(...) Persino ad Okinawa ci sono molti che praticano
il Karate Sportivo – io lo chiamo bullshit Karate – tutti li conoscono. Credo
però che qui negli Stati Uniti, il bullshit Karate sia molto più diffuso…
Probabilmente perché siete così tanti. Anche qui vedo studenti dei miei stessi
allievi praticare questo tipo di Karate. Il bullshit Karate è ovunque, qui in
America e anche nel mio paese, Okinawa.
Ma sediamoci per un momento e continuiamo il nostro
discorso a proposito del Budo Karate e del Karate Sportivo. Quest’ultimo è
amato da molti studenti, che talvolta capita mi chiedano quale sia la mia
opinione in merito a questo stile e alla loro pratica. Io dico loro che il
Karate Sportivo è bullshit Karate e a questa risposta non tornano più a pormi
la stessa domanda. Questo va bene… Se non vogliono sentire la verità.
Nel bullshit Karate tutto ciò che conta è vincere… Per
esempio, gare e campionati. Ma non tutti possono vincere. Così i vincitori sono
i campioni mentre gli altri… Gli altri sono perdenti perché non hanno vinto.
[Quando faccio questo ragionamento] i praticanti di Karate Sportivo vengono da
me e mi dicono che dato che loro non sono campioni, allora devono essere perdenti,
capite? Queste persone trovano scuse su scuse e dicono che non comprendo lo
sport. Ma alla fine, il campione resta il campione e tutti gli altri [secondo
la logica del Karate Sportivo] sono i perdenti. In che altro modo vorreste
chiamarli?
Vincere e rendere gli altri dei perdenti… Per me è
questa la vera essenza del bullshit Karate. Nel Budo Karate ci si allena tutti
per diventare persone migliori. L’unica competizione è quella con sé stessi. In
questo modo, tutti combattono per essere vincitori e campioni. Tutti si
sforzano e combattono per essere persone migliori… Questo è un obiettivo ben
più alto del voler vincere un semplice trofeo di latta. Ci sarà chi avrà da
ridire su questo, ma va bene così… Che continuino a praticare bullshit Karate
ma per me, c’è solo il Budo Karate. Se vengono a mostrarmi il loro bullshit
Karate io dico loro che va bene… Va bene per loro, ma non è vero Karate e non
fa per me.
Per me questo è un punto di fondamentale importanza.
Non posso costringere le persone ad accettare la mia verità, posso solo
mostrargliela e lasciare poi che siano loro a decidere se seguirla oppure no.
Indipendentemente dalla direzione che prenderanno, io continuerò a praticare
Budo Karate! (...)
(...)le persone devono comprendere che il Karate è per la vita… Perciò, non abbiate fretta. Se vi ci vuole parecchio tempo per apprendere un Kata o per padroneggiare una certa tecnica, non ci sono problemi. Ciò che realmente conta, è il fatto che vi stiate allenando. Molti dicono che è difficile e allora diventa facile mollare.
Sono in molti a mollare nel Karate. Li puoi incontrare
facilmente ovunque. “Io ho fatto Karate”. “Conosco un po’ di Karate”. “Io ero
una cintura bianca, una cintura marrone o una cintura nera…”. Ora, tutte queste
persone non si allenano più, tuttavia hanno una loro opinione su quello che
dovrebbe essere “buon Karate” e “cattivo Karate”. [Prestare loro attenzione] È
come voler chiedere ad un perdente la sua opinione sul come essere un buon
perdente. Come possono costoro esprimere giudizi, quando sanno poco o niente
della disciplina del Karate o di quella del Budo o del concetto di nin
(resistere/sopportare/tenere duro). (...)
Talvolta, la pratica del Karate può dirsi un
allenamento da tigri o un allenamento da pecore. Se ci si allena come una tigre
– lavorando duramente e condizionando il proprio corpo – sarà sempre possibile
allenarsi con altre tigri. Esse ci riconosceranno ovunque e ci si potrà muovere
fra di loro in pace. Le tigri sanno che quando due di loro combattono, una è
destinata a morire oggi mentre l’altra morirà il giorno seguente a causa delle
ferite riportate nel combattimento. Sanno che combattendo fra di loro
andrebbero incontro alla morte, perciò non hanno nulla da dimostrare.
Se ci si allena come una pecora – senza contatto, né condizionamento
– allora ci si potrà allenare unicamente con altre pecore. Una tigre può
allenarsi sia con le tigri, sia con le pecore, deve solo fare attenzione a non
ferirle. Una pecora, invece, non può allenarsi con le tigri. La pecora vede le
tigri come esseri pericolosi e pensa che il loro condizionamento non sia
salutare e che porti anzi, una sorta di cancro. Una pecora che si allena con le
tigri è destinata ad essere sbranata.
A volte s’incontra una pecora che riesce a riconoscere
la verità dietro l’allenamento della tigri e così cambia. Questa pecora, in
realtà, non era altro che una tigre inconsapevolmente travestita da pecora che
aspettava solo il momento per uscire allo scoperto.
Osserva le persone allenarsi. Guarda attentamente come
si muovono e come si comportano. Una tigre può sembrare un gattino ma è
pericolosa anche quando appare amichevole, è calma e non le sfugge niente.
Ascolta e osserva; è consapevole di chi è e non ha niente da dimostrare; è in
pace.
Le pecore, al contrario, fanno ogni tipo di rumore e
vogliono essere sentite. Si muovono intorno in cerca di attenzione. Sono facili
da ferire e da spaventare. Cercano sempre di fare gruppo fra di loro per
sentirsi protette. Quando il pericolo incombe cercano protezione nel gruppo
perché non sono in grado di difendersi da sole. Esse sono facili prede per le
tigri. Da sola oppure in gruppo, una pecora rimane sempre una pecora.
Ryuko Tomoyose Sensei
da un’intervista del 1991
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