Bun significa
“parte, porzione, quota”.
Kai (pronuncia on, cinese)
significa “risolvere, capire, spiegare”.
Bunkai significa
quindi “analisi, decomposizione, de assemblare”.
Il Maestro Chōjun
Miyagi non sembra mai aver utilizzato nei suoi scritti il termine bunkai,
ma il suo amico e compagno di pratica Kenwa Mabuni utilizza questo termine nel
suo libro del 1934 “Kōbō Jizai Goshin jutsu Karate Kenpō”, “kata bunkai
setsumei” (analisi e spiegazione), riportando anche disegni e spiegazioni per
il kata seiyunchin.
Ricordiamo che, nello
stesso libro, Mabuni appella Chōjun Miyagi come “mio senior” e lo stile da lui
(Mabuni) praticato ed insegnato “Gōjū-ryū Kenpō”, per evidenziare la familiarità
e la vicinanza tra i due grandi maestri.
Nel suo scritto “Ryukyu
Kenpo Karatedo Enkaku Gaiyo”, preparato in occasione di una dimostrazione e di
una conferenza ad Osaka del 28 gennaio 1936, Chōjun Miyagi scrive:
“Nella pratica
del kumite, disveliamo i kaishu kata che abbiamo già
imparato e studiamo le tecniche di attacco e di difesa in essi contenuti. Avendo
compreso il loro scopo tecnico, pratichiamo le tecniche di attacco e
difesa(攻防の術 kōbō no jutsu) con uno spirito
combattivo come in una situazione reale”.
I caratteri utilizzati
per il verbo “disvelare” sono “解き放ち”, "Toki(pronuncia kun) hanachi".
“Toki”, i primi due
caratteri, viene da toku, che significa capire, districare; “Hanachi”, il
terzo ed il quarto carattere, viene da hanatsu, emettere o rilasciare. “Tokihanatsu”
è un verbo composto che significa svolgere, far comprendere, disvelare.
“Toki” contiene quindi
lo stesso kanji di “bunkai”, pronunciato in maniera diversa.
Ecco allora che quanto
scritto da Chōjun Miyagi può essere inteso come una guida all’interpretazione
del significato di bunkai.
“Avendo compreso lo scopo tecnico dei kaishu kata” ci fornisce
l’indicazione di studiare a fondo, “analizzare”, i kaishu kata, senza
modificarli, per evitare la perdita di conoscenze e per carpire le indicazioni
sulle qualità fondamentali necessarie nel combattimento, anche in una logica
evolutiva.
“pratichiamo le tecniche di attacco e difesa” è, all’apparenza, una affermazione banale, è ovvio che pratichiamo tecniche di attacco e difesa… ma il mio suggerimento è quello di interpretare l’affermazione nel senso di cercare e ricercare gli “opposti”, tecniche “dure” e “morbide”, su bersagli a differenti altezze, con posizioni che si alternano, in accordo al contesto che cambia continuamente, sia in riferimento al luogo che alla persona che ci troviamo ad affrontare.
“spirito combattivo”, aspetto fondamentale che permette di superare la normale attitudine a ‘comportarsi bene con gli altri’… non intendo essere cattivi, ma decisi, consapevoli, sinceri, sicuri delle proprie forze e delle proprie debolezze, con un atteggiamento che permette la crescita delle qualità non solo tecniche, nostre e del nostro compagno di pratica.
“situazione reale”, forse l’aspetto più difficile da riprodurre nella pratica, anche se a mio avviso non deve necessariamente trasformarsi nel praticare vestiti senza karategi o con le scarpe (che alle volte è anche opportuno fare). La mia interpretazione, associata allo spirito combattivo, è che dobbiamo farci aiutare dal kata e capire cosa ci suggerisce al di la dell’apparenza, bersagli da colpire, spostamenti, ecc. La frase dell’architetto Louis Sullivan, “la forma segue la funzione”, dovrebbe farci riflettere, aiutandoci ad evitare che sia la funzione a seguire la forma…
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© Tora Kan Dōjō
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