mercoledì 17 novembre 2010

La Saggezza come ospite

Shugyo : La Pratica
Il testo che segue è un estratto da un Insegnamento offerto da Sensei Taigō durante la Pratica Zen al Tora Kan Dōjō:

"Non si può cercare la saggezza, darle la caccia come fosse un oggetto. Si può soltanto prepararle una dimora." *1

Questo è quel che facciamo praticando, facciamo del nostro corpo e della nostra mente dimora per la saggezza che arriverà inattesa sorprendendoci nella laboriosa opera di costruzione della sua dimora.

Mi sembra che anche Gesù abbia esortato a questa laboriosa vigilanza:

"Restate in tenuta di lavoro e con le vostre lucerne accese come uomini che attendono il loro signore al suo ritorno dalle nozze, per essere pronti ad aprirgli appena arriva e bussa alla porta. Beati quei servi che il Signore al suo arrivo troverà vigilanti. Vi assicuro che egli si metterà in tenuta di lavoro e passerà a servirli. E se arriva a notte fonda o prima dell'alba e li troverà così, beati loro! Voi lo sapete: se il padrone di casa conoscesse a che ora il ladro viene, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi dunque state preparati, perché non sapete a quale ora il Figlio dell'uomo verrà."
Vangelo di Luca, Capitolo 12,35-48

"Chuan-Tzu dice che si trova la perla magica solamente quando non la si cerca intenzionalmente.
Se si cercasse la bellezza le si recherebbe danno e se ne offuscherebbe lo splendore, come quando si toccano le ali di una farfalla.
Ci si deve lasciar sorprendere dalla bellezza, addirittura farsi trasformare...." 
"Il regno della grazia si trova al di fuori di ogni volere. La saggezza è pura grazia" *1


Ancora una volta gratuità dell'azione.
Si fa quel che si è chiamati a fare ma per poter ascoltare questa chiamata si deve fare silenzio, essere silenzio, e vigorosamente pronti a rispondere.

Venerdì scorso in occasione della nostra pratica Zen avevo suggerito, agli amici con cui ho condiviso lo Zazen, di far operare nelle nostre azioni quotidiane tre qualità:
Vigore, Dignità e Quiete.
Questa mattina M. mi ha scritto condividendo delle riflessioni sulla mia esortazione:
..sto mettendo in pratica il koan del vigore, dignità ed equilibrio...nel frattempo che cerco di gestire tutte queste cose... ma ci vuole molta pazienza...
Ho risposto a M.:
In realtà io ho parlato di vigore, dignità e quiete che può ben essere interpretata come 'equilibrio' ma attenzione che l'equilibrio che cerchi non sia una ricerca di 'controllo' come spesso è erroneamente interpretato.
L'equilibrio che intendo io è fatto di nervi e muscoli che si adattano spontaneamente e istantaneamente alla situazione e non di un pensiero che cerca di 'mettere in equilibrio' attraverso il calcolo e la razionalità ...
In tal caso il pensiero sarà sempre in ritardo e la caduta inevitabile.

"Dal cuore viene riconosciuta la verità (saggezza); 
perchè davvero la verità (saggezza) ha nel cuore la sua dimora (fondamento)"  *1






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1: Raimon Panikkar: La Dimora della Saggezza
    © Tora Kan Dōjō



    2 commenti:

    1. Continuando a riflettere sul koan, quello che mi sembra, è che per portare vigore, quiete e dignità in un'azione, devo richiamare la sensazione del sedere in zazen.
      Portare "pienezza" in ogni azione.

      Ieri, forse sulla scia di ciò che diceva Chuan-Tzu "Se si cercasse la bellezza le si recherebbe danno e se ne offuscherebbe lo splendore, come quando si toccano le ali di una farfalla." facevo questa riflessione:

      zazen, ricerca di qualcosa.
      No, meglio non cercare nulla.
      Il rischio è di creare condizionamenti mentali, schemi, di ciò che ci si aspetta.

      Spesso sedendo in zazen rimango "appicciacato" all'idea del non-pensare, per provare nuovamente sensazioni vissute in una precedente sessione. Ma mi accorgo, poi, che così facendo allontano tutto.
      A differenza se siedo, senza pretese, senza cercare, e senza tentare di dimostrare, ritrovo la pienezza del gesto.

      Ecco, mi sembrano banali queste stesse parole. scontate. "non cercare", è ovvio che se sono attaccato ad una qualsiasi idea, o pensiero, sia anche quello di non pensare, non vado oltre quel muro.
      Ma credo, anche, che queste parole sono scontate per la mente, ma la novità, sta che ora è il corpo a scoprirle.

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    2. Ciao Stefano,
      ti ringrazio delle tue riflessioni, mi fa piacere vedere che le mie parole 'lavorano' in voi e innescano una ricerca che solo ognuno di voi, con i propri mezzi e la propria comprensione, può perseguire.
      E' senz'altro vero quel che dici.
      Kodo Sawaki Roshi (grande Maestro del 20° sec. e mio 'bisnonno' Dharmico) era solito rispondere a chi gli chiedeva la finalità dello Zazen:
      'Zazen non serve a nulla e se non capite che non serve a nulla, allora non servirà davvero a nulla...'
      Si potrebbe liquidare questa affermazione nella sua semplicità ma altrettanto si potrebbe fare un'approfondita analisi di cosa si possa intendere con 'servire' e con 'nulla'.
      Si torna costantemente a quella gratuità dell'azione che sola libera l'uomo dalle sue nevrosi e dalla sua avidità, ridonandogli quella condizione di salute e pienezza che lo stesso Sawaki Roshi definiva: 'La condizione naturale, originale del corpo e della mente'.

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