Quella che segue è un'intervista che Tetsuji Nakamura Sensei, in questi giorni a Roma per condurre un Gasshuku organizzato dalla IOGKF Italia, rilasciò circa 8 anni fa in occasione della sua seconda visita in Italia.
Si organizzò un'incontro al Tora Kan Dōjō, uno dei tradizionali incontri di studio e dibattito che periodicamente sono organizzati nel leggendario Dōjō di Roma, durante il quale Nakamura Sensei rispose alle domande degli intervenuti affrontando interessanti argomenti legati alla pratica e alla tradizione del Karate-Dō.
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Spongia
Sensei: Penso che questo genere di iniziative siano
per noi insegnanti un buon esercizio, un
impegno
che ci richiede capacità e competenze non abituali
e che ci offre un’opportunità di confronto e crescita.
Lo
stesso fondatore Chojun Miyagi Sensei aveva l’abitudine
di invitare nel suo Dojo esperti in varie
discipline
(artisti, poeti,shodoka, altri maestri), proprio
per condividere la loro esperienza e presenza con
i suoi allievi. Penso che questo sia un mezzo
fondamentale per tener viva la tradizione che ci è
tramandata. Sarebbe
bello che tu ci raccontassi la tua esperienza, sei
stato prima allievo poi insegnante in Giappone, ad
Okinawa e quindi in Occidente. Sarebbe interessante
sapere quali sono le tue impressioni sulle
differenze tra il Giapponese e l’Occidentale riguardo
al metodo di insegnamento, alla didattica, al
modo con cui apprendono gli allievi…
Nakamura Sensei:
Una differenza c’è. In Giappone, secondo il loro
sostrato culturale, gli studenti capiscono subito la relazione
che li lega ai propri insegnanti. Quando diventi
allievo, diventi come un parente del tuo insegnante e
la società ti rispetta per questa implicazione. In Occidente l’insegnante
è per te tale solo mentre studi, quando ti
fornisce conoscenza… la relazione esiste solo durante
gli studi, in un rapporto esclus ivamente utilitaristico. In
Giappone quando una persona diventa tuo
insegnante, rimane tuo insegnante a vita, anche se
interrompi lo studio o se accade qualcosa… per esempio
nel karate, talora può accadere di diventare migliori
del proprio maestro, ma per te il Sensei sarà
sempre il Sensei. Quindi quando praticavo arti
marziali non pensavo a domande da porre al mio maestro.
Credevo in lui e facevo sempre ciò che mi diceva di
fare. Non ho mai chiesto a Higaonna Sensei o
ad Aragaki Sensei: “Perché devo fare questo?” o “Perché
sto facendo questo?”
Roberto
Ugolini:
Questo genere di relazione è ancora presente
in ogni ambito della vita giapponese
(ad
esempio nel mondo del lavoro, nella vita sociale)?
Nakamura Sensei:
Sì,
possiamo dire che è ancora presente ma che, oggigiorno,
si sta lentamente sfaldando… Il problema non è solo
l'allievo, è piuttosto l’insegnante. Per
mantenere questo tipo di relazione deve essere davvero
bravo. Deve riuscire a focalizzare la sua attenzione sui
progressi del proprio allievo.
E’ determinante. Ma è
davvero difficile trovare questo tipo di
insegnanti.
I piu` pensano prima
di tutto al proprio vantaggio. Io stesso mi domando spesso:
“Per cosa sto facendo
tutto questo e per
chi? Per i miei allievi o per la mia soddisfazione, per un
mero profitto?” Talora mi sento debole… Penso di non
agire nei loro interessi ma nei miei. E ciò non è
per niente giusto.
Uno
degli allievi presenti:
Come
si può trov are un vero maestro?
Nakamura Sensei :
E’ molto
difficile. Vi dico solo che siete fortunati ad avere Sensei
Paolo quale maestro… Incontrare
un Maestro è molto
importante ma è qua lcosa che è del tutto
incontrollabile. Se però siete fortunati
e trovate qualcuno
con cui potete praticare, non fatevelo
scappare, non lasciatelo!
La prima volta che incontrai Aragaki
Sensei percepii subito di essere innanzi ad un “Vero
Maestro”. Lo stesso dicasi per Higaonna Sensei.
Nakamura Sensei e Spongia Sensei durante l'incontro tenutosi nella vecchia sede del Tora Kan Dojo |
Spongia
Sensei:
Mi piacerebbe che ci raccontassi l’incontro
con Aragaki Sensei.
Nakamura Sensei:
Iniziai a
praticare karate quando avevo 15 anni, durante le
scuole superiori. Un amico di mio padre aveva un dojo,
insegnava Goju-kai. Poi all’università
diventai membro del club universitario di karate. L’allenatore
del club era stato allievo di Aragaki Sensei.
Durante l’ultimo anno di università andai in vacanza ad
Okinawa con la mia classe. Non conoscevo davvero
nulla riguardo Aragaki Sensei, eccetto il nome e il
fatto che era stato allievo diretto del fondatore. Avevo
chiesto il suo numero telefonico
al mio allenatore e
quando andai in vacanza lo chiamai. Aragaki Sensei
mi disse di andarlo a trovare
a casa sua. Non avevo
alcuna intenzione di praticare con lui ma solo di
andare a manifestargli il mio profondo rispetto. Partii.
Aragaki Sensei iniziò con il raccontarmi come si
praticava il karate sotto Chojun Miyagi Sensei.
Realizzai che ciò che mi stava raccontando era totalmente
differente da ciò che stavo facendo. Pensai che
il mio allenatore non avesse sufficientemente approfondito la sua
pratica. Quello che facevo all’università
non era altro che riprodurre kata formali e combattere,
combattere, combattere. Ci piaceva combattere.
Combattevamo come teppisti: pugni in faccia,
prese ai capelli, calci ovunque, proiezioni. Fino ad
allora pensavo di essere, anzi, mi sentivo bravo… avevo
anche vinto un paio di competizioni.
Quel giorno invece
percepii qualcosa di differente. Avevo
però una slogatura alla spalla e non potevo allenarmi.
Dopo le vacanze tornai all’università. Ma
dopo l’incontro con Aragaki Sensei qualcosa mi ronzava
in testa. Volevo capire cosa fosse. Decisi di
partire da solo per Okinawa. Chiamai Aragaki Sensei per
dirgli soltanto: “sto arrivando”. Andai da lui. Aragaki
Sensei mi condusse al dojo e mi chiese di
mostrargli i miei kata… Gli feci vedere tutti
kata che conoscevo. Mi disse: “Ma che stai facendo?”
Ero un po’ confuso. “Non
sono kata”, disse. “Non è la giusta maniera di
eseguirli”. Poi mi disse: “Ok,
colpiscimi…
attaccami!” Portai il pugno lentamente… era un uomo di più di
sessant’anni… Lo colpii
molto lentamente, era
così anziano… mi disse “Colpisci velocemente”.
Portai allora il colpo in tutta
velocita`, un istante
dopo ero sul pavimento. Provai un paio di volte, con
pugni e calci. Ogni qualvolta
provavo dopo un
attimo ero al tappeto. Mi colpiva in un paio di punti “pun,
pun, pun”. Tutte le tecniche
erano indirizzate su
punti vitali, ma con assoluto controllo. Provai
paura. Sentivo che mi avrebbe potuto
uccidere, se solo
avesse voluto. Mi resi conto di essere uno stupido e
capii che quello era il vero karate.
Tornai ancora una
volta a casa, per terminare gli studi
all'Università... studiavo Legge... terminati
gli studi, non cercai
lavoro e andai di nuovo ad allenarmi ad Okinawa. Spedii
una bella lettera ai miei
genitori: "Sto
andando a praticare karate ad Okinawa" scrissi loro. Mia
madre ci mancò poco che impazzisse! Mi diede del folle.
Comunque, chiamai Aragaki Sensei
e gli dissi, per la seconda volta!, semplicemente: "sto
arrivando". Non aspettai neanche il suo consenso. Non ero
perciò sicuro che volesse diventare mio maestro. Non lo
sapevo. Stavolta Aragaki Sensei
mi condusse al dojo di Higaonna Sensei. Ma Higaonna Sensei
non c'era poiché era, in quel periodo, negli Stati Uniti.
Aragaki Sensei mi mostrò prima di tutto gli
esercizi preparatori e quelli supplementari (junbi undo e hojo
undo). Mi disse che non avrebbe potuto
seguirmi nella pratica. Aggiunse solamente: "Fai questo
tutti i giorni". Ero comunque felice e feci tutto
quello che mi aveva detto, ogni giorno. Passarono un
mese, due mesi, tre mesi... Non venne mai... facevo
tutto da solo... il dojo di Higaonna Sensei
era molto piccolo, venivano giusto tre o quattro allievi, tre
volte alla settimana. Gli altri giorni mi allenavo da solo.
Di solito durante il finesettimana andavo a far visita
ad Aragaki Sensei, giusto per parlare un po'
con lui. Ma non venne mai al dojo
per insegnarmi. Un bel giorno, dopo sei mesi, si presentò al dojo.
Mi chiese di mostrargli ciò che mi aveva detto di
praticare. Gli mostrai tutti gli esercizi che avevo praticato.
"Ti sei allenato bene", mi disse. Da quel momento prese
ad allenarmi regolarmente. Per prima cosa mi
insegnò il kata Sesan, che rimase tra l'altro il mio kata
preferito per molti anni. Poi Aragaki Sensei
mi presentò Higaonna Sensei. Dopo qualche tempo,
Higaonna Sensei mi chiese di andare con lui negli Stati
Uniti per aiutarlo, per diventare suo assistente nel dojo.
Higaonna Sensei chiamò Aragaki Sensei,
per chiedergli il permesso. Poi chiamò me e mi chiese di
andare con lui... era facile pensare che fosse un pò
pazzo: non faceva altro che praticare karate.
Non sapevo proprio cosa fare. Andai da Aragaki Sensei
e gli dissi che Higaonna Sensei mi voleva con lui. Chiesi la
sua opinione. Egli rispose soltanto con un
"Vai!". E' per questo che mi sono trasferito negli Stati Uniti,
con Higaonna Sensei. Da quel giorno, avevo 26
anni, sino ad oggi, Aragaki Sensei
ed Higaonna Sensei sono i miei Maestri.
Lei
ha praticato arti marziali in Giappone, ad Ok inawa, negli
Stati Uniti, in Canada, ha perciò vissuto diverse
esperienze… a suo giudizio qual è il futuro del
karate tradizionale?
Nakamura Sensei:
Il futuro
del karate tradizionale è sulle nostre spalle, sulle
mie, sulle vostre. Nel modo in cui pratichiamo… la
cultura che ne è alla base ancor oggi è pregna di un’essenza.
Sfortunatamente molti altri
stili e scuole… non
tutti ma gran parte di essi… hanno già perso
questa essenza. E quando si perde, non torna più. Tutta la conoscenza,
questa essenza di cui parlo, deriva da migliaia di anni
di allenamento, esperienza, ricerca dei maestri
che si sono succeduti. Da qui sgorga tale essenza.
Ma queste scuole modern, quando va bene, seguono solo
una vuota forma senza possedere l’essenza. Se riusciremo a
rimanere sufficientemente immersi in questa cultura e a
passarla alla generazione successiva, il karate sopravviverà.
Non dovrete però insegnare soltanto le tecniche…
dovrete trovare anche il modo giusto di
passare il valore di questa cultura alla generazione
successiva. Direi che è necessario che ai vostri allievi
insegniate a passare a loro volta questa cultura ai
posteri… Aragaki Sensei mi
disse una volta: “quando pratichi il vero karate,
nel suo insegnamento tradizionale, potrai migliorare
tutta la vita”. Penso che avesse davvero ragione. Un
vecchio allievo di Higaonna Sensei,
dopo più di trent’anni che non lo vedeva, dopo aver rivisto i suoi kata
ed i suoi movimenti mi confidò: “i kata di
Higaonna Sensei sono più belli,
più potenti, più
fluidi di trent’anni fa”. E quando hai trent’anni di solito
sei nel fiore dell’età… Higaonna
Sensei
si allena duramente anche oggi.
Spongia
Sensei:
Sarebbe bello se raccontassi l’episodio,
di cui mi hai parlato, dell’incontro con Sakiyama
Roshi dopo l’operazione che hai subito al ginocchio.
Nakamura Sensei:
Sakiyama
Roshi è un Maestro Zen, per il quale Higaonna Sensei
prova profondo rispetto. Due anni fa ho subito un’operazione
al ginocchio. In quel periodo, il ginocchio
ancora non era a posto. Dopo l’operazione non
riuscivo a praticare con la giusta forza. Provavo
a lavorare duramente ma il giorno dopo mi faceva
molto male. Ero frustrato, quasi depresso. Andai
ad Okinawa per allenarmi con Higaonna Sensei.
Higaonna Sensei mi chiese di seguirlo al tempio Zen di
Kozenji. Non mi interessava
affatto lo Zen. Lo pensavo noioso. Ma, comunque, se lo
aveva detto il mio Sensei non avevo scelta.
Dissi soltanto “Hai!” Di buon mattino, perciò, ancora
addormentato, andai lì. Il primo giorno mi fecero
stare in seiza per trenta minuti…... sentivo così tanto
dolore... non riuscivo a rialzarmi... una volta in piedi,
l'esercizio successivo fu quello di mettersi così (Sensei
mostra la posizione Zazen del loto). Non riuscivo a
stare nella posizione del loto, perciò ripiegai sul
mezzo- loto. Sempre trenta minuti. Tutto ciò che mi
passava per la mente era dolore, dolore, dolore... alla
schiena, alle gambe... Non vedevo alcun beneficio...
Dopo lo Zazen Sakiyama Roshi tenne una lezione.
Dovevo solo rimanere così (posizione del mezzo- loto) ed ascoltare...
Sakiyama Roshi iniziò ad
elencare i tre fondamenti di un buon karateka
e di un buon monaco. “Primo: devi trovare la volontà. Devi
pensare: voglio diventare un uomo migliore, il miglior karateka
o il miglior monaco. Più in alto vai col
pensiero, meglio è." Questo è il primo fondamento. Mi
dissi: "Ok, la volontà non mi manca".
"Secondo", disse: "Trova un buon Sensei, un vero
Maestro". Mi disse: "Talvolta in Cina si impiegavano tre anni per trovare
un vero Maestro". Trovarne uno è
davvero importante. Pensai: "Ok, ho i migliori Maestri al
mondo: Aragaki Sensei ed Higaonna Sensei."
I primi due fondamenti sono andati. "Il terzo è:
devi solo credere in te stesso. Puoi farlo." A quel punto pensai
che questo era cio` che mi mancava. Avevo il ginocchio
infortunato, non riuscivo ad allenarmi,
pensavo: "Non posso farcela". Dopo aver ascoltato le sue
parole, la mia mente si acquieto`. Iniziai ad analizzare
il mio stato d’animo.
Pensai che forse
Sakiyama Roshi aveva colto la mia debolezza in quell’istante.
Percepii che le sue parole
erano dirette a me, a
nessun altro fuorché a me. Da quel momento anch’io
provai profondo rispetto per
lui. Tuttora non mi
piace sedere così (posizione Zazen), ma ogni volta che
vado ad Okinawa vado a
praticare Zazen,
solo per il gusto di incontrare Sakiyama Roshi e ricevere il
suo Insegnamento.
Spongia
Sensei: Hai qualche aneddoto da raccontaci riguardo
Higaonna Sensei?
Nakamura Sensei:
Higaonna Sensei…
penso di essere fortunato a praticare con
Higaonna Sensei. Molto fortunato.
Non solo di allenarmi
sotto la sua guida, ma di assistere con i miei
occhi alla sua pratica. Non l'ho
visto allenare molto
applicazioni o altre cose… L'ho visto praticare
continuamente fondamentali, per tanto tanto tempo.
Semplice. Ad esempio quando inizia a colpire il makiwara…
passa un’ora, ne passano
due, sta sempre lì a
colpirlo. Totalmente concentrato. Così concentrato che
ogni singolo pugno è forte
ed il suo cuore è in
ogni gesto, anche per lungo tempo. Ecco perché per me
vedere Higaonna Sensei allenarsi è così proficuo. Anch’io
quando mi alleno cerco di non fare
troppi esercizi diversi, ma di eseguirne magari solo uno ma
molte molte volte.
Nakamura
Sensei:
Ora vi faccio io una
domanda: Cosa pensate di Sensei Paolo?
Col.
Beppe Manzari:
Anch'io come Lei mi
considero fortunato ad aver incontrato un Maestro.
Ho iniziato a
praticare gia` in eta` avanzata, a 39 anni (ora ne ha 54). Se
non avessi incontrato Sensei Paolo forse avrei gia`
abbandonato la pratica... Penso che se Sensei Paolo o
Sensei Higaonna proponessero di introdurre la
danza moderna nella nostra pratica non avrei dubbi a
ballare.
(risate dei
presenti).
Spongia
Sensei:
Vorrei ringraziare Nakamura Sensei per
averci regalato l’opportunità di condividere con
lui questa esperienza, diversa dal solito. Ricordo di
aver messo in imbarazzo anche Higaonna Sensei quando
nel 2001 al Gasshuku Europeo di Roma, gli chiesi
di parlare in un simposio, cosa che nonostante
l'imbarazzo
affronto` brillantemente.Bisogna
scomodare i Maestri, offrirgli occasioni per
insegnare!
La splendida serata
si e` conclusa con una fantastica cena nel dojo
preparata dagli allievi.
© Tora Kan Dōjō
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