Tora Kan Zen Dojo |
Una delle difficoltà più grandi in cui ci si può imbattere facilmente nella vita è l'incapacità di esprimere agli altri sensazioni, impressioni o una visione delle cose che si è instillata in noi, ma che non è detto che appartenga a tutti. Come è giusto che sia.
Come diceva
il grande Luigi Pirandello in Sei personaggi in cerca d'autore: "Abbiamo
tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose. E come possiamo
intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore
delle cose come sono dentro di me mentre chi le ascolta, inevitabilmente le
assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro?
Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai...". Una volta forse la
pensavo anch'io in questo modo, poi da quando ho intrapreso un percorso che
unisce il karate e lo Zen, mi sono reso conto che spesso invece accade
qualcosa: un'intesa molto forte tra persone al di là del senso comune, al di là
delle parole. Anzi forse il limite stesso della comprensione reciproca è
proprio la parola, l'impossibilità di esprimere in modo razionale qualcosa che
non rientra nella sfera del conoscibile, se non attraverso l'intuizione,
attraverso il totale trasporto in quell'esperienza.
Eppure il linguaggio è importante, è una
convenzione che ci permette di poter entrare in contatto con l'altro per aprire
un dialogo, per confrontarci, per condividere a vicenda le proprie esperienze e
la propria visione del mondo. Ma come si direbbe in linguaggio matematico, il
linguaggio verbale è una condizione necessaria ma non sufficiente, perchè nel
momento in cui si incontrano due anime affini, non c'è bisogno di tante
parole...basta uno sguardo, un gesto, per intendersi. Tutto avviene in modo
molto naturale, perchè ci si rende conto che nell'apparente distanza che si
frappone tra noi, e nell'apparente identità e autonomia di ognuno, si è
indissolubilmente legati, come i tanti anelli di una catena, che si sostengono
a vicenda.
Come fare invece nel momento in cui si
deve far fronte alla necessità di aprirsi agli altri, di tentare di fornire una
comprensione a chi non si sente richiamato inconsciamente? Il più delle volte è
molto difficile e non so neanche se sia giusto fare questa sorta di violenza su
una persona che magari, molto semplicemente, non sente alcuna spinta in quello
che sta facendo, e anche questo è del tutto nella normalità delle cose.
Nonostante questo uno sforzo per cercare di fornire una spiegazione di quello
che succede e di quello che si sente, credo sia dovuto, anche perchè sono
convinto che il più delle volte l'uomo abbia già in sè tutte le risposte di cui
ha bisogno, ma è continuamente pervaso dalla volontà inconscia di risparmiarsi,
di preservarsi, per paura di fallire, e per questo è tanto importante che oltre
ad una voce interiore, ci sia anche qualcuno che ci scuota dal nostro torpore,
che ci guidi con le sue parole, mosse spesso dalla maggiore esperienza e
vocazione. E' questo che fa il più delle volte un Maestro.
Da più di un anno ormai ho cominciato ad
andare assiduamente al dojo per praticare la meditazione seduta (zazen)
all'alba. Molte persone mi potrebbero chiedere: perchè? chi te lo fa fare di
svegliarti così presto? Forse a ragione. In realtà non so spiegare il perchè,
mi sento richiamato a farlo. Sento che in quel momento non c'è cosa più
importante e che più risponde alla mia natura di quello. E' come risentirsi a
casa dopo aver viaggiato a lungo e respirare tutta la sua aria a pieni polmoni.
E poi è veramente necessaria una motivazione particolare per fare qualcosa che
sentiamo in cuor nostro di dover fare? Ovviamente sono arrivato gradualmente a
questo punto di non sentire alcuna 'costrizione'. Però mi sono anche reso conto
che spesso siamo noi a fornirci scuse o a inventarcele per evitare di andare
fino in fondo in quello che siamo chiamati a fare. Ricordo i primi tempi quando
mi dicevo: "non posso farlo, ho tante cose da fare, sono troppo impegnato
per dedicarmi a questo, mi devo riposare per le cose importanti...". A poco
a poco, invece, lasciando fluire tutti quei pensieri illusori, non andandoli
più a 'nutrire', mi sono accorto giorno per giorno di quanto invece fosse
proprio quel particolare momento da dedicare alla meditazione a essere
importante per tutta la mia vita, e ne vedo i benefici ogni giorno. Avendo
chiaro però che i benefici sono solo conseguenza di una pratica senza scopo,
senza interessi personali, non sono il motore della pratica.
L'esperienza
che sto attraversando mi ha fatto notare con piacere come spesso i momenti più
importanti della vita sono quelli in cui in realtà non si ha scelta, non c'è
possibilità di agire altrimenti, e per dirla con le parole del famoso funambolo
Philippe Petit: "Se senti di non avere scelta, probabilmente stai andando
nella direzione giusta..."
Qualsiasi
sia il percorso, nel momento in cui senti una vocazione, un richiamo, non
preoccuparti troppo di trovare spiegazioni o di riceverle, perchè nella vita
non si può spiegare tutto.
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