Una giovanissima Miriam con Sensei Paolo
Taigō Spongia
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Inside the Dojo.
Inauguriamo uno spazio dedicato alla voce, alle voci, che vivono quotidianamente il Dojo. Partendo da quella di chi fisicamente non lo vive più, ma che ne è stata e ne è parte integrante, Miriam Salustri.
Siete tutti invitati a inviarci ciò che lo spazio, il tempo e il lavoro che condividiamo vi ispirano.
Qualche giorno fa ho trovato nella bacheca di Facebook un messaggio di Emilio, che mi chiedeva se fossi disponibile a scrivere un articolo per il blog, in particolare mi proponeva il tema della lontananza (dal dojo) oppure lasciava a me la scelta di un altro qualsivoglia argomento, che mi facesse piacere affrontare.
Senza nemmeno pensarci su, ho accettato di buon grado fondamentalmente per due motivi. Primo: mi veniva offerta la possibilità di contribuire, e in questo modo di sentirmi di nuovo attivamente partecipe, alla vita del Dojo. Secondo: avrei potuto spezzare la routine da distributore di latte e da cambio di pannolino - dovuti alla condizione di neo mamma- che poco tempo lasciano ad altre attività.
Quindi Emilio grazie per aver dato uno scossone alle rotelle del mio cervello, che pian piano hanno ripreso a girare, seppur cigolanti!
Lasciarmi la scelta dell' argomento da trattare equivale ai famosi "temi liberi" che ci venivano appioppati ogni tanto a scuola...sempre odiati! e non per mancanza di fantasia e di argomenti, come si potrebbe ritenere, ma esattamente il contrario. Una massa indefinita di idee e pensieri, che si affannano nel venir fuori, ognuno con le sue buone intenzioni, ma che ahimè annegano nel limbo dell' inconludenza. Da buoni praticanti sappiamo bene che agire è di fondamentale importanza e per far ciò si devono lasciare le chiacchiere a zero. Dunque sarò concreta e scelgo l'argomento della lontananza.
Per chi non mi conoscesse riepilogo velocemente la mia storia. La prima volta che misi piede nel Dojo non avevo ancora compiuto 11 anni (adesso ne ho quasi 38, a voi i calcoli matematici) e da allora non ne sono più uscita. Il Maestro ai miei occhi di bambina sembrava un "signore" alto con il ciuffo, quando in realtà era un ragazzo, poco più che ventenne, ma sempre con il ciuffo- infatti la moda anni '80 non aveva risparmiato nemmeno lui.
Detto questo è chiaro che il karate è sempre stato presente nella mia vita, fino a divenire pratica seria, e con lui tutti i compagni con cui ho condiviso questa passione.
Sono stata decisamente fortunata, perché a differenza di altri, non ho faticato nel cercare un "vero Maestro", mi ci sono imbattuta da subito, ma ciò non vuol dire che lo abbia apprezzato meno.
Da tre anni vivo a Monaco di Baviera in Germania: è stato il cuore a portarmi qui e si sa che ogni scelta spesso comporta una rinuncia ed io ho dovuto rinunciare al Dojo.
Nella sfortuna la fortuna di trovare una scuola I.O.G.K.F pure qui, che mi consente di proseguire con gli allenamenti. Il passaggio tuttavia non è stato e non è tuttora privo di problemi: 'paese che vai, usanza che trovi' dice un popolare proverbio e queste nuove usanze non sono sempre facili da digerire. Altro insegnante ed altri compagni; diversa metodica ed approccio all'allenamento e diversa atmosfera e complicità con gli altri karateka. L'affinità di spiriti e la dedizione alla pratica, che impregna il gruppo italiano, non è certo facile da eguagliare.
La Tora Kan, con tutta la I.O.G.K.F. Italia mi manca molto, ma per carattere non mi piace vivere di nostalgie, non serve ed è poco produttivo. Preferisco godermi i miei amici ogni volta che scendo a Roma o quando ci si incontra nei Gasshuku. E devo dire che ogni volta è come se non fossi mai partita e continuassi a far parte di questo meraviglioso gruppo.
Il trasferimento a Monaco tuttavia ha oggettivamente i suoi vantaggi, trovandosi al centro dell'Europa permette di spostarsi con facilità per raggiungere gli innumerevoli Gasshuku offerti sia in Germania che altrove. Proprio adesso sono in viaggio per Amburgo con la mia piccola Sabine e Mario, dove ci aspetta il Maestro Yamashiro. Sarà il mio primo allenamento dopo sei mesi di stop dovuti alla gravidanza... sono un po' emozionata e preoccupata per la mia pessima condizione fisica, ma l'importante è esserci e vivere l'atmosfera, quindi ancora una volta: mo ichi do.
Miriam
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