mercoledì 11 settembre 2019

Hyaku Hachi No Bonno


L'influenza delle 108 Bonno e altri concetti Buddhisti
nella Pratica e Pensiero del Karate-Dō
di Charles C. Goodin
Traduzione di Paolo Taigō Spongia





La memoria di momenti come questi può durare la vita intera.

Era appena terminata la Seconda Guerra Mondiale - le truppe americane occuparono l'isola di Okinawa- e il bambino di sei anni fu spedito a vivere nel villaggio di Ima, il paese natale della madre. In questa particolare mattina la sua zia materna lo condusse nel vicino tempio Buddhista immerso tra i pini sul pendio di una scoscesa collina. Dallo stretto sentiero, in basso, gli scalini di pietra ricoperti di muschio conducevano in linea retta fino al tempio, al ragazzo sembrava che la scala arrivasse a toccare il cielo.

Salì i gradini, ad uno ad uno, fino a raggiungere il semplice tempio di legno. Si volse e guardò giù verso i 108 gradini e verso il sentiero, che sembrava ora su di un altro pianeta.

Cinquant'anni dopo, il ragazzo, ora monaco Zen al Tempio Daihonzan Chozenji e Kyoshi, settimo dan di Matsubayashi rvu Karate-Do, mi chiamò al mio ufficio in Aiea, Hawaii, e mi chiese, "Charles, sai perché il Kata Gojushiho è denominato così?" Pensai tra me che doveva essere perché il Kata ha 54 (gojushi, nella numerazione giapponese) movimenti o passi (ho: passi in giapponese). Prima che potessi rispondere, Zenko Heshiki sensei aggiunse, "...e non è perché ha 54 movimenti, perché non è così, in qualunque modo tu possa contarli."

Svelando così la mia ignoranza, Heshiki sensei quindi cominciò a spiegarmi l'influenza del concetto delle 108 Bonno(1) (Hyaku Hachi No Bonno) del Buddhismo nel Karate.
Secondo quel che Heshiki mi spiegò, è una tendenza asiatica quella di rappresentare concetti profondi, come quello delle 108 Bonno, in cose ordinarie. Profondi, interiori significati vengono catturati nelle forme mondane esteriori.

Al distratto turista, gli scalini che conducono in alto ad un tempio Buddhista hanno solo una mera utilità, sono semplicemente lì. Ma dopo diverse visite, una persona un pò più curiosa e attenta potrebbe chiedersi:
"Perché i gradini che portano al tempio sono 108 ? Perché non ubicare il tempio più in basso sulla collina, vicino alla strada? Perché non avere alcun gradino?"

La risposta non è incisa sui gradini, al tempio, o su nessuna guida.
Invece, gli stessi gradini rappresentano l'evidente messaggio al mondo. L'architetto ha inciso il suo simbolismo e significato nel paesaggio. La presenza dei 108 gradini che portano ai templi Buddhisti è un fatto usuale.
Talvolta, a seconda del terreno, sono disposti in un' unica soluzione, altre volte, possono essere costituiti di due parti composte da 54 gradini o tre parti da 36. Anni dopo, quando Heshiki Sensei divenuto adulto tornò allo stesso tempio di aha con sua zia, sapeva anche senza contarli che i gradini erano 108. Attraverso la sua pratica dello Zen e del Karate era arrivato a comprendere il significato dietro al simbolismo.


Heshiki Sensei spiegò che tutte le maggiori scuole di buddhismo avevano riconosciuto l'esistenza di 108 Bonno, così chiamate perché causano al corpo e alla mente afflizione e sofferenza.
Dal punto di vista occidentale, esse possono essere definite come inclinazioni umane che portano verso l'errore e il male. Il termine Bonno può essere spiegato ulteriormente come quel che disturba la mente ed il corpo ed impedisce la tranquillità (n.d.t. o la retta visione).


Le Bonno sono classificate nei tre reami m cui si manifestano: il desiderio, la forma e il senza forma.

Trentasei (n.d.t. Kata Sanseru) tipi di Bonno si trovano nel regno del desiderio. 
Di queste, 32 Bonno possono essere eliminate attraverso la comprensione delle Quattro Nobili Verità del Buddhismo, vale a dire:

1. La Verità della Sofferenza: ogni esistenza comporta sofferenza.
2. La verità della Causa della Sofferenza:
 la sofferenza è causata dall'ignoranza, dalla quale hanno origine il desiderio e l'illusione.
3. La Verità dell'Estinzione della Sofferenza:
 Ci può essere fine alla sofferenza

(questo stato di non sofferenza è chiamato Nirvana).
4. La Verità del Sentiero che conduce alla Liberazione dalla Sofferenza: Il Nirvana si raggiunge attraverso la pratica del nobile ottuplice sentiero.


Le Quattro Nobili Verità sono alla base della dottrina Buddhista, e furono i quattro concetti fondamentali che Shakyamuni Buddha, il Buddha storico, scoprì attraverso la propria illuminazione. Attraverso di esse viene descritta, in termini estremamente logici, una situazione, la causa che ha determinato la situazione, la convinzione che comunque questa situazione può essere alleviata, e che esiste una Via, ovvero una soluzione alla situazione stessa.

La soluzione, il Nobile Ottuplice Sentiero, è un indicazione per un corretto comportamento:
retta visione; retto pensiero; retta parola; retta azione; retti mezzi di sostentamento; retto sforzo; retta concentrazione; e retta meditazione.

Le quattro rimanenti Bonno nel reame del desiderio sono sradicate attraverso la meditazione.
Trentuno Bonno sono contenute in ognuno dei due reami della forma e del senza-forma. Sommando le 36 Bonno del reame del desiderio, le 31 Bonno del reame della forma, e le 31 Bonno del reame del senza-forma, si ottiene un totale di 98 Bonno. A questo totale, vengono aggiunte 10 sottocategorie - o Bonno secondarie - il risultato è di 108 Bonno.

A seguito dell' esaurirsi o dell'eliminazione delle 108 Bonno attraverso Shugyo (l'austera pratica del trascendere il corpo-mente), si entra nello stato di illuminazione. Il significato dei 108 gradini che portano ai templi Buddhisti appare ora più chiaro. Al salire di ogni gradino e simbolicamente all'eliminazione di una Bonno, il ricercatore della propria autentica natura ( n.d.t.: nello Zen si parla del proprio vero volto) diviene sempre meno confuso e afflitto. Al momento di raggiungere il tempio, il ricercatore è simbolicamente pronto per l'illuminazione, lo stato della non sofferenza. In tal caso, il simbolo numerico 108 è combinato con l'azione dell'ascesa, che in se stessa e una potente simbologia dello sforzo di raggiungere.

Il numero 108 si ritrova anche in altri simboli e rituali del Buddhismo. I monaci Zen (n.d.t.: di certe tradizioni) indossano un Juzu (un bracciale di "perle di preghiera") attorno ai polsi, che è composto di 108 perle che sono usate a mò di rosario Cristiano. Ancora, la grande campana dei tempi Buddhisti (O-Bonsho) è suonata 108 volte(2) alla vigilia del capodanno per simbolizzare l'eliminazione delle Bonno.

Il Simbolismo delle 108 Bonno nel Karate-Dō


Non può essere negato che i fondatori di vari stili di Karate-do ricevettero una forte influenza dal Buddhismo. L'espressione "Ken Zen Ichinyo" ovvero "il Pugno (Karate) e lo Zen come unità" descrive il modo in cui viene ancora insegnato il Karate in alcuni Dojo tradizionali. Idealmente, non ci dovrebbe essere separazione tra i due. Così come il simbolismo delle 108 Bonno è stato 'catturato' nei gradini di pietra, negli Juzu, e campane dei templi, così è stato introdotto e preservato nei nomi e nei movimenti di alcuni Kata di Karate.

Quando Heshiki sensei mi chiamò per parlarmi del Kata di Shorin Ryu Gojushiho, egli naturalmente sapeva che 54 corrisponde alla metà dei 108 gradini, o Bonno. E' anche degno di nota il fatto che ci sono 18 Kata nel Matsubayashi Ryu (n.d.t. e la traduzione del Kata Sepai è appunto 18). Quando un Buddhista vede numeri che sono sottomultipli di 108 (così come 54, 36 e 18), egli sì ricorda delle Bonno. Pensate ancora alle file di scalini che portano al tempio Buddhista. Il percorso può snodarsi così, 36 gradini, poi si gira a sinistra e ancora 36 gradini, e di nuovo gli ultimi 36 gradini. Ogni porzione è immediatamente riconoscibile come parte dell'intero numero dì 108. Questo simbolismo numerico è fortemente presente nello stile Goju-Ryu. Il più elevato Kata del Goju-Ryu, Suparinpei, significa letteralmente 108. Suparinpei è la pronuncia cinese (in qualche modo giapponesizzata) del numero 108, mentre gojushi di gojushiho è la pronuncia giapponese del numero 54. Altri kata del Goju-Ryu, Sanseru, che significa 36, e Sepai, che significa 18, sono sottomultipli del numero 108.

Ricordando che il Buddhismo originario dell'India è giunto in Giappone attraverso la Cina, non sorprende di trovare simbolismi cinesi delle 108 Bonno. Il leggendario Tempio Shaolin, dal quale sono nati molti stili di boxe cinese, era un tempio Buddhista ed è dal nome cinese Shaolin che Shorin di Shorin Ryu deriva. Nel Tai Chi Chuan e in altre forme di Gung Fu, per esempio, ci sono forme che si suppone consistano di 108 movimenti. Nelle arti terapeutiche cinesi, anche si fa menzione di 108 punti energetici principali.

Il Karate-Dō come Shugyo

"Ogni cosa è evidente in nero in bianco",dice Heshiki, 
"ma senza Shugyo, la comprensione intellettuale non è di nessuna utilità.

Una cosa è comprendere mentalmente il significato delle 108 Bonno. Completamente diverso è lavorare diligentemente per eliminarle. Mentre lo Zazen, o meditazione seduta, è la forma di Shugyo più largamente riconosciuta, lo stesso Karate può e deve essere praticato come una forma di Shugyo. Secondo Heshiki, i Kata - autentica essenza del Karate - rappresentano i gradini per eliminare le 108 Bonno, portando così allo stato di illuminazione. Attraverso l'intensa ed ininterrotta pratica dei Kata, il praticante letteralmente sale i gradini o colpisce la campana del tempio del proprio Sé. Con un bagliore negli occhi, Heshiki ama ripetere che l'allievo deve letteralmente "bruciare sé stesso nel Kata".
E spiega:
"Attraverso gli anni di pratica il corpo allenato eseguirà ogni movimento con ininterrotta fluidità. Finché non si riuscirà più distinguere la divisione tra l'unità mente-corpo. Per arrivare così lontano, ad una pratica spirituale, è richiesta una concentrazione di tutte le proprie forze fisiche e psichiche. Questo è l'atteggiamento generale del popolo Orientale nell'approccio con qualsiasi arte. Essi hanno sviluppato arti come il Karate-Do (la Via del Karate), Kendo (la Via della Spada), Judo (La Via della Cedevolezza), Kvudo (La Via dell'Arco), e anche la composizione floreale, e la cerimonia del Tè.
Lo scopo di ogni artista è quello di raggiungere tale stato della mente, al punto da non dipendere più dalle tecniche che ha imparato, ma trascendere nel regno della natura e vivere completamente in armonia con il tutto della natura e con la realtà del tutto.
"


Kata è Shugyo, colpire di pugno e parare è shugyo, Kumite è Shugyo... praticato correttamente ogni aspetto del Karate è Shugyo.

Altri simbolismi Buddhisti nel Karate

Heshiki mi ha portato a riflettere su altri simbolismi presenti nel Karate. Uno dei più ovvi è la parola stessa Karate. Il Kanji Kara può anche essere letto 'Ku', che: Derivante da Sunya, la piccola circonferenza chiamata zero nella moderna matematica. Sunya o Sunyata è il termine sanskrito per 'Vuoto', 'privo di sostanza' o assenza di dualità e concettualizzazione. Nulla esiste nel Ku ma tutto scaturisce da esso. E' qualcosa come uno specchio . Sebbene nulla esista nello specchio, è possibile riflettere in esso qualsiasi cosa. Heshiki traduce il termine Karate non semplicemente come "mano vuota" nel senso dell'essere "senz'armi" ma piuttosto come: "la mano che scaturisce dal Vuoto". Questa frase è splendidamente illustrata nel più avanzato Kata del Matsubayashi Ryu, Kusanku, denominato così in onore dì un artista marziale cinese del diciottesimo secolo che venne ad Okinawa. Kusanku è la pronuncia Okinawense del nome del Maestro cinese.

Nel libro: "L'Essenza del Karate-Do dì Okinawa", Nagamine Shoshin scrive che il Kata richiede:
"Un'ininterrotta pratica di più di una decade per essere padroneggiato".


Il praticante inizia il Kata con i piedi larghi come l'apertura delle spalle e le mani in posizione bassa con la sinistra sovrapposta alla destra. Da questa posizione, solleva entrambe le mani direttamente sulla testa e le riporta in basso sui due lati, disegnando nell'aria il perimetro di un cerchio gigante, che rappresenta il Vuoto.

Come il calligrafo o shodoka esprime il suo spirito per mezzo del pennello e dell'inchiostro nel dipingere l'enso (un cerchio calligrafico che esprime l'energia e lo spirito dell'artista), il karateka esprime il proprio spirito per mezzo dei movimenti dei Kata. E proprio come l'enso, l'inizio del Kata Kusanku è un grande circolo con un definito punto d'inizio e di fine. (n.d.t. anche nel Goju-Ryu il Kata termina sempre disegnando un cerchio con le mani e nei passaggi iniziali del Kata Seiyunchin ritroviamo ancora il cerchio).

E avrete notato che ci inchiniamo sempre nell'entrare e nell'uscire dal Dojo o incontrando il nostro Sensei, proprio come si usa nei Templi Buddhisti e nei Dojo Zen? Vi è stato mai detto che la giacca del gi va sempre chiusa sovrapponendo il lato sinistro sul destro come è uso nella cultura giapponese, eccetto che per i morti.... e i Buddha ? Avete mai sentito definire i Kata come "Zen in movimento"?


Con il tempo, il karateka impara ad eseguire i movimenti di base del Kata e comprende i Kata bunkai (applicazioni). Capacità di autodifesa vengono minuziosamente sviluppate e il corpo e la mente rinforzati. Ad un certo punto l'allievo dovrebbe chiedersi, in qualche modo, è tutto qui ? Il karate è solamente rivolto verso l'esterno e misurato in termini di azione nei confronti di altri ? sono i gradi, i titoli e le vittorie sportive una adeguata misura di sé ? Quanto poi la difesa personale è realmente necessaria?

In tal momento cruciale, con la forza e l'intensità che l'allievo ha coltivato attraverso gli anni di pratica, il simbolismo delle 108 Bonno e altri concetti Buddhisti possono venire alla mente. Il karateka può riconoscere i simboli visuali dei gradini che portano ai Templi Buddhisti, dei colpi alla campana e in particolare i nomi o numeri dei movimenti di vari Kata. Egli potrà cominciare a dirigere la sua attenzione all'interno e cominciare il processo essenziale del lavoro sulla propria interiorità seriamente, nello shugyo e realmente "bruciare sé stesso nel Kata".
Una tale esperienza e le sue conseguenze sono strettamente personali.

Il Karate o qualsiasi altro Budo da voi praticato è solo una specie di sport asiatico ? Forse, la prossima volta che sentirai il nome di un Kata come Suparinpei, Gojushìho, Sanseru, Sepai o Sesan, o i numeri 108, 54, 36, o 18, ti potrai fermare e considerare la possibilità che un insegnante, forse dimenticato nel lontano passato, abbia preservato i concetti Busddhisti in forme esteriori... nella speranza che qualcuno, un giorno, si fermi, noti e si domandi... e riconosca nei simboli tutto quello che vogliono esprimere.



Nyo, i feroci guardiani del tempio, esprimono lo spirito marziale con la loro postura e il loro sguardo







Note al Testo
(1) Bonno: termine di complessa traduzione che può essere reso con: in inglese Defilements, Contaminazioni, Illusioni, Passioni. Nello Zen non ha un'accezione prettamente negativa poichè: "Le Bonno sono alimento del Satori". La spiegazione è riassunta per le esigenze di questo articolo e la terminologia sanscrita è stata omessa.
(2) In antichità, le campane dei templi erano suonate 108 alla vigilia del capodanno e in altre speciali occasioni.

Nota dell'Autore
Sono infinitamente grato a Zenko Heshiki, che mi ha posto le domande e generosamente ha provveduto alla ricerca e al materiale informativo da cui è nato questo articolo.





Anno VI N° 19 Primavera 1999/2000

 


© Tora Kan Dōjō







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