Pubblichiamo un estratto dall'articolo tratto dall'interessantissimo blog di Laura Imai Messina: 'Giappone Mon Amour' che vi invitiamo caldamente a seguire e che ringraziamo.
Questo il link diretto all'articolo:
<...>Ma
le cose in Giappone godono nel tempo di un privilegio che rimane: diventano
spiriti. Una bella credenza giapponese, chiamata tsukumogami 付喪神, vuole che le cose che
vivono un centinaio d’anni si facciano una sorta di deità.
Cento
anni è quanto basta a un oggetto per acquisire un’anima. Perchè assorbe il
tempo che passa e con esso la saggezza che da esso deriva. È il perdurare
nonostante tutto, lungo le ere degli uomini capricciosi ed incostanti,
assorbendo il loro amore e la loro cura, tollerando l’incuria, osservando spazi
cambiare freneticamente come in un time-lapse.
Ma
il cento è solo un numero approssimato per dire che ci vuole tanto tempo.
L’occidente
ha frainteso questa leggenda e immagina lo tsukumogami come uno spirito, uno
solo, che entra negli oggetti e vi si installa.
E
invece è proprio quella cosa che cambia e quando la credenza scende nel
dettaglio, si comprende come gli oggetti premino e portino del bene a chi li
cura, come portino sventura a chi li maltratta, li disprezza o li ignora. Che
gli oggetti avvertano qualcosa, che l’anima acquisita in lungo tempo li renda
grati e fortunati o vendicativi e maledetti. L’harikuyo 針供養 del resto serve
proprio a questo. A ringraziarli per tempo.
Quanti
oggetti adesso superano due o tre generazioni? Quanti superano uno o due cambi
di stagione? Un trasloco? Una relazione che inizia e una che finisce? Una moda?
Basta
saperlo. Che la cura premia. Che possiamo offrire un’anima a una casa, a un
mobile o anche a un libro. Che donandola a loro ci verrà del bene.
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