possa amarli i fiori muoiono, per quanto tu le possa detestarle le cattive
erbe crescono".
Mi ha dimostrato come non
ci sia nessun luogo davvero su cui "posare il capo", nulla che non
sfugga costantemente alla nostra presa che più si serra più genera dolore
(Anicca in Pali, Mujō in giapponese, l'Impermanenza).
Come la nostra mente non
abbia alcuna solidità, alcun sé permanente a cui fare sicuro riferimento. Saggezza
e follia, amore e odio, gioia e desolazione albergano nelle nostre menti
attivati e nutriti dall'illusione. (Anatta in Pali, Non sè).
Come ogni nostra azione e
pensiero, irrilevante che possa sembrare, ha una risonanza inaudita nella
nostra vita come in quella di altri e come tutte le vite e le vicende, dolorose
quanto gioiose, si intreccino in un tessuto il cui disegno finale, che non ci è
dato scorgere, se non intuitivamente, è Pace ed Armonia.
Oggi al semaforo si è avvicinato un uomo con un bicchiere di plastica a chiedere, silenziosamente, sostegno. Ero io, mi sono riconosciuto in quello sguardo smarrito di fronte all'impermanenza.
Scriveva Eduardo de Filippo: “la vita è un gioco, e questo
gioco ha bisogno di essere sorretto dall'illusione, la quale a sua volta deve
essere alimentata dalla fede. Ogni destino è legato ad altri destini in un
gran gioco eterno del quale non ci è dato scorgere se non particolari
irrilevanti” .
Il Risveglio è la Pratica
delle mille azioni quotidiane, quando la pratica sfugge, l'illusione prende il
sopravvento, tornare allora a risvegliarsi alla Pratica è vera salvezza.
© Tora Kan Dōjō
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