sabato 20 giugno 2020

La postura, “Istruzioni per l’uso”

Assumere l’immobilità

Quando sedete in Zazen, non dimenticate alcune operazioni importanti: il saluto verso lo zafu è rivolto alle persone che siedono accanto a noi, quello verso il centro alle persone che si siedono di fronte. La rotazione in senso orario è altrettanto importante. Sedere non significa appoggiare il culo sullo zafu, ma la zona perineale. Si dice in questo caso che l’ano guarda il sole, sorride al cielo. E’ preferibile la posizione del loto completo o tutt’al più il mezzo loto. Accostate subito le mani all’addome. Da questo momento bisogna armonizzare il corpo con la mente. Come? Con il respiro. S’inspira e si espira la prima volta in modo da portare la forza dell’espiro nell’addome. Una volta dato fondo all’espiro si inizia ad oscillare, facendo partire il movimento dalle anche. Il corpo si stabilizza sulla verticalità e siete in Zazen. Bisogna sedere immobili: l’immobilità è assunta con una certa gradualità. Se fosse possibile, prima di sedere, dovreste lavarvi mani, faccia e piedi. Lo Zazen non è una tecnica di meditazione, è entrare in uno stato in cui finalizzazione e funzionalizzazione vanno abbandonate naturalmente: non si fa Zazen per qualcosa o per qualcuno, neanche per voi stessi. Questo vi richiama in termini di corporeità. Quando siete veramente seduti non sapete di essere seduti, tuttavia non avete perso coscienza.

Il respiro

Sedete in Zazen con ferma determinazione: c’è comunque un ampio spazio per una sottile e leggera flessibilità, adattabilità. Così, quando si respira, non si può solo inspirare e solo espirare, ma inspiro ed espiro si alternano. Inspirando, vedrete che basterà un breve e semplice inspiro. Comincerete a espirare ed inspirare diffondendo salvezza per gli altri. Buddha per me inspira. Buddha per gli altri espira. Il vostro espiro si prolunga come mai l’avreste immaginato, senza fatica. Da qui un nuovo breve e pieno inspiro di Buddha per me. Concentrazione – espansione. È il respiro dell’universo, spirito universale, santo. Respira, ma nessuno sa da dove il respiro viene e dove va. Questo è l’inizio vero dello Zazen e il suo termine. Hotsu-bodaishin, il risvegliarsi dello spirito, Bodhicitta. Il momento di questo Risveglio e un momento di pratica, di realizzazione, di compassione, di liberazione.

Pensare con l’addome


Riducete la distanza fra le ginocchia; tenete bene la caviglia sulla coscia, la concentrazione cade automaticamente sull’addome. È lì che abbiamo un secondo cervello. Come pensare con l’addome? Davanti al viso si congiungono le mani in un gesto di unità, di armonia: la mente deve essere raccolta nelle mani, che poi si posano in grembo, ben in contatto con l’addome. Le dita belle distese, i pollici orizzontali che si toccano appena ma costantemente, si sfiorano come se volessero trattenere delicatamente un foglio di carta. La testa ben piazzata, come se dovesse sostenere il cielo stesso. Immaginate sul capo in equilibrio un peso, un’anfora. Rientrate il mento, date forza alla nuca. Poi fate attenzione allo sguardo che è legato alla nuca. Socchiudete gli occhi senza fissare un punto. Più sedete con energia, più questo influenzerà il vostro sistema nervoso. Sedete con la pancia, non tirate la schiena  e basta: così potrete tenere la concentrazione senza sforzo. Da qualche tempo non insisto più sul fatto di portare la concentrazione sulla colonna vertebrale: il piano del plesso solare è come se rientrasse un po’, morbido, molto morbido; alla stessa altezza delle scapole la colonna va rilassata per possa raddrizzarsi; di conseguenza si dà forza alla nuca e al tronco.

Volete- vi bene

Solo all’inizio occorre seguire in modo molto minuzioso. Alcuni in breve capiscono, per altri molti anni sono pochi. Comunque non è uno sforzo atletico. Con questo corpo sediamo giocando un gioco infinito le cui regole sono solo indicative: schiena dritta, gambe incrociate, mento rientrato, sguardo abbassato, respiro regolare. L’importante è volersi bene, con tutto il calore della vostra viva presenza. Anche per il kyosaku esistono indicazioni generiche, ma lo spirito del kyosaku è quello dello spaventapasseri che immobile, inutile, inerte sorveglia il campo seminato, svolgendo tuttavia la sua funzione. Questo è essere concentrati: pensare sì, ma non rimanere impigliati nelle proprie categorie. La vita del Dojo, la postura di Zazen sono vita e postura sublimi, confrontati alla morte istante per istante. Basta guardare alla morte decisamente per trovarsi in un lago di tranquillità: è Zazen, continuare a passare attraverso. Quindi il Dojo è vivo, un polmone che respira, ed è vicino alla strada. Chi porta il kyosaku, come chi siede in Zazen, è come un guerriero fieramente installato sulla sua cavalcatura. Inutile dirlo ai miserabili uomini di oggi, che guardano il marciapiede di fuori. Ma se una sola volta lo fate, se con vigore sedete in Zazen, come come la tigre che entra nella grotta della montagna, come il drago che rientra nell’acqua: ritrovate la vostra vita originale. Sono immagini che usa il Maestro Dogen. In questa pratica imparate a concentrarvi sul corpo, sui punti importanti della postura: la coscienza vien da sé. L’importante è sedere insieme influenzandosi reciprocamente, affrontando la grande avventura per questa Via. Solo così riusciremo veramente a capire che la nostra coscienza non è limitata al pensiero.

Dipendenza, indipendenza, inter-dipendenza

Qualcuno fa fatica ad incrociare le gambe: non è un problema solo fisico. Vi invito a camminare senza sbattere le gambe contro l’abito: concentratevi, controllate il corpo, restituitegli libertà. Caviglie, ginocchia, dita dei piedi possono muoversi liberi, non come blocchi unici. Per un attimo, pensate alle vostre mani: potete avvertire una grande ricchezza di articolazioni, cinque più cinque dita che interagiscono fra loro in modo complesso. Se vi concentrate adeguatamente sulle mani vi accorgerete che la postura cambia. Le mani sono l’immagine di tutta la postura. Il mudra influenza tutto il corpo. Se lasciate che ogni dito sia se stesso, che non sia il vostro dito, questo interagisce liberamente. Non solo lo Zazen dei pollici diventa lo Zazen del corpo, ma lo Zazen della schiena diventa lo Zazen delle montagne e delle pianure. Dovete capire questo punto in termini di dipendenza e indipendenza, quindi di interdipendenza, intesa non solo come di reciproca dipendenza. Lasciate che ogni parte del corpo faccia il proprio Zazen, abbia la propria difficoltà e non la vostra…


Appassionatamente

La vostra preoccupazione non deve essere quella di irrigidire il corpo. È più complesso. A partire dalle istruzioni che ricevete, dovete prodigarvi appassionatamente a trovare il vostro equilibrio fisico e spirituale. In queste condizioni vi sentirete rigenerati. È come se la circolazione del sangue, l’energia nervosa e tutto  il resto fluissero meglio. Chiudete naturalmente la bocca, accostate i denti, appoggiate la lingua al palato superiore in modo da rilassare il viso. È importante sedere a lungo senza fatica, direi anche con un sentimento di rigenerazione. Anche se non è questo il fine, può anche avvenire. Così il pensiero si fa profondo, ritmato, ma inconsciamente. Questi sono i primi sintomi di una coscienza che sia inconsciamente creativa, libera, non ripetitiva. Vedete, così la nostra vita biologica non dipende da noi- o meglio, dipende in parte da noi, ma il risultato di un’azione complessissima, remotissima – così anche spiritualmente siamo discendenza, ed è importante che tutto questo sia in una qualche misura consapevole in voi.

Kin- hin, meditazione camminando

Tenete le mani leggermente discoste dal petto, le dita costantemente serrate, i gomiti un po’ alzati, in modo che con i polsi costituiscano una linea orizzontale completamente parallela al terreno. La parte superiore, dalla cintola in su, deve essere ben leggera, proiettata verso l’alto, la parte dalla cintola in giù ben pesante, quasi affondasse nel terreno. Il vostro corpo deve guadagnare in stabilità. Il resto del corpo, specialmente la testa, è come se sorreggesse una pila di libri, un cesto, qualcosa da mantenere in equilibrio. Capite che l’atteggiamento è quello atto a rettificarla vostra postura in generale. Ispirandovi a questo nuovo equilibrio , cercate di riprodurlo ogni volta che potete: passeggiando, lavorando, muovendovi in casa… Consapevoli dei vostri passi anche più veloci, consapevoli del vostro respiro, del vostro sguardo. L’importante è che per un periodo considerevolmente lungo riprendiate l’abitudine a guardare dritto davanti a voi. Se poi tocca guardare di lato, allora anche il corpo dovrà essere girato per far fronte a ciò che sta davanti a noi, ciò che ci interessa. La pratica suppone esperienza, ma se uno non ha capito l’esperienza della pratica, può sedere da molto tempo, ma senza alcuna progressione.



   F. Taiten Guareschi Roshi
Una Parodia che smaschera l’io
La Voce che Ascolta edizioni


© Tora Kan Dōjō











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