Pubblichiamo un articolo tratto da una lezione
tenuta da Sensei Paolo Taigō Spongia presso il Tora Kan Dōjō durante la Pratica
Zen. Le lezioni hanno un carattere colloquiale del quale tener conto durante la
lettura.
Concentrati sul momento presente abbandonando ogni
illusione proiettata al passato e al futuro rammemoriamo la nostra unità, la
nostra autentica pienezza….
La principale causa della sofferenza il Buddha l’ha
identificata nell’ignoranza.
Ignoranza in sanscrito si dice ‘Avidya’: A=
privativo vidya= vedere.
Pertanto incapacità di vedere la realtà, mancanza di
retta visione.
Soffriamo perché non siamo capaci di vedere.
Che cosa non siamo capaci di vedere? La nostra Unità
con il tutto.
La mente, da strumento utile alla vita terrena
nell’uomo diventa padrone con la pretesa rassicurante di misurare ogni cosa.
Ma il misurare divide, viviseziona la vita
uccidendola.
Come nella metafora dell’onda e del mare: quando
vediamo un’onda la nostra mente è portata a misurare e dire : quest’onda è più
grande di quell’altra, è più potente, più veloce, più lenta, e questo
incasellare quell’onda in una categoria ci fa perdere di vista il fatto che
l’onda è tutto il mare. Non è neanche una parte del mare, è il movimento di
tutto il mare, è il mare che ondeggia.
A causa della nostra mente che cataloga e misura,
non siamo più capaci di vedere nella vita ordinaria quanto noi stessi non siamo
altro che parte di un mare che ondeggia.
E’ sbagliato anche pensare “io sono una parte
dell’universo”, tu non sei una parte dell’universo, tu sei un’azione
dell’universo, sei l’universo che si muove.
E’ l’Universo intero che si manifesta nel tuo
respiro, nella tua azione.
Se questa comprensione diviene intima e profonda la
nostra azione assume tutt’altra rilevanza, assaporiamo la nostra pienezza.
Alla luce della comprensione profonda noi abbiamo la
stessa consistenza di un gorgo d’acqua in un fiume… siamo né piu né meno che un
gorgo d’acqua, un insieme di elementi che cause e condizioni mettono in
movimento e che in questo preciso momento noi vediamo come un uomo e gli diamo
un nome ed una fittizia identità. Se voi prendete un secchio e dite: “Adesso
voglio tenere per me questo gorgo perché è così bello…” e lo tirate su nel secchio, il gorgo interrompe il suo
movimento e scompare diventando immediatamente acqua stagnante.
Il gorgo, nella sua forma, che i nostri occhi e i
nostri sensi ci permettono di percepire, non è altro che il movimento del fiume
generato da correnti, da caratteristiche morfologiche del letto del fiume,
dalla velocità dell’acqua, dal vento, e se noi togliamo uno solo di questi
elementi il gorgo non esiste più, scompare.
La stessa cosa accade per noi, il nostro corpo, la
nostra mente sono un insieme di elementi che si muovono, e che in questo
momento si manifestano ai nostri sensi in questa forma. E’ la nostra mente che
vede e da un nome a queste forme a questi movimenti.
Se siamo capaci di guardare più in profondità, ad
osservare in profondità ogni fenomeno,
riconosceremo che ogni fenomeno non è altro che l’universo intero che si muove
e prende quella forma davanti ai nostri occhi, che poi scompare, riappare,
scompare e riappare di nuovo. Cambia forma in una danza infinita!
Non siamo altro che l’espressione di una danza
infinita, la danza dell’universo, che non ha uno scopo, non ha un fine se non
lo stesso danzare. Allora se questa
comprensione diventa davvero parte di noi, la vita cambia completamente
dimensione.
Non ci sarà più possibile attaccarci a qualcosa. L’attaccarsi
a qualcosa che crediamo immutabile genera sofferenza. Se siamo capaci di vedere
e danzare in questa trasformazione continua, di essere parte attiva, di essere protagonisti
di questa danza, non ci potrà più essere attaccamento e pertanto sofferenza.
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