Pubblichiamo un brano di Costantino Ceoldo pubblicato dalla Biblioteca dell'Estremo Oriente
"Ho scoperto che la Via del Guerriero consiste nella morte. Quando arriva il momento di scegliere tra vita morte, è meglio scegliere subito la morte. Non è poi così difficile: basta solo decidere e andare avanti. Chi sostiene che morire senza aver raggiunto il proprio scopo sia morire invano, pratica una via da mercanti".
Questo è il terribile inizio dell’Hagakure di Yamamoto Tsunetomo.
Un
libro che in forma di precetti, sentenze, massime ma anche brevissime storie,
ha rappresentato per generazioni una sorta di breviario spirituale per tutti i
giapponesi che abbracciavano la Via del Guerriero. O che intendevano farlo.
Un
libro maledetto, secondo le forze di occupazione americane in Giappone. Un
libro tanto odiato e temuto che gli statunitensi si impegnarono con zelo nel
tentativo di rimuoverne il ricordo. Ne bruciarono nel fuoco migliaia di copie.
Gli americani imputavano all’Hagakure l’acceso nazionalismo che i giapponesi
avevano manifestato fino alla sconfitta bruciante della Seconda Guerra
Mondiale. All’Hagakure e ai suoi insegnamenti fu fatto risalire il fenomeno dei
kamikaze e dei suicidi di massa al posto della resa, anche tra i civili.
I
vincitori cercarono così di bruciare ogni copia esistente ma fallirono nel loro
scopo ed il libro è sopravvissuto divenendo noto in tutto il mondo, studiato,
ancora adesso apprezzato o odiato da chi lo conosce.
Hagakure
non è stato scritto dallo stesso Tsunetomo ma dal suo unico allievo Tashiro il
quale contraddisse la volontà del maestro e non distrusse la trascrizione delle
conversazioni che i due ebbero tra il 1710 e il 1716. Ne scaturì un libro che
fu subito considerato un tesoro prezioso dai samurai del clan a cui Tsunetomo
apparteneva e secoli dopo divenne uno dei capisaldi della letteratura
samuraica.
Negli
anni in cui Hagakure fu scritto la classe dei samurai manifestava già i tratti
decadenti del tempo di pace perché l’unificazione del Giappone era già stata
completata da più di un secolo.
La
pace portava con sé, infatti, stabilità e prosperità e quindi il bisogno di
funzionari amministrativi competenti più che di legioni di guerrieri sempre
pronti alla battaglia. La chiusura delle frontiere, decretata da un governo che
temeva (non completamente a torto) le ingerenze politiche e religiose di Spagna
e Portogallo, impediva anche l’avvio di campagne militari all’estero così che
molti samurai si ritrovarono a vivere la situazione contraddittoria di
guerrieri che erano combattenti solo in via potenziale. Molti di loro persero
il loro impiego, diventando ronin, dei samurai senza padrone costretti ad una
vita raminga e molto dura. Altri ricorsero alla morte per suicidio, unico mezzo
per sfuggire al disonore della miseria.
Tsunetomo
insegna guardando al futuro perché teme la decadenza che vede serpeggiare nel
presente e ricorda con rimpianto i fasti di un periodo scomparso, da lui però
mai vissuto. Un periodo in cui gli uomini potevano confrontarsi gli uni con gli
altri sul campo di battaglia ed ognuno guardava in faccia la propria verità
senza poter mentire.
Lui
stesso era un samurai dei tempi moderni: non aveva mai partecipato ad alcuna
guerra o battaglia o duello e, al di fuori del suo addestramento, non aveva mai
conosciuto le asperità della vera vita militare del tempo di guerra.
Era
sempre stato però un fedele vassallo del suo Signore, incarnando gli ideali di
fedeltà e dedizione che affondavano le loro radici profonde nella cultura
confuciana e buddhista che il Giappone aveva mutuato dalla Cina. Ma Tsunetomo
era talmente fuori tempo storico da non poter neanche praticare junshu alla
morte del suo feudatario. Non poté, cioè, realizzare il suicidio per fedeltà
che si era prefisso fin da giovane e che era sempre stato concesso a quei
samurai che avevano fatto voto di non sopravvivere alla morte del loro daimyō:
pochi anni prima era stata infatti approvata una legge che proibiva simili atti
a causa degli eccessi del passato. Come alternativa gli fu permesso di
pronunciare i voti religiosi e diventare monaco buddhista fino alla fine dei
suoi giorni terreni. Lui stesso lo riconosce nel libro, affermando di preferire
di reincarnarsi sette volte come samurai del suo clan piuttosto che conseguire
il nirvana degli illuminati.
Di
che parla Hagakure?
Parla
di fedeltà. Di dedizione. Di coraggio. Di etica. Di come vivere la propria vita
servendo il proprio Signore in modo decoroso. Ma non solo.
Parla
di un concetto tipico della cultura giapponese dell’epoca e, in misura molto
diversa, contemporanea: quello di giri, il debito morale che si ha con chi è
venuto prima di noi e prima di noi ha saputo compiere grandi cose. Giri è
un’idea presente anche in altre culture ma non sempre in maniera così marcata
come nel Giappone dei samurai. Inutile ricordare come nel mondo contemporaneo
occidentale, dominato dal consumismo e dalla brama di denaro, tale concetto
suoni superato ed anacronistico alle orecchie di molte persone. Buffo, alle
orecchie degli stolti.
Hagakure
parla della morte e di come affrontarla quotidianamente, per esempio esortando
a guardare quotidianamente a se stessi come se si fosse già morti:
l’accettazione di questo fatto, secondo Tsunetomo, porta la capacità di vivere
con equilibrio e in modo etico. Questo è un punto interessante perché vi sono
ordini religiosi cristiani i cui monaci hanno l’abitudine di salutarsi
ricordandosi esplicitamente l’ineluttabilità della morte. Il richiamo alla
caducità dell’esistenza umana dovrebbe portare la persona ad agire rettamente e
con equilibrio nella sua vita quotidiana.
Hagakure
è anche una continua esortazione alla moderazione: dei sensi, dei sentimenti,
delle aspettative, delle parole, degli atti, dei gesti. Perché se è facile
cadere in una situazione critica a causa di una parola pronunciata con
leggerezza o di un gesto fatto anche senza cattive intenzioni, può essere però
difficilissimo uscirne. E l’unico modo di togliersi da una situazione critica
può essere il seppuku, il suicidio rituale di cui junshu era una delle
varianti.
Tsunetomo
era intriso di sentimento buddhista e questo traspare nelle esortazioni al
rispetto per tutte le creature viventi. Può sembrare un comportamento
contraddittorio ma quella dei samurai è una figura complessa e il venir meno di
uno stato di guerra continua fra clan feudali aveva favorito l’affermarsi di
caratteristiche diverse nella stessa figura di guerriero.
Hagakure
è un’opera scritta in un’epoca oramai passata ed alcuni riferimenti culturali
sono difficili da comprendere per l’uomo contemporaneo ma nella sua essenza
permane un’opera che offre molti spunti di riflessione. Può essere un ottimo
strumento per la vita quotidiana sapendo scegliere e adattandolo allo spirito
dei nostri tempi.
Vi
sono infatti parti di Hagakure che non è possibile trasporre direttamente nella
società deforme e deformata nella quale viviamo oggi ma altre invece vi possono
essere adattate. Coraggio, lealtà, rispetto, impegno, attenzione continua e
precisa per l’attimo che stiamo vivendo: sono tutte caratteristiche che l’uomo
contemporaneo può coltivare come le coltivava il samurai dell’antico Giappone.
Si
tratta in realtà di qualità senza tempo perché appartengono alla natura umana,
sono il fondamento dello stato di diritto e perfino di una società democratica.
La
figura del samurai, il guerriero disposto al sacrificio supremo per lealtà al
proprio Signore, ha visto una grande e variegata produzione cinematografica.
Tralasciando
i film della produzione nipponica, sconfinata nella sua vastità, è interessante
segnalare il bel film di Jim Jarmusch Ghost Dog nel quale un eclettico Forest
Whitaker interpreta la parte di un samurai contemporaneo, di colore,
curiosamente al soldo di un boss mafioso italoamericano.
Quello
di Whitaker è un personaggio con tratti negativi e per alcuni versi
condannato-votato al finale ineluttabile, ma non per questo privo di una sua
morale e di una propria etica. Proprio dalla lettura dell’Hagakure, brani del
quale si sentono recitati nel film, si intuisce lo sforzo di autocostruzione
della propria personalità che Whitaker-Ghost Dog porta avanti. Quasi che la
realizzazione dell’epica samuraica nella sua vita quotidiana fosse per lui
l’unica via di fuga dall’ambiente oppressivo e senza futuro del ghetto in cui è
nato e cresciuto e in cui vive.
Come
nella migliore tradizione samuraica, l’errore involontario nell’adempimento di
un incarico, determina una catena di eventi che portano inevitabilmente alla
morte del personaggio del film. Il samurai di colore si ribella seguendo, in
questo, un altro topòs dell’epica samuraica: la ribellione del guerriero esplode,
a causa del modo ingiusto con cui viene trattato proprio da colui a cui si è
consacrato, in tutta la sua furia possente quanto inutile. La morte inevitabile
suggella la fine della ribellione del samurai Whitaker-Ghost Dog: è la nobiltà
della sconfitta, come l’ha chiamata Ivan Morris e tema caro ancora oggi ai
giapponesi.
Come
ci insegna il vecchio Tsunetomo, alla fine si possono anche prendere decisioni
in contrasto con quelle del proprio Signore ma bisogna sempre essere pronti a
rispondere per le loro conseguenze.
"I
have found that the Way of the Samurai consists in death. When it comes time to
choose between life and death, it is best to immediately choose death. It is
not difficult, you just need to decide and move on. Those who argue that die
without having achieved their purpose is to die in vain, practice a Way of
merchants".
This is the
terrible beginning of Yamamoto Tsunetomo's Hagakure.
A book that
in the form of findings, maxims and precepts, accounted for generations a sort
of spiritual breviary for all Japanese who had embraced the way of the warrior.
Or for whom intended to embrace it.
A cursed
book, according to the American occupation forces in Japan. A book so hated
that the Americans were engaged with zeal in an attempt to remove his memory,
by burning thousands of copies. The Americans imputed to Hagakure the intense
nationalism that the Japanese had shown up to the stinging defeat of the Second
World War. The phenomenon of kamikaze and mass suicide instead of surrender,
even among civilians, was also brought up to the Hagakure and its teachings.
Thus, the
winners tried to burn every existing copy but failed to do so and now the book
is well-known all over the world, studied, yet loved or hated by the readers.
Hagakure
was not written by Tsunetomo himself but by his only student Tashiro which
contradicted the will of his master and did not burn the first transcript of
their conversation, which took place from 1710 to 1716. The result was a book
that was once considered a precious treasure by the samurai of the clan to
which Tsunetomo belonged and centuries later became one of the cornerstones of
samurai literature.
During the
years when Hagakure was written, the unification of Japan had already been done
for more than a century and the samurai class already manifested the decadent
traits of the peacetime.
Peace
brought with it, in fact, stability and prosperity and therefore the need for
competent administrative officials rather than legions of warriors always ready
for battle. The closure of borders imposed by a government who feared the
political and religious interference of Spain and Portugal, also prevented the
launch of military campaigns abroad so that many samurai found themselves more
and more to live the contradictory situation of warriors who were fighters only
in potential. Many of them even found themselves out of work, becoming ronin,
masterless samurai forced into a wanderer and very hard life, or to the death
by suicide, the only way to escape the disgrace of poverty.
Tsunetomo
teaches looking to the future because he fears the decadence that he sees
meander in the present and remembers with regret the splendor of a period gone
he never lived. A time when men were confronted with each other on the
battlefield and faced their truth, without being able to lie.
He himself
was a samurai of modern times: he had never participated in any war or battle
or duel and, outside of his training, he had never experienced the harshness of
real military life during wartime.
He had
always been, however, a faithful vassal of his Lord, embodying the ideals of
loyalty and dedication that had their roots deep in Confucian and Buddhist
culture that Japan had borrowed from China. But Tsunetomo was so out of
historical time that he could not even practice Junshu at the death of his
feudal Lord. He could not, that is, carry out the suicide for loyalty he had
promised many years before and that always had been granted to those samurai
who had vowed not survive the death of their daimyo: few years before, in fact,
it was passed a law prohibiting such acts. As an alternative, he was allowed to
pronounce his vows and become Buddhist monk until the end of his days on earth.
What about
talk Hagakure?
Talks about
loyalty. Dedication. Courage. Ethics. But not only.
It talks
about a typical concept of Japanese culture of that time and, to varying
degrees, contemporary: the "giri", the moral debt that you have with
those who came before us and before us has been able to accomplish great
things. Giri is an idea also present in other cultures but not always in a
manner so marked as in the Japan of samurai. Needless to say as in the
contemporary western world, dominated by consumerism and the lust for money,
this concept sounds outdated and anachronistic to the ears of many people.
Hagakure
speaks of death and how to deal with it daily, for example calling to look
daily at yourself as if you were already dead: the acceptance of this fact,
according to Tsunetomo, brings the ability to live a balanced and ethical life.
This is an interesting point because there are Christian religious orders whose
monks have a habit of greeting explicitly remembering the inevitability of
death. The reminder of the transience of human existence should lead the person
to act righteously and with balance in everyday life.
Hagakure is
also a continuous exhortation to moderation of the senses, feelings,
expectations, words, acts and gestures. Because if it is easy to fall into a
critical situation due to a word spoken lightly or a gesture made even without
bad intentions, however, may be difficult to get out. And the only way to get
out from a critical situation can only be by seppuku, the ritual suicide of
which Junshu was one of the variants.
Tsunetomo
was steeped in Buddhist sentiment and this shines through in the exhortations
to respect for all living creatures. It may seem a contradictory behavior but
that of the samurai was a complex figure and the absence of a state of war
continues between feudal clan had favored the emergence of different features in
the same figure of a warrior.
Hagakure is
a work written in an era now passed, and some cultural references are difficult
to understand for the contemporary men but in its essence it remains a work
that offers much food for thought. Knowing choosing and adapting to the spirit
of the times, it can be a great tool for everyday life.
There are,
i.e., parts of Hagakure that cannot be transposed directly into the crooked and
deformed society in which we live today but, instead, other parts can be
adapted. Courage, loyalty, respect, commitment, attention continuous and
precise: these are all features that modern men can cultivate like the samurai
of ancient Japan.
In fact,
these qualities are timeless because they belong to human nature and are the
foundation of the rule of law and, even, of a democratic society.
The figure
of the samurai as a warrior willing to make the supreme sacrifice for loyalty
to his Lord, saw a large and diverse film production.
Apart from
the Japanese film production, boundless in its vastness, it is interesting to
note the beautiful Jim Jarmusch's Ghost Dog in which an eclectic Forest
Whitaker plays the part of a samurai contemporary, colored, in the pay of an
Italian-American mafia boss.
A character
with negative traits, and in some ways doomed to failure, that of Whitaker, but
not without its own moral and ethical. Just from the reading of Hagakure,
excerpts of which appear recited in the film, you can understand the effort of
self-construction of his own personality that Whitaker-Ghost Dog carries
forward. Almost that the realization of the samurai epic in his daily life was,
for him, the only escape from an environment oppressive and without future,
like that of the slum where he lives.
As in the
best tradition, a mistake (in this case unintentionally) in the line of duty,
determines a chain of events that lead inevitably to the death of the character
of the film. A sacrificial death that seals the rebellion of the samurai
Whitaker-Ghost Dog: as we learn from the old Tsunetomo, at the end you can also
take decisions running counter to those of your Lord but you must always be
prepared to answer for the consequences.
We want to
remember, finally, the last known junshu: after the death of the Emperor
Hitohito, in 1989, a Japanese citizen performed seppuku, leaving a brief
explanation. That man wrote, "I was a soldier, many years ago I swore to
give my life for the Emperor".
© Tora Kan Dōjō
www.iogkf.it
www.torakanzendojo.org
Nessun commento:
Posta un commento