domenica 25 agosto 2019

Il silenzio di Okinawa

Sensei Diego Pucci, reduce dal viaggio ad Okinawa in occasione del World Gishiki e delle celebrazioni per il 40ennale della Iogkf, ci invia queste riflessioni intorno al "silenzio".

Nell’esecuzione di un brano musicale, le pause hanno la stessa importanza dei suoni.
Il silenzio è tanto importante quanto lo sono i suoni stessi (chiamatele pure note) e, come questi, il silenzio va “sentito”, interpretato, modellato e cesellato al fine di renderlo parte integrante del brano, che non esisterebbe senza.
Ripeto ai miei allievi di pianoforte che quello della Musica è l’unico mondo dove esiste il silenzio assoluto.
Poi nella quotidianità ci troviamo in mezzo al fuoco incrociato del rumore, anzi, del frastuono.
Rumore che nasce anche d’aggrovigliate accozzaglie di suoni: i clacson nel traffico, gli slogan pubblicitari, la vuota musica di sottofondo pure mentre vai a comprare la carta igienica, le “polifoniche” suonerie ecc. ecc.
Rumore che nasce dal disordine, dall’ansia da prestazione lavorativa, dalle crisi personali, da banali litigi tra maschi alfa, dalla corsa, dalle urla per non saper aspettare in fila alla cassa del supermercato. dalla costante proiezione al di fuori di sé. Dalla frenesia.
Fisica o mentale che sia.
Insomma come in un grande flipper che urla e ride fragorosamente attraverso luci, suoni e ostacoli evanescenti fatti di movimenti meccanici, lenti e spigolosi.
Peccato tu sia la pallina e non il giocatore.
Eppure, una volta arrivati sul letto di casa, diventa impossibile sostenere il rumore di quella sola goccia d’acqua che, ad intermittenza quasi regolare, cade dal rubinetto.
Il silenzio assoluto non esiste e anche se provate a crearvi intorno silenzio, dovrete comunque ascoltare il suono del vostro respiro, quello del vostro cuore e quello della vostra circolazione sanguigna.
Per rendersi conto d’essere vivi, basta ascoltare. e per ascoltare, basta stare in silenzio.
In un vivo e presente silenzio.
Il vivo silenzio di Okinawa lascia increduli.
4 turisti italiani al tavolino di un ristorante fanno più rumore di tutti gli okinawensi a Kokusai Dori (parlo per esperienza diretta in entrambe le situazioni)
Eppure anche lì c’è musica, eppure c’è vita, eppure c’è traffico, eppure ci sono turisti, ma.. c’è il rispetto del necessario e vitale silenzio da lasciare passando attraverso la vita degli altri.
Fosse anche per un istante.
Nel silenzio vivo di Okinawa ognuno si scambia vita, si scambia rispetto anche solo mentre ti invita ad entrare nella sua bottega, o quando ti rende il resto, o quando ti ringrazia perché l’hai lasciato entrare prima di te attraverso la porta della Monorail.
Nel silenzio di Okinawa ci si scambia un piccolo inchino anche se si è sconosciuti.
Non solo perché ci siamo scambiati uno sguardo, ma perché ci siamo ri-conosciuti attraverso uno sguardo.
Viene rispettata l’esistenza dell’altra persona, senza il maniacale bisogno di sentirsene parte.
Riconosco la tua vita, riconosco il tuo essere vivo e lo rispetto.
Il silenzio di Okinawa mi manca.
Il silenzio di Okinawa è sublime, magnetica, vitale, rispettosa e viva bellezza.
Il silenzio di Okinawa è il silenzio di un Notturno di Chopin: non puoi solo contarne il tempo, devi viverlo, lasciarlo scorrere dentro e, infine respirarlo.
Quella espirazione dovrà chiudere la frase musicale precedente, così l’inspirazione che ne segue permetterà alla nuova frase di prendere vita.
Come nel Sanchin e come in tutta la pratica del Goju- Ryu di Okinawa.
La condizione necessaria per permettere alla bellezza di esistere nella nostra vita è il silenzio.
Così, per giungere alla consapevolezza che respiri, che pulsi e che ogni tua azione puo’ creare frastuono o suono, devi concederti di rimanere il silenzio.
Questo Okinawa lo sa.


© Tora Kan Dōjō



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