sabato 16 novembre 2024

La via del Guerriero: Hagakure

Pubblichiamo un brano di Costantino Ceoldo pubblicato dalla Biblioteca dell'Estremo Oriente 

"Ho scoperto che la Via del Guerriero consiste nella morte. Quando arriva il momento di scegliere tra vita morte, è meglio scegliere subito la morte. Non è poi così difficile: basta solo decidere e andare avanti. Chi sostiene che morire senza aver raggiunto il proprio scopo sia morire invano, pratica una via da mercanti".

Questo è il terribile inizio dell’Hagakure di Yamamoto Tsunetomo.



Un libro che in forma di precetti, sentenze, massime ma anche brevissime storie, ha rappresentato per generazioni una sorta di breviario spirituale per tutti i giapponesi che abbracciavano la Via del Guerriero. O che intendevano farlo.

Un libro maledetto, secondo le forze di occupazione americane in Giappone. Un libro tanto odiato e temuto che gli statunitensi si impegnarono con zelo nel tentativo di rimuoverne il ricordo. Ne bruciarono nel fuoco migliaia di copie. Gli americani imputavano all’Hagakure l’acceso nazionalismo che i giapponesi avevano manifestato fino alla sconfitta bruciante della Seconda Guerra Mondiale. All’Hagakure e ai suoi insegnamenti fu fatto risalire il fenomeno dei kamikaze e dei suicidi di massa al posto della resa, anche tra i civili.

I vincitori cercarono così di bruciare ogni copia esistente ma fallirono nel loro scopo ed il libro è sopravvissuto divenendo noto in tutto il mondo, studiato, ancora adesso apprezzato o odiato da chi lo conosce.

Hagakure non è stato scritto dallo stesso Tsunetomo ma dal suo unico allievo Tashiro il quale contraddisse la volontà del maestro e non distrusse la trascrizione delle conversazioni che i due ebbero tra il 1710 e il 1716. Ne scaturì un libro che fu subito considerato un tesoro prezioso dai samurai del clan a cui Tsunetomo apparteneva e secoli dopo divenne uno dei capisaldi della letteratura samuraica.

Negli anni in cui Hagakure fu scritto la classe dei samurai manifestava già i tratti decadenti del tempo di pace perché l’unificazione del Giappone era già stata completata da più di un secolo.

La pace portava con sé, infatti, stabilità e prosperità e quindi il bisogno di funzionari amministrativi competenti più che di legioni di guerrieri sempre pronti alla battaglia. La chiusura delle frontiere, decretata da un governo che temeva (non completamente a torto) le ingerenze politiche e religiose di Spagna e Portogallo, impediva anche l’avvio di campagne militari all’estero così che molti samurai si ritrovarono a vivere la situazione contraddittoria di guerrieri che erano combattenti solo in via potenziale. Molti di loro persero il loro impiego, diventando ronin, dei samurai senza padrone costretti ad una vita raminga e molto dura. Altri ricorsero alla morte per suicidio, unico mezzo per sfuggire al disonore della miseria.

Tsunetomo insegna guardando al futuro perché teme la decadenza che vede serpeggiare nel presente e ricorda con rimpianto i fasti di un periodo scomparso, da lui però mai vissuto. Un periodo in cui gli uomini potevano confrontarsi gli uni con gli altri sul campo di battaglia ed ognuno guardava in faccia la propria verità senza poter mentire.

Lui stesso era un samurai dei tempi moderni: non aveva mai partecipato ad alcuna guerra o battaglia o duello e, al di fuori del suo addestramento, non aveva mai conosciuto le asperità della vera vita militare del tempo di guerra.

Era sempre stato però un fedele vassallo del suo Signore, incarnando gli ideali di fedeltà e dedizione che affondavano le loro radici profonde nella cultura confuciana e buddhista che il Giappone aveva mutuato dalla Cina. Ma Tsunetomo era talmente fuori tempo storico da non poter neanche praticare junshu alla morte del suo feudatario. Non poté, cioè, realizzare il suicidio per fedeltà che si era prefisso fin da giovane e che era sempre stato concesso a quei samurai che avevano fatto voto di non sopravvivere alla morte del loro daimyō: pochi anni prima era stata infatti approvata una legge che proibiva simili atti a causa degli eccessi del passato. Come alternativa gli fu permesso di pronunciare i voti religiosi e diventare monaco buddhista fino alla fine dei suoi giorni terreni. Lui stesso lo riconosce nel libro, affermando di preferire di reincarnarsi sette volte come samurai del suo clan piuttosto che conseguire il nirvana degli illuminati.

Di che parla Hagakure?

Parla di fedeltà. Di dedizione. Di coraggio. Di etica. Di come vivere la propria vita servendo il proprio Signore in modo decoroso. Ma non solo.

Parla di un concetto tipico della cultura giapponese dell’epoca e, in misura molto diversa, contemporanea: quello di giri, il debito morale che si ha con chi è venuto prima di noi e prima di noi ha saputo compiere grandi cose. Giri è un’idea presente anche in altre culture ma non sempre in maniera così marcata come nel Giappone dei samurai. Inutile ricordare come nel mondo contemporaneo occidentale, dominato dal consumismo e dalla brama di denaro, tale concetto suoni superato ed anacronistico alle orecchie di molte persone. Buffo, alle orecchie degli stolti.

Hagakure parla della morte e di come affrontarla quotidianamente, per esempio esortando a guardare quotidianamente a se stessi come se si fosse già morti: l’accettazione di questo fatto, secondo Tsunetomo, porta la capacità di vivere con equilibrio e in modo etico. Questo è un punto interessante perché vi sono ordini religiosi cristiani i cui monaci hanno l’abitudine di salutarsi ricordandosi esplicitamente l’ineluttabilità della morte. Il richiamo alla caducità dell’esistenza umana dovrebbe portare la persona ad agire rettamente e con equilibrio nella sua vita quotidiana.

Hagakure è anche una continua esortazione alla moderazione: dei sensi, dei sentimenti, delle aspettative, delle parole, degli atti, dei gesti. Perché se è facile cadere in una situazione critica a causa di una parola pronunciata con leggerezza o di un gesto fatto anche senza cattive intenzioni, può essere però difficilissimo uscirne. E l’unico modo di togliersi da una situazione critica può essere il seppuku, il suicidio rituale di cui junshu era una delle varianti.

Tsunetomo era intriso di sentimento buddhista e questo traspare nelle esortazioni al rispetto per tutte le creature viventi. Può sembrare un comportamento contraddittorio ma quella dei samurai è una figura complessa e il venir meno di uno stato di guerra continua fra clan feudali aveva favorito l’affermarsi di caratteristiche diverse nella stessa figura di guerriero.

Hagakure è un’opera scritta in un’epoca oramai passata ed alcuni riferimenti culturali sono difficili da comprendere per l’uomo contemporaneo ma nella sua essenza permane un’opera che offre molti spunti di riflessione. Può essere un ottimo strumento per la vita quotidiana sapendo scegliere e adattandolo allo spirito dei nostri tempi.

Vi sono infatti parti di Hagakure che non è possibile trasporre direttamente nella società deforme e deformata nella quale viviamo oggi ma altre invece vi possono essere adattate. Coraggio, lealtà, rispetto, impegno, attenzione continua e precisa per l’attimo che stiamo vivendo: sono tutte caratteristiche che l’uomo contemporaneo può coltivare come le coltivava il samurai dell’antico Giappone.

Si tratta in realtà di qualità senza tempo perché appartengono alla natura umana, sono il fondamento dello stato di diritto e perfino di una società democratica.

La figura del samurai, il guerriero disposto al sacrificio supremo per lealtà al proprio Signore, ha visto una grande e variegata produzione cinematografica.

Tralasciando i film della produzione nipponica, sconfinata nella sua vastità, è interessante segnalare il bel film di Jim Jarmusch Ghost Dog nel quale un eclettico Forest Whitaker interpreta la parte di un samurai contemporaneo, di colore, curiosamente al soldo di un boss mafioso italoamericano.

Quello di Whitaker è un personaggio con tratti negativi e per alcuni versi condannato-votato al finale ineluttabile, ma non per questo privo di una sua morale e di una propria etica. Proprio dalla lettura dell’Hagakure, brani del quale si sentono recitati nel film, si intuisce lo sforzo di autocostruzione della propria personalità che Whitaker-Ghost Dog porta avanti. Quasi che la realizzazione dell’epica samuraica nella sua vita quotidiana fosse per lui l’unica via di fuga dall’ambiente oppressivo e senza futuro del ghetto in cui è nato e cresciuto e in cui vive.

Come nella migliore tradizione samuraica, l’errore involontario nell’adempimento di un incarico, determina una catena di eventi che portano inevitabilmente alla morte del personaggio del film. Il samurai di colore si ribella seguendo, in questo, un altro topòs dell’epica samuraica: la ribellione del guerriero esplode, a causa del modo ingiusto con cui viene trattato proprio da colui a cui si è consacrato, in tutta la sua furia possente quanto inutile. La morte inevitabile suggella la fine della ribellione del samurai Whitaker-Ghost Dog: è la nobiltà della sconfitta, come l’ha chiamata Ivan Morris e tema caro ancora oggi ai giapponesi.

Come ci insegna il vecchio Tsunetomo, alla fine si possono anche prendere decisioni in contrasto con quelle del proprio Signore ma bisogna sempre essere pronti a rispondere per le loro conseguenze.

Voglio ricordare per concludere, l’ultimo junshu di cui si ha notizia: alla morte dell’Imperatore Hitohito, nel 1989, un cittadino giapponese compì seppuku lasciando una breve spiegazione. Quell’uomo scrisse “ero un soldato, molti anni fa avevo giurato di dare la mia vita per l’Imperatore”.



"I have found that the Way of the Samurai consists in death. When it comes time to choose between life and death, it is best to immediately choose death. It is not difficult, you just need to decide and move on. Those who argue that die without having achieved their purpose is to die in vain, practice a Way of merchants".

This is the terrible beginning of Yamamoto Tsunetomo's Hagakure.

A book that in the form of findings, maxims and precepts, accounted for generations a sort of spiritual breviary for all Japanese who had embraced the way of the warrior. Or for whom intended to embrace it.

A cursed book, according to the American occupation forces in Japan. A book so hated that the Americans were engaged with zeal in an attempt to remove his memory, by burning thousands of copies. The Americans imputed to Hagakure the intense nationalism that the Japanese had shown up to the stinging defeat of the Second World War. The phenomenon of kamikaze and mass suicide instead of surrender, even among civilians, was also brought up to the Hagakure and its teachings.

Thus, the winners tried to burn every existing copy but failed to do so and now the book is well-known all over the world, studied, yet loved or hated by the readers.

Hagakure was not written by Tsunetomo himself but by his only student Tashiro which contradicted the will of his master and did not burn the first transcript of their conversation, which took place from 1710 to 1716. The result was a book that was once considered a precious treasure by the samurai of the clan to which Tsunetomo belonged and centuries later became one of the cornerstones of samurai literature.

During the years when Hagakure was written, the unification of Japan had already been done for more than a century and the samurai class already manifested the decadent traits of the peacetime.

Peace brought with it, in fact, stability and prosperity and therefore the need for competent administrative officials rather than legions of warriors always ready for battle. The closure of borders imposed by a government who feared the political and religious interference of Spain and Portugal, also prevented the launch of military campaigns abroad so that many samurai found themselves more and more to live the contradictory situation of warriors who were fighters only in potential. Many of them even found themselves out of work, becoming ronin, masterless samurai forced into a wanderer and very hard life, or to the death by suicide, the only way to escape the disgrace of poverty.

Tsunetomo teaches looking to the future because he fears the decadence that he sees meander in the present and remembers with regret the splendor of a period gone he never lived. A time when men were confronted with each other on the battlefield and faced their truth, without being able to lie.

He himself was a samurai of modern times: he had never participated in any war or battle or duel and, outside of his training, he had never experienced the harshness of real military life during wartime.

He had always been, however, a faithful vassal of his Lord, embodying the ideals of loyalty and dedication that had their roots deep in Confucian and Buddhist culture that Japan had borrowed from China. But Tsunetomo was so out of historical time that he could not even practice Junshu at the death of his feudal Lord. He could not, that is, carry out the suicide for loyalty he had promised many years before and that always had been granted to those samurai who had vowed not survive the death of their daimyo: few years before, in fact, it was passed a law prohibiting such acts. As an alternative, he was allowed to pronounce his vows and become Buddhist monk until the end of his days on earth.

What about talk Hagakure?

Talks about loyalty. Dedication. Courage. Ethics. But not only.

It talks about a typical concept of Japanese culture of that time and, to varying degrees, contemporary: the "giri", the moral debt that you have with those who came before us and before us has been able to accomplish great things. Giri is an idea also present in other cultures but not always in a manner so marked as in the Japan of samurai. Needless to say as in the contemporary western world, dominated by consumerism and the lust for money, this concept sounds outdated and anachronistic to the ears of many people.

Hagakure speaks of death and how to deal with it daily, for example calling to look daily at yourself as if you were already dead: the acceptance of this fact, according to Tsunetomo, brings the ability to live a balanced and ethical life. This is an interesting point because there are Christian religious orders whose monks have a habit of greeting explicitly remembering the inevitability of death. The reminder of the transience of human existence should lead the person to act righteously and with balance in everyday life.

Hagakure is also a continuous exhortation to moderation of the senses, feelings, expectations, words, acts and gestures. Because if it is easy to fall into a critical situation due to a word spoken lightly or a gesture made even without bad intentions, however, may be difficult to get out. And the only way to get out from a critical situation can only be by seppuku, the ritual suicide of which Junshu was one of the variants.

Tsunetomo was steeped in Buddhist sentiment and this shines through in the exhortations to respect for all living creatures. It may seem a contradictory behavior but that of the samurai was a complex figure and the absence of a state of war continues between feudal clan had favored the emergence of different features in the same figure of a warrior.

Hagakure is a work written in an era now passed, and some cultural references are difficult to understand for the contemporary men but in its essence it remains a work that offers much food for thought. Knowing choosing and adapting to the spirit of the times, it can be a great tool for everyday life.

There are, i.e., parts of Hagakure that cannot be transposed directly into the crooked and deformed society in which we live today but, instead, other parts can be adapted. Courage, loyalty, respect, commitment, attention continuous and precise: these are all features that modern men can cultivate like the samurai of ancient Japan.

In fact, these qualities are timeless because they belong to human nature and are the foundation of the rule of law and, even, of a democratic society.

The figure of the samurai as a warrior willing to make the supreme sacrifice for loyalty to his Lord, saw a large and diverse film production.

Apart from the Japanese film production, boundless in its vastness, it is interesting to note the beautiful Jim Jarmusch's Ghost Dog in which an eclectic Forest Whitaker plays the part of a samurai contemporary, colored, in the pay of an Italian-American mafia boss.

A character with negative traits, and in some ways doomed to failure, that of Whitaker, but not without its own moral and ethical. Just from the reading of Hagakure, excerpts of which appear recited in the film, you can understand the effort of self-construction of his own personality that Whitaker-Ghost Dog carries forward. Almost that the realization of the samurai epic in his daily life was, for him, the only escape from an environment oppressive and without future, like that of the slum where he lives.

As in the best tradition, a mistake (in this case unintentionally) in the line of duty, determines a chain of events that lead inevitably to the death of the character of the film. A sacrificial death that seals the rebellion of the samurai Whitaker-Ghost Dog: as we learn from the old Tsunetomo, at the end you can also take decisions running counter to those of your Lord but you must always be prepared to answer for the consequences.

We want to remember, finally, the last known junshu: after the death of the Emperor Hitohito, in 1989, a Japanese citizen performed seppuku, leaving a brief explanation. That man wrote, "I was a soldier, many years ago I swore to give my life for the Emperor".


© Tora Kan Dōjō
www.iogkf.it
www.torakanzendojo.org

















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