Premessa del Maestro Paolo Taigô Spongia all'articolo:
"Qualche tempo fa un amico condivise con me questo post del
Maestro Ilio Semino che era stato pubblicato su di un gruppo dedicato alle
'arti marziali' (uno di quei tanti gruppi dove chi pratica poco parla
molto...).
L'ho molto apprezzato.
Il post era evidentemente indirizzato in risposta a tutti coloro che hanno la
mania dell'efficacia, della difesa personale, dei confronti tra le arti
marziali, a quelli che credono che Van Damme sia un artista marziale e che
l'arte marziale sia quella che vedono nei film... e che, per lo più avendo
praticato poco o nulla, pontificano dall'alto della loro incompetenza e nutrono
complessi d’inferiorità nei confronti di altre discipline da combattimento.
Insomma in poche parole quelli che sono rimasti alla 'fase anale' delle arti
marziali, come mi piace definirla citando il buon Freud.
A beneficio di coloro che fanno fatica a capire quanto leggono premetto che
l'incipit del testo è evidentemente paradossale e dà l'avvio alla provocazione.
Perchè non è affatto vero, almeno per quel che riguarda il vero karate che 'le
parate non servono', 'i colpi sono finti' e ' 'i kata non servono a niente'.
Nel caso del Karate sportivo è poi verissimo che :
'le parate non servono', 'i colpi sono finti' e ' 'i kata non servono a
niente'... perchè per le necessità del gioco sportivo non hanno alcun senso
nella loro interpretazione marziale.”
Da questa provocazione iniziale l'autore sviluppa una
splendida riflessione (tratta da karatedomagazine )
che riproponiamo qui.
Karate,
a me piace cosi com’è: con le sue cerimonie, i suoi dogmi, la sua filosofia, il
suo abito tradizionale, le cinture e le parole giapponesi. Le tecniche ripetute
infinite volte, le parate che non servono, le posizioni inutili, i colpi che
sono “finti” e i kata, che non si sa perché si pratichino, visto che non
servono a niente.
Però, da oltre cinquant’anni, a me piace così e lo faccio con impegno e diligenza. Mi divertono quella specie di combattimenti dove chi attacca dice che cosa fa e l’altro para perché lo sa già; le applicazioni dei kata che sono veramente improponibili, perchè i cattivi stanno lì ad aspettare di prenderle mentre il “fenomeno” li colpisce, per finta ovviamente, con tecniche che, se fossero utilizzate sui ring o nelle gabbie, farebbero morire dal ridere il tatuato avversario di turno. A me stimolano la creatività, la fantasia, l’intuizione, anche se non servono a nulla. Mi è piaciuto praticarlo da ragazzo, perché non venivo emarginato per un mio difetto fisico, come era accaduto in altri “sport”, anzi! Esperti e competenti karateka mi sostenevano e incoraggiavano a continuare, considerandomi uno del “gruppo”, trattandomi e colpendomi in allenamento come colpivano i “normali”, senza sconti, per essere poi contenti quando i colpi li subivano loro. Mi piace insegnare Karate come l’ho imparato da Maestri che credevo inarrivabili e invincibili, che rispettavo e invidiavo e che mai avrei potuto immaginare che un giorno mi avrebbero stimato e rispettato e considerato come uno di loro.
Conoscerlo
mi ha consentito di proporlo ad altri che non credevano in loro stessi, che
avevano bisogno di un esempio e di qualche cosa che li aiutasse a superare i
loro disagi, fisici o sociali o psicologici e che, grazie anche a Karate, sono
stati meglio e poi hanno continuato a praticarlo con entusiasmo.
Amo
Karate perchè spesso mi ha consolato e ancora oggi mi consola, mi tiene
compagnia, mi induce a leggere e studiare e approfondire, a migliorarne alcuni
aspetti, a fare nuove conoscenze, mi stimola a essere una persona migliore, più
aperta e disponibile verso gli altri… Mi riscalda il cuore.
Praticare
la tecnica di Karate mi fa muovere il corpo nella maniera in cui, per età e
acciacchi mi è possibile fare, senza giudicarmi, senza pretendere di più, se
non la certezza del mio impegno: mi lascia decidere se dimostrare
pubblicamente, con tanta fatica e molti errori, quello che sono capace di fare,
ovvero mi consente di lasciare intendere di essere bravissimo, affermandolo
senza farmi vedere da nessuno. A lui non importa: lascia che sia una decisione
mia, una mia responsabilità.
Non so
se i miei anni di karate e tutti quegli inutili esercizi, mi permetterebbero di
difendermi da un’aggressione sbaragliando il delinquente. Mi illudo che
potrebbero servirmi a evitarla, a negoziare una soluzione non violenta,
ovviamente, assecondando il rapinatore ed evitando che qualcuno si ferisca,
sinceramente non lo so… Ma se un giorno accadesse e tutto questo non mi dovesse
servire, me ne farò una ragione, consapevole del fatto che Karate non
costruisce superuomini invincibili, ma cerca di far sì che le persone crescano
giuste, sincere, garbate, socialmente positive e in salute per un tempo piu
lungo possibile.
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