Il testo che
segue è tratto dalle parole pronunciate da Sensei Paolo Taigō Spongia durante la fase dedicata allo Zazen nell'ambito del Kangeiko (periodo di pratica marziale che si svolge all'alba nei giorni più freddi dell'anno) che si è svolto al Tora Kan
Dōjō nel Febbraio 2017.
La postura è tutto
per lo Zazen.
Concentratevi bene
sui punti che vi ho indicato. E' una postura che si tramanda da migliaia di
anni, da prima ancora che Shakyamuni Buddha la praticasse e insegnasse.
Dovete rettificare
costantemente il giusto tono della postura, delle parti del corpo che devono rimanere
distese, rilassate e delle parti del corpo che invece devono mantenere un
costante tono.
Il respiro si
approfondisce da solo grazie alla postura. Questo perfetto
equilibrio permette alla mente di liberarsi.
Non vi dovete
preoccupare di cosa pensare durante Zazen, preoccupatevi della postura: il
rettificare costantemente la postura deve essere un'attività intensa, energica,
nulla a che vedere con un passivo esercizio di rilassamento, una fuga dalla
realtà.
Allora la corretta
postura diventa la rupe di una montagna da cui possiamo osservare il vasto
panorama, un privilegiato punto di osservazione.
E quel panorama
siamo noi, tutto quello che passa attraverso di noi: pensieri, sensazioni,
emozioni, percezioni... osserviamo senza giudicare, vediamo, spesso per la
prima volta.
L'osservazione è una delle dinamiche più trasformative,
terapeutiche. Bisogna sviluppare
la capacità di osservare, di sentire, di percepire.
Ecco che la
pratica del Budo, delle arti marziali e dello Zazen hanno come effetto
primario quella di risvegliare i sensi, rivitalizzare, restituire
sensibilità, rendere capaci di osservazione e sensibilità.
Anche questo
trasforma quello che rischierebbe di essere solo un rozzo e ottuso picchiatore
in un guerriero. Il Budo non ha nulla a che vedere con l'addestrare dei rozzi e
ottusi picchiatori, ha a che vedere con la riscoperta piena della propria
umanità che rende molto sensibili, attenti, ricettivi, rivitalizzando anche la
propria natura 'animale'.
Osservate una
tigre: non è assolutamente una rozza picchiatrice, tutt'altro. Si muove come un
fantasma, leggera nonostante pesi centinaia di chili... silenziosa, attenta:
"La tigre cammina lentamente attraverso la giungla, con attenzione.
Ma è rilassata.
Dalla punta del naso alla punta della coda non c'è un solo fremito.
I suoi movimenti
assomigliano a onde; nuota nella giungla.
La sua
circospezione è accompagnata da rilassatezza e sicurezza.
È questa
l'analogia con la sicurezza del guerriero."
Chögyam Trungpa
Per questo è uno degli animali simbolo della nostra pratica e ha dato il nome e l’emblema al nostro Dōjō.
Fate attenzione a
non sollevare la fronte, la testa è ben diritta e il mento è rientrato. Le
vostre posture sono già molto diverse da quelle che avete assunto il primo
giorno...Forse voi non ve ne rendete conto ma si vede chiaramente.
Kōdō Sawaki Roshi,
un grande Maestro Zen, era solito dire: "La pratica non è niente di
eccezionale. È come camminare nella nebbia, sembra che non accada nulla ma dopo
un po' di tempo ci si ritrova bagnati."
Anche quest'anno siamo
giunti al termine del nostro Kangeiko.
Non era così ovvio
che ci saremmo riusciti, sia ad organizzarlo sia a praticarlo. Non è mai ovvio.
Il Kangeiko, così come qualsiasi altro momento della pratica, non esiste di per
sé come un ‘momento istituzionale’, esiste nel momento in cui viene animato, reso
vivo, dal cuore di chi partecipa.
Pratichiamo il
Kangeiko da più di vent’anni e non ricordo di aver mai perso un giorno. Non è
‘ovvio’, non è mai ovvio che al mattino ci si risvegli al nuovo giorno e si
possa varcare quella soglia per celebrare insieme un nuovo inverno di vita.
Vi ringrazio
tutti, chi ha accolto il mio invito per la prima volta e chi per la ventesima,
per avermi accompagnato in quest’esperienza anche quest'anno.
Nel Dōjō ci si
sostiene vicendevolmente. Da soli tutto diventa molto difficile se non
impossibile. Anche se poi in fondo il Kangeiko non è niente di straordinario...
Non dobbiamo pensare orgogliosamente di aver fatto qualcosa di eroico. C'è chi
tutti i giorni si alza prima dell'alba per andare al lavoro e affronta il
freddo e la fatica. Il vero eroismo è nel coraggio quotidiano con cui si
affronta la vita, con fiducia, onestà, vigore, generosità…
Quello che è
speciale e importante, potente, efficace e trasformativo nell’esperienza del
Kangeiko è l'avere avuto il coraggio di scuotere le proprie abitudini.
Questo è il punto
di valore di questo tipo di esperienza, è proprio da qui che inizia la pratica,
nel momento in cui si scuotono le proprie abitudini, si accetta di abbandonare
le proprie comodità, le proprie rassicuranti certezze e ci si lascia andare in
mare aperto, si lascia la presa.
Quindi anche se
questa non è un'impresa straordinaria è comunque un atto di coraggio, di
decisione che senz'altro aggiunge valore alla nostra pratica, al nostro
esercizio. E questo lascia un segno profondo perché nel momento in cui siete
stati in grado di scuotervi, di vincere la pigrizia, il timore, la paura, la
fatica, questo sicuramente ha determinato in voi una trasformazione, un seme
che darà frutti.
Il vostro compito come praticanti in un Dōjō è anche
quello di incoraggiare, aiutare i vostri compagni a scuotersi. Quando vedete un
compagno intimorito, pigro, scuotetelo con compassione ed energia, è un gran
dono. La vera pratica si nutre nella difficoltà, non perché la pratica debba
essere particolarmente difficoltosa o richiedere sacrificio, ma perché la vera
pratica dimostra la sua solidità nel momento in cui siamo in difficoltà.
Io aspetto al
varco i miei allievi... Son tutti bravi a praticare quando non hanno niente di
meglio da fare e la vita scorre tranquilla, ma li osservo attentamente quando
vivono un momento di difficoltà... Quando ci si ammala, ci si sposa, si
divorzia, nascono figli, si è impegnati col lavoro... quelli sono i momenti in cui li osservo per
verificare se hanno davvero mai iniziato a praticare con il giusto spirito e
confermo la mia fiducia.
E la pratica che
ci sostiene nel momento di difficoltà, ci può davvero salvare anche nelle
condizioni più drammatiche ma solo se facciamo sì che sia davvero la base della
nostra vita, il terreno nel quale affondare le nostre radici, altrimenti è solo
un nuovo diversivo, una distrazione, un hobby... nella migliore delle ipotesi.
Quindi il mio
invito a voi in occasione di questo Kangeiko è quello di fare sempre della
vostra pratica il solido punto di partenza dal quale affrontare la vita, al
quale ritornare costantemente per rigenerarvi, rinforzarvi, riprendere slancio
e saltare per superare ogni ostacolo.
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