Pubblichiamo l'estratto di un Insegnamento offerto da Taigô Kônin Sensei durante la Pratica Zen.
Tratto dal libro : 'La Forma del Vuoto: Riflessioni su Zen e Arti Marziali' di Paolo Taigô Spongia ed. Mediterranee
disponibile per l'acquisto in tutte le librerie e online: https://www.amazon.it/forma-vuoto-Riflessioni-arti-marziali/dp/8827232230/
"Forma è ciò che rende una cosa bella, e permette di apprezzarne il valore
raro e prezioso."
La
pratica Zen ci permette di riscoprire la capacità di apprezzare e vivere la
'forma'. Un qualcosa che oggi è caduto in disuso.
La
forma è un aspetto importante dell'esistenza.
Nell'essere umano la forma nutre
tanto quanto il contenuto... Anzi, direi che la forma è inseparabile dal
contenuto.
C'è una forma adeguata ad ogni istante, ad ogni momento, ad ogni situazione, ad ogni relazione.
Quello che studiamo attraverso l'esercizio nel Dōjō, mediante i linguaggi che utilizziamo, è proprio essere capaci di percepire ed adeguare la forma a seconda di come lo richieda la situazione.
Questo significa un'esplorazione profonda di noi stessi e della nostra relazione con gli altri, con le cose, con il tempo e lo spazio...
Senza questa consapevolezza la forma potrà essere inadeguata e diventerebbe solo il patetico ed impacciato tentativo di riprodurre un qualcosa che ci è stato suggerito ma che non abbiamo compreso, la forma perderebbe ogni contenuto.
Spesso purtroppo la pratica Zen rischia di diventare questo senza una guida onesta, senza una ricerca critica. Un esercizio che invece di risvegliare instupidisce.
Un esercizio che invece di rendere liberi e intuitivi conduce ad attaccarsi a delle forme vuote e ottuse per rassicurarsi, l’esatto contrario della libertà e del Risveglio del Buddha.
C'è una forma adeguata ad ogni istante, ad ogni momento, ad ogni situazione, ad ogni relazione.
Quello che studiamo attraverso l'esercizio nel Dōjō, mediante i linguaggi che utilizziamo, è proprio essere capaci di percepire ed adeguare la forma a seconda di come lo richieda la situazione.
Questo significa un'esplorazione profonda di noi stessi e della nostra relazione con gli altri, con le cose, con il tempo e lo spazio...
Senza questa consapevolezza la forma potrà essere inadeguata e diventerebbe solo il patetico ed impacciato tentativo di riprodurre un qualcosa che ci è stato suggerito ma che non abbiamo compreso, la forma perderebbe ogni contenuto.
Spesso purtroppo la pratica Zen rischia di diventare questo senza una guida onesta, senza una ricerca critica. Un esercizio che invece di risvegliare instupidisce.
Un esercizio che invece di rendere liberi e intuitivi conduce ad attaccarsi a delle forme vuote e ottuse per rassicurarsi, l’esatto contrario della libertà e del Risveglio del Buddha.
Quando ‘allestiamo’ il Dōjō, la collocazione di ogni oggetto, non è disposta a caso.
Ogni cosa nello spazio-tempo del Dōjō ha un senso ed un orientamento, bisogna diventare sensibili per percepirli comprendendone profondamente la natura ed il significato.
La pratica Zen è nello studio e nell'esplorazione personale di questo significato.
Ogni cosa nello spazio-tempo del Dōjō ha un senso ed un orientamento, bisogna diventare sensibili per percepirli comprendendone profondamente la natura ed il significato.
La pratica Zen è nello studio e nell'esplorazione personale di questo significato.
II significato del situarsi di ogni cosa e di ognuno in uno spazio
preciso che richiama e permette di gettare uno sguardo su una realtà 'altra'.
Sono delle porte di accesso alle profondità del mistero della vita che è fatto
di spazi, tempi, ritmi… che bisogna conoscere e rispettare per poter vivere
armoniosamente il nostro tempo nel mondo.
La
statua sull'altare, i fiori, la candela... La sistemazione degli oggetti nel Dōjō
sono delle porte, delle porte di accesso ad una realtà 'altra', ad una
dimensione che sfugge ad uno sguardo superficiale.
Essendo
delle porte, quello che noi facciamo quando utilizziamo queste forme non è
altro che predisporci ad accogliere quello che da queste porte e da
questi passaggi può arrivare: ad accogliere il mistero.
La
pratica religiosa e spirituale non è altro che un predisporsi ad
accogliere...un predisporsi a ricevere, non una ricerca di qualcosa che
desideriamo, 'a ricevere degnamente un ospite che non sappiamo né quando
né da quale porta potrà entrare'.
Pratica è predisporsi ad essere pronti, sempre, ad accogliere l’inatteso.
Tratto da : 'La Forma del Vuoto: Riflessioni su Zen e Arti Marziali' di Paolo Taigô Spongia ed. Mediterranee
disponibile per l'acquisto in tutte le librerie e online: https://www.amazon.it/forma-vuoto-Riflessioni-arti-marziali/dp/8827232230/
© Tora Kan Dōjō
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