In occasione della pubblicazione del nuovo lavoro del Maestro Bruno Ballardini - Lo Zen e l'arte di aprire una porta aperta Piemme editore - condividiamo la lettura di alcuni commenti al Momunkan contenuti nel III Capitolo.

Quante
opportunità di conoscere, di crescere, di evolverci, ci precludiamo da soli
senza saperlo? È il pensiero convenzionale – non quello degli altri, ma il
nostro – a ostacolarci. Cioè l’abitudine a vedere le cose sempre nello stesso
modo per non correre il rischio di scoprire che sono diverse da come le
vediamo, o per non fare la fatica di ricominciare daccapo ogni volta a cercare
il “modo giusto” di vederle. Mumon spiega che «Per padroneggiare lo Zen, si
deve oltrepassare la barriera dei patriarchi». Ma qui cosa significa
precisamente “oltrepassare”? Significa cambiare modo di vedere, cioè di
pensare. Quindi, perfino di farsi delle domande. Un giorno, John Cage, il
famoso compositore d’avanguardia americano, grande studioso di Zen, rispose
così alla domanda di un giornalista: «È una bellissima domanda. Non vorrei
rovinarla con una risposta». Prima di fare una domanda, bisogna pensarci bene:
è una grossa responsabilità. Bisogna chiedersi prima di tutto a chi giovi
quella domanda e per quale motivo debba essere formulata. Impariamo a fare un
bel respiro e a prenderci una pausa prima di sprecare parole e farne sprecare
anche agli altri inutilmente. Perché, il più delle volte, facciamo domande solo
per avere conferma delle nostre opinioni, oppure per rafforzarle, ma non siamo
mai veramente disposti a cambiarle. E allora perché facciamo domande inutili
quando sappiamo già qual è la risposta che ci attendiamo? Continuando a
pensare nello stesso modo non si va da nessuna parte, tutto resta uguale. Non
si varca nessuna soglia. Viceversa, dopo averla varcata non occorre più
classificare ciò che si vede, nemmeno con le parole. Non occorre definire più
niente. La forma è vuoto, la conoscenza è vuoto. Mumon commenta: «se non si
oltrepassa la barriera e non si elimina il vecchio modo di pensare, allora si
sarà come fantasmi che si aggrappano ai cespugli e alle erbacce. Ora, io vi
chiedo: qual è la barriera dei patriarchi? È soltanto questa parola: Mu.
Perché è questa la porta per entrare nello Zen». Dunque, il vuoto è una
porta. E, se ci fate bene caso, una porta è fatta di vuoto. Avendo realizzato
il vuoto, si può abbracciare tutto. Ecco perché Jōshū rispose in quel modo.
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