Un tempo, tenevo la porta della stanza della
meditazione chiusa, era un tempo in cui pensavo ancora di dover proteggere la
(mia) interiorità, il silenzio, la pratica della meditazione, come se dovessi
preservarli dal resto della vita. Forse era una fase importante, un po’ come un
albero gracile che si recinta per salvaguardarne la crescita; forse era un modo
per esprimere la preziosità del luogo e della pratica che in quel luogo pian
piano si svolgeva. Col tempo, ho sentito che la porta chiusa non solo
preservava, ma anche separava, escludeva, interrompeva un flusso. E l’ho
lasciata sempre aperta, si è creata una corrente tra la vita delle altre stanze
e quella stanza vuota e silenziosa. Si sono arricchiti entrambi gli spazi,
credo. Nella mia casa vive anche un gatto, Zivago. Entra ed esce dalla stanza
della meditazione, si fa le unghie sulla moquette, se ruba qualcosa va a
mangiarselo lí, come un luogo salvo, un rifugio. Certe volte, entra quando sto
meditando con altre persone, annusa le mani, fa un giretto, resta se gli va,
altrimenti si dilegua. Una sera, una persona, sentendo di colpo il naso umido
di Zivago sulla mano, lanciò un piccolo urlo e decidemmo di chiudere la porta.
Il mattino dopo, al risveglio, entrando nella stanza, rimasi esterrefatta,
sembrava che fosse nevicato, gran parte del pavimento era ricoperta di
minuscoli pezzetti di carta igienica bianca, una visione. Sono rimasta a
contemplarla per un po’ sentendo che non era solo strabiliante, un interno con
paesaggio innevato, ma che conteneva un messaggio. E seduta a meditare l’ho
colto: una stanza che non accoglie un gatto è un gabinetto. Da allora, avverto
gli altri dell’esistenza di Zivago, e non solo ora lui entra ed esce come gli
pare, il suo insegnamento ha toccato il mio modo di avere a che fare con quella
stanza. Il silenzio ha bisogno della vita quotidiana. Ha bisogno del rumore,
dei gatti, degli urli, per sapere che sono una cosa sola. Basta stare nel
piccolo e col piccolo, perché il grande si rivela da sé quando siamo attenti. E
il percorso della comprensione passa lieve per tutta la nostra vita.
tratto da: Candiani, Chandra Livia. Il silenzio è cosa viva: L'arte della meditazione. Einaudi.
© Tora Kan Dōjō
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