martedì 18 agosto 2015

I limiti della parola.

Tora Kan Zen Dojo
Alessandro della Ventura  condivide un'interessante riflessione sulla propria esperienza presso il Tora Kan Zen Dojo. 

Una delle difficoltà più grandi in cui ci si può imbattere facilmente nella vita è l'incapacità di esprimere agli altri sensazioni, impressioni o una visione delle cose che si è instillata in noi, ma che non è detto che appartenga a tutti. Come è giusto che sia.
Come diceva il grande Luigi Pirandello in Sei personaggi in cerca d'autore: "Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose. E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai...". Una volta forse la pensavo anch'io in questo modo, poi da quando ho intrapreso un percorso che unisce il karate e lo Zen, mi sono reso conto che spesso invece accade qualcosa: un'intesa molto forte tra persone al di là del senso comune, al di là delle parole. Anzi forse il limite stesso della comprensione reciproca è proprio la parola, l'impossibilità di esprimere in modo razionale qualcosa che non rientra nella sfera del conoscibile, se non attraverso l'intuizione, attraverso il totale trasporto in quell'esperienza.
Eppure il linguaggio è importante, è una convenzione che ci permette di poter entrare in contatto con l'altro per aprire un dialogo, per confrontarci, per condividere a vicenda le proprie esperienze e la propria visione del mondo. Ma come si direbbe in linguaggio matematico, il linguaggio verbale è una condizione necessaria ma non sufficiente, perchè nel momento in cui si incontrano due anime affini, non c'è bisogno di tante parole...basta uno sguardo, un gesto, per intendersi. Tutto avviene in modo molto naturale, perchè ci si rende conto che nell'apparente distanza che si frappone tra noi, e nell'apparente identità e autonomia di ognuno, si è indissolubilmente legati, come i tanti anelli di una catena, che si sostengono a vicenda.
Come fare invece nel momento in cui si deve far fronte alla necessità di aprirsi agli altri, di tentare di fornire una comprensione a chi non si sente richiamato inconsciamente? Il più delle volte è molto difficile e non so neanche se sia giusto fare questa sorta di violenza su una persona che magari, molto semplicemente, non sente alcuna spinta in quello che sta facendo, e anche questo è del tutto nella normalità delle cose. Nonostante questo uno sforzo per cercare di fornire una spiegazione di quello che succede e di quello che si sente, credo sia dovuto, anche perchè sono convinto che il più delle volte l'uomo abbia già in sè tutte le risposte di cui ha bisogno, ma è continuamente pervaso dalla volontà inconscia di risparmiarsi, di preservarsi, per paura di fallire, e per questo è tanto importante che oltre ad una voce interiore, ci sia anche qualcuno che ci scuota dal nostro torpore, che ci guidi con le sue parole, mosse spesso dalla maggiore esperienza e vocazione. E' questo che fa il più delle volte un Maestro.
Da più di un anno ormai ho cominciato ad andare assiduamente al dojo per praticare la meditazione seduta (zazen) all'alba. Molte persone mi potrebbero chiedere: perchè? chi te lo fa fare di svegliarti così presto? Forse a ragione. In realtà non so spiegare il perchè, mi sento richiamato a farlo. Sento che in quel momento non c'è cosa più importante e che più risponde alla mia natura di quello. E' come risentirsi a casa dopo aver viaggiato a lungo e respirare tutta la sua aria a pieni polmoni. E poi è veramente necessaria una motivazione particolare per fare qualcosa che sentiamo in cuor nostro di dover fare? Ovviamente sono arrivato gradualmente a questo punto di non sentire alcuna 'costrizione'. Però mi sono anche reso conto che spesso siamo noi a fornirci scuse o a inventarcele per evitare di andare fino in fondo in quello che siamo chiamati a fare. Ricordo i primi tempi quando mi dicevo: "non posso farlo, ho tante cose da fare, sono troppo impegnato per dedicarmi a questo, mi devo riposare per le cose importanti...". A poco a poco, invece, lasciando fluire tutti quei pensieri illusori, non andandoli più a 'nutrire', mi sono accorto giorno per giorno di quanto invece fosse proprio quel particolare momento da dedicare alla meditazione a essere importante per tutta la mia vita, e ne vedo i benefici ogni giorno. Avendo chiaro però che i benefici sono solo conseguenza di una pratica senza scopo, senza interessi personali, non sono il motore della pratica.
L'esperienza che sto attraversando mi ha fatto notare con piacere come spesso i momenti più importanti della vita sono quelli in cui in realtà non si ha scelta, non c'è possibilità di agire altrimenti, e per dirla con le parole del famoso funambolo Philippe Petit: "Se senti di non avere scelta, probabilmente stai andando nella direzione giusta..."
Qualsiasi sia il percorso, nel momento in cui senti una vocazione, un richiamo, non preoccuparti troppo di trovare spiegazioni o di riceverle, perchè nella vita non si può spiegare tutto.
Ed è proprio questo il bello.




 

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