venerdì 6 maggio 2011

'Qui giace colui il cui nome è scritto nell'acqua'



Emilio risponde alle riflessioni di Sensei Taigō pubblicate nel post:
Lo pubblichiamo come post e non come commento per dare il giusto rilievo alle sue interessanti riflessioni.
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Grazie alle moderne tecnologie ho letto la tua risposta in pausa pranzo, seduto su una panchina del cimitero acattolico della Piramide. Ognuno ha le pause pranzo che si merita…
Le tue parole si accordano perfettamente con le considerazioni che quel posto aveva fatto nascere dentro di me. Sai quando cominci a ragionare sull’essenziale e sull’inessenziale, spinto da piccoli frammenti contrapposti come l’arrampicata di una lumaca su una lapide liscia, i micioni sonnolenti, le rose tra le tombe, epitaffi umili e altri bellissimi (qui giace colui il cui nome è scritto nell’acqua..) ma non solo e non per primo il poeta, uno sconosciuto padre amato, o una moglie amatissima, Gramsci, solo nome e cognome, il bussolotto per le offerte per la colonia felina.
Poi confronti queste iscrizioni con altre che sembrano dei curriculum: medico, ambasciatore dal.. al.., professore, ecc. ma anche: marito fedele, come se invece un marito, o una moglie, infedeli non meritassero pietas… Un quasi re ha ammazzato un giovane e va fiero di aver ingannato i giudici, la tomba del ragazzo è qui a testimoniare, se ce ne fosse ancora bisogno, che la nobiltà non è un fatto di sangue.
Cosa conta nelle nostre vite, cosa è degno di essere ricordato? A me hanno fatto risuonare qualcosa quelle iscrizioni che davano il senso di una vita vissuta, di una persona amata, nell’unicità della loro esperienza: il bambino di 10 anni, la mamma i cui figli ricorderanno con amore per sempre. Non sappiamo nulla di quelle vite ma possiamo supporre che si siano tramutate in qualcosa di totalmente nuovo grazie a quanto hanno lasciato ai loro cari. Sulla tomba di Shelley le parole di Shakespeare, da La Tempesta: …Tutto ciò che di lui deve perire -Subisce una metamorfosi marina - In qualche cosa di ricco e di strano.
Ma la pietas che invocavo per le esistenze non perfette come quella del marito che proprio non ce l’aveva fatta ad essere fedele, del padre che non si è meritato l’amore sconfinato dei figli e neanche una lacrima del loro immenso dolore, deve per forza ricomprendere anche quelle vite espressione dell’imperfezione umana che tanto giudico perché esempi di vita inautentica o inessenziale. C’è una tomba enorme, pulita, fintamente umile, con il nome in caratteri romani, italica fiera, e vuota BULGARI come se il nome potesse tutto, immortalato per l’eternità…
Emerge la compassione, di cui divento oggetto io stesso, e tace il giudice. Con tutta la mia pretesa superiorità nei confronti dell’inautentico non riesco più a giudicare, un po’ rido dei limiti, riconoscendoli anche miei, e un po’ mi risveglio alla vita attratto dai gatti tra i rovi.
Ero immerso in questi pensieri mentre leggo le tue parole che mi sembra gettino un raggio di luce su sensazioni frammentate e disperse, come una soluzione, l’uscita da un labirinto:
“Coltiviamo l’entusiasmo, spendiamoci gratuitamente. Alla fine dei nostri giorni il cuore sarà scaldato solo dal ricordo delle azioni nate dal nostro impegno ingenuo e gratuito”.

Emilio

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