"Voi forse sapete che, quando osserviamo un
fenomeno - per esempio, io che sono di fronte a voi e voi che siete di fronte a
me - qualunque cosa noi osserviamo, la trasformiamo!
Grazie alla meditazione,
si era già scoperto questo.
Se io guardo una penna, scatta un meccanismo per cui la vedo diversa da quella
che è; anzi, posso arrivare a dire che la penna mi guarda! Questa è la visione
della prassi liberatoria.
Il Buddhismo questo lo vive, momento per momento. Questa è la mia strada come
monaco Zen. Per me, è chiaro che questa (indicando la penna; n.d.R.) mi guarda.
Non è una stravaganza. E' la mia vita di tutti i giorni. Non è niente di
strano.
Se noi ci poniamo uno di fronte all'altro, quindi, non posso più dire
"io" e "te". Questo lo si sapeva già da tempo, ma
recentemente anche gli scienziati hanno dovuto prenderne atto.
In questo modo, l'attenzione si sposta sull'osservatore. L'osservatore diventa
problematico.
Che cosa vuol dire questo? Ci conferma l'importanza dello Zazen: Zazen come
ritorno all'osservatore. Perchè? Perchè - e rispondo con le parole di Morin -
l'osservatore, una volta, ignorava la propria collocazione nel divenire storico
e "ingenuamente si riteneva al centro dell'universo e sulla cima della
ragione".
Sotto questo profilo, c'è stato un grosso fraintendimento anche nella lettura
delle Scritture bibliche. Per secoli, si è ritenuto che l'uomo fosse al centro
dell'universo. Di fatto, lo si poteva interpretare anche in un altro modo...
Questi sono solo alcuni dei temi su cui si fonda l'educazione Zen.
Quest'educazione è fatta di lavandini, di tazze del cesso, di stracci, di
ciotoli, di alberi, di carta igienica... Non c'è niente che sia secondario. Non
c'è niente da cui non ci si possa distaccare, compreso noi stessi. Non c'è
proprio niente."
Taiten Guareschi Roshi
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