Dal
Discorso 22 del Majjhima Nikaya del Canone Pali
Giuseppe
De Lorenzo, Edizione La Terza, 1925
“
Ci sono fra di voi, o monaci, alcuni che apprendono l’insegnamento: hanno letto
molto e molto
ascoltato e sono diventati esperti in quello che si può conoscere con la
lettura e con l'ascolto.
Ma non sempre hanno verificato il senso dell'insegnamento con l'esperienza
personale
e quindi sfugge a loro il fatto che non si può avere una conoscenza chiara e
non si
ricava alcuna saggezza da concetti il cui significato non sia stato oggetto di
esperienza personale.
Ci sono praticanti che accolgono gli insegnamenti non come indicazioni per avanzare
lungo il cammino spirituale, ma come materia per uno scambio di opinioni.
Costoro
non colgono lo scopo per cui si apprende l'insegnamento e, non essendosi
correttamente
confrontati con esso, rimangono prigionieri dell'illusione e della sofferenza.
Questi
praticanti hanno afferrato male l'insegnamento.
È
come se un cacciatore di serpenti velenosi, trovandone uno, lo afferrasse per
il corpo o per
la coda: il serpente gli si rivolterebbe contro e gli morderebbe la mano, il
braccio o altro,
procurandogli forti dolori o addirittura la morte.
E
perché tutto questo? Perché, o monaci, quel cacciatore aveva afferrato male il
serpente.
Così
pure può accadere che insegnamenti male afferrati siano causa di danno e di
sofferenza.
Questo capita a quei praticanti i quali ritengono che l'insegnamento sia
rivolto soltanto
all'intelletto o sia utilizzabile solo come oggetto di discussione.
Ci
sono invece praticanti abili che afferrano bene gli insegnamenti, ne ricavano
con
saggezza
il senso e dopo essersene intellettualmente impadroniti, ne sperimentano il
significato
con la pratica e il sapere intuitivo e diretto.
Costoro
non apprendono gli insegnamenti solo per dedurne delle opinioni o per
utilizzarli nelle
discussioni, ma ne colgono con chiarezza il senso profondo e ne ricavano grande vantaggio
per la propria liberazione, avendoli bene afferrati.
E’
come quando un cacciatore di serpenti velenosi, trovandone uno, ne blocca prima
la testa
contro il suolo con un bastone forcuto e poi lo solleva afferrandolo saldamente
per il collo.
In questo caso il serpente non può morderlo e fargli male, anche se gli si
attorcigliasse
attorno alla mano, al braccio o altrove.
Questo
succede perché il cacciatore ha saputo afferrare bene il serpente.
Così
pure, o monaci, se saprete afferrare correttamente il senso del mio
insegnamento, ne avrete
grandi benefici. Ma se non riuscite a coglierne bene il significato, parlatene
con me oppure
con qualche praticante anziano ed esperto".
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